Vania Effe, cordiale, affabile, pungente. Una Donna ardita con un carattere forte e socievole.
Predilige a modo suo la solitudine. Classe 1962 nata in Friuli, si definisce Friul-Veneta esattamente come il Carso Friulano ed il vetro Veneto.
L’arte della scrittura, è innegabile, ti appartiene. Quando la scopri?
«Solo qualche anno fa scopro la passione travolgente per la scrittura, anche se già in passato ne ero stata affascinata, ma che per forze di causa maggiore ho lasciato perdere (lavoro, famiglia).
La prima poesia la scrivo di getto in un ospedale, in mezzo a molte persone, nell’attesa spasmodica di una risposta negativa.
Mi sentivo sola ed avevo bisogno di esternare ciò che stavo provando. Da quel momento, in compagnia della mia penna sono stata un fiume in piena. È iniziata una fitta corrispondenza, una confessione scritta fra me e me. Ritengo che per essere in grado di capire gli altri, bisogna prima imparare a capire, conoscere ed accettare se stessi, con tutti i nostri limiti dettati dalle proprie esperienze di vita, di porte sbattute in faccia e porte aperte».
Ad oggi non hai mai pubblicato con Editori, c’è una motivazione?
«Gli Editori che mi hanno contattato non mi ispiravano fiducia, sono un po esigente lo ammetto, ma esigo trasparenza.
Il primo Editore, a cui avevo spedito un libro (ed avevo promesso una trilogia) mi ha scritto dicendo che non aveva un finale, che la storia secondo lui non era interessante, che i lettori avevano bisogno di un lieto fine e che ne avremmo riparlato a distanza di mesi.
Lo ringraziai e gli diedi il ben servito direttamente su Facebook. Ora il libro sta a riposando nel cassetto.
A luglio 2018 ho auto pubblicato “A Cuore Aperto”, un libro contenente 59 poesie e qualche breve racconto. L’ho dedicato a mio Padre (1931-1997) a cui ero e sono profondamente legata».
Il Cognome, miscellanea e radici.
«Cognome di origine Veneta che però su Facebook ho scelto di mettere solamente l’iniziale, per esteso. Desideravo che le persone iniziassero a conoscermi attraverso la mia scrittura e non essere abbinata a nessuno».
Le tue, più che poesie sono esternazioni vitali, schiette, nette a tratti aridi, perché?
«Rispecchiano esattamente come sono. Adoro arrivare direttamente al succo, al nocciolo della questione, anche se quando inizio a parlare sono prolissa».
I Social sembrano essere la tua rampa di lancio?
«Effettivamente lo sono. Attingo da tutti e da nessuno. Facebook è stata la prima vetrina, ma raramente ho fatto il classico copia incolla, o condiviso pagine. Non è stato difficile, quando ho aperto il mio profilo ho iniziato ad esprimere ciò che volevo, affiancando immagini appropriate alla mia scrittura. Mi sono resa conto che chi viaggia su Facebook ha bisogno dell’impatto visivo, anche se a volte si corre il rischio di non venir letti per ciò che si desidera realmente esprimere».
Ho letto sempre sui social tue scritture in spagnolo, come mai?
«Lo spagnolo lo conosco un pochino, mi piace e mi ricorda il dialetto Veneto di mio padre. È nato tutto su Twitter, sono stata contattata da Leandro Castiglia (un professore di chimica, fisica e geografia, Messicano) il quale mi ha chiesto se, con le mie poesie volevo partecipare ad un evento che si tiene nella Città di Huamantla nella regione di Tlaxcala, in Messico. Ho accettato, ho tradotto le poesie e gliele ho spedite assieme al video poesia di Iridi Sognanti, nata grazie alla collaborazione con Quinto Ficari (poesia rifiutata ad un concorso).
Con il Messico è stata un’esperienza nuova ed interessante.
Ritengo che, la condivisione dell’arte in qualsiasi forma e modo, sia una crescita personale non indifferente».
È terapia la scrittura?
«Per me lo è stato e lo è tuttora, sai i pensieri sono astratti, cambiano ed a volte non ce ne rendiamo conto. Le parole scritte rimangono, a volte fanno bene a volte meno bene…ma ci fanno capire dove sbagliamo e quanto o come siamo in grado di poter cambiare nel tempo. La mia scrittura è cambiata esattamente come sono cambiata io».
Misantropa?
«A volte sì. Amo la mia solitudine ed amo la buona compagnia in amicizia. Mi piace mangiare, ridere, bere e scherzare, ma ho bisogno di ritirarmi nel mio mondo. È un po il tirare le somme del momento trascorso assieme ad altre persone. La solitudine mi aiuta a riflettere, a scrivere, a scoprire me stessa…per me è di vitale importanza».
Chi sei Vania Effe?
«Vivo per scoprirlo. Mi considero una matrioska, forse anche per il nome che porto, scelto dalla levatrice e mio padre. Sono una Donna prisma, con molte sfaccettature, dopo tutto ognuno di noi lo è, l’unica differenza forse è che io lo ammetto e molti no. Sono una Donna in continua evoluzione, difettosa, caparbia e tenace negli scopi che mi sono prefiggo. Odio la staticità di pensiero dell’essere umano. Ritengo che la vita, pur avendomi tolto molto mi ha dato tantissimo. La ringrazio ogni mattina quando apro gli occhi, per essere a questo mondo e goderne lo spettacolo!»