Da Vivere del 19 settembre 2019
Daniele Zito «Nessuno è innocente»
Il romanzo dello scrittore siracusano, Uno di noi, sarà presentato stasera a Catania nell’ambito di Etnabook. Ad ispirarlo sono stati i sempre più frequenti episodi di xenofobia. «Nel nostro Paese – dice – troppa gente compie gesti disumani e rimane impunita».
di Salvatore Massimo Fazio
Il nuovo romanzo di Daniele Zito, scritto con lo stile della tragedia greca incrociato al tema della ‘disumanizzazione’ è un’analisi precisa e cristallina di ciò che impervia attualmente. Alla domanda su chi sarebbe “Uno di noi”titolo del libro edito da Miraggi Edizioni, l’autore, risponde «Forse quella parte di noi che non riesce ad accettare alcune regole basilari della democrazia. Forse il fascista che ci portiamo dentro, nostro malgrado». Daniele racconta la vicenda di questa sua nuova opera: «Non pensavo fosse pubblicabile, sia per la forma che per i contenuti. Uno di noi, infatti, è un romanzo singolare: al suo interno convivono assieme poesia e piece teatrale, due generi che non hanno molta fortuna editoriale. Ho finito di scriverlo tra il 2016 e il 2017. Da allora, sono trascorsi quasi tre anni ed ora eccolo qui, finalmente in libreria, grazie all’aiuto del mio agente, Zurru». Lo stile si rifà all’overture del precedente “Robledo, con insert della tragedia greca: «Mi interessava utilizzare un elemento presente in Eschilo, Euripide e Sofocle: nelle loro opere nessuno è innocente. Tutti sono colpevoli, anche quelli che cataloghiamo come personaggi “positivi”. E la distribuzione generale e generica della colpevolezza, per paradosso, rende tutti innocenti. Se tutti sono colpevoli, nessuno lo è sino in fondo. Un aspetto che secondo me può essere applicata alla realtà italiana di questi anni.».
Quattro uomini per burloneria incendiano un campo rom provocando il coma di una bimba. L’unico che ha una famiglia torna a casa turbato: quale il senso? «Non è la storia di un pentimento, ma – come dici tu – di un turbamento. Il protagonista non si pente per la sua azione scellerata, molto più prosaicamente ha paura di essere scoperto. Quando scopre che ciò non accade, comincia finalmente a capire la reale portata delle proprie azioni. Non prova mai una vera “solidarietà” con la vittima, bensì pena – questo sì – perché è un padre anche lui, anche lui ha una figlia, ma nulla di più. È turbato, mai pentito».
Daniele si è ispirato da «[…]diversi fatti di cronaca. È triste da dire, ma nel nostro Paese c’è tantissima gente che compie gesti disumani (oltre che xenofobi) forte della consapevolezza di farla franca, ed è palese che lo Stato, non si affanna troppo per risalire la catena delle responsabilità. Nel mio libro 4 uomini, tutti di età compresa tra 40 e 50 anni, bruciano una baraccopoli in maniera quasi spensierata, dopo una partita di calcetto. Perché ciò possa accedere, deve esistere contesto che li legittimi, ecco che racconto proprio quel contesto, ossia l’insieme di dispositivi retorici e meccanismi collettivi di rimozione che rende possibile quel particolare tipo di disumanità.».
Nella narrazione emergono diversi punti di vista tanto che lo stesso incalza:«Sì, è l’unico modo per descrivere realmente il contesto: utilizzare diversi punti focali. Racconto l‘infermiere che soccorre la bimba, le dichiarazioni di un ministro, etc. Come in Robledo, il mio precedente romanzo, per buona parte del libro la storia emerge dalla contrapposizione di questi punti di vista».
“Ci vogliono le ruspe” lo dicono alcuni personaggi del tuo romanzo, lo dice Salvini: che ne pensi?
«Salvini è un politico mediocre. La recessione e un diffuso malcontento verso le forme di democrazia rappresentativa hanno aperto uno spazio politico enorme, Lui ha il merito di averlo riempito con parole d’ordine prese di peso dal repertorio dell’estrema destra. Un azzardo politico che ha funzionato per un po’, ma che ora mostra tutti i suoi limiti. Sono convinto che la sua parabola sia ormai discendente. Il problema non è Salvini in quanto tale, ma il sentimento che ha cavalcato, che purtroppo si è innestato nelle nostre comunità. Se prima era impensabile che dei naufraghi potessero morire senza essere aiutati, adesso non lo è più. Salvini ha sdoganato un modo assai antico di essere disumani, spacciandolo per qualcosa di nuovo. Molti lo considerano un fascista, io penso che rappresenti invece una deriva post-fascista tipica di alcune forme di populismo reazionario.
Come altri in Europa, ha rielaborato alcuni dei contenuti del fascismo storico a suo uso e consumo, approfittando di un consenso politico che è stato enorme».
Ciò si rivela anche in altre forme?
«Il post-fascismo, purtroppo, è un’ideologia pervasiva. Ha preso piede, inutile illudersi del contrario. C’è chi, timoroso delle conseguenze dei propri atti, si limita a pubblicare commenti vergognosi su facebook, quando compare la notizia dell’ennesimo naufragio, e chi scende in strada per far da sé. Personalmente ritengo entrambe le categorie estremamente pericolose. Per tutto il libro non faccio che pormi un’unica domanda: Cosa c’è nelle loro teste che legittima tanta disumanità?»
La prima nazionale di Uno di noi si terrà il 19/9 h. 19:30 presso la Libreria Prampolini a Catania, all’interno di “Etna Book Festival”. A dialogare con Daniele Zito sarà Valeria Castorina (in foto destra).