Da Sicilymag del 25 gennaio 2021
L’hard boiled in salsa catanese di Sal Costa: «Cinico e ironico come Monicelli e Andrea Pazienza»
LIBRI E FUMETTI “Come ammazzare il tempo quando sei morto” (edito dalla lombrada Morellini), è la nuova fatica letteraria dello scrittore etneo, dal 28 gennaio in libreria. Uscito a distanza di poco più di due anni dal romanzo storico di successo “Il mercante di Dio”, la nuova opera è scritta in prima persona: «Data l’ineluttabilità del male, che altro ci resta da fare? Proviamo almeno a esorcizzarlo con un ghigno. Senza spoilerare posso dire che il finale è senz’altro il trionfo della catanesità»
Come ammazzare il tempo quando sei morto (edito dalla lombrada Morellini, 253 pp., € 15,90), è la nuova fatica letteraria di Sal Costa, dal 28 gennaio negli scaffali in libreria. Uscito a distanza di poco più di due anni dal romanzo storico di successo Il mercante di Dio (Bonfirraro editore), la nuova opera dell’autore etneo è scritta in prima persona: «Una voce quella del protagonista – spiega l’autore – che racconta il suo personalissimo punto di vista su accadimenti e fatti». Una voce convincente, vero punto di forza del romanzo. «Diciamo, perché possa catturare il lettore, quella voce deve avere un timbro, una cadenza, un’intonazione. Deve, essa stessa, dare una connotazione caratteriale al personaggio, quindi deve essere unica ma al tempo stesso riconoscibile, sentita, credibile. Il vero, inteso come parlato, su carta è orribile, improponibile. Allora bisogna essere verosimili, in qualche modo più veri e più belli del vero, e altrettanto spontanei, almeno, all’apparenza. Si tratta di poter dire, questo portinaio parla come un portinaio, anche se non è esattamente vero. Se costruissimo i dialoghi con un nastro registrato nascosto e trasponessimo le registrazioni, il risultato, passato sulla carta, sarebbe pessimo. E allora, per dare il senso del parlato vero, ho fatto uso di tecniche come i salti nei tempi di narrazione: passare, ove occorra, e senza che il lettore se ne accorga, o se ne infastidisca, dal passato remoto al presente e viceversa. Oppure passare dalla prima alla terza o seconda persona».
Tecnica che dà vivacità, ritmo e soprattutto offre al lettore una narrazione simile per costrutto (seppur artificiosa) alla narrazione in cui si imbatte nel quotidiano, nel vissuto (col meccanico, col panettiere), quindi riconoscibile, accettata e godibile”. Così si crea empatia fra il lettore e la voce narrante. «Non solo, il lettore avrà la sensazione di sentirla quella voce, e la voce è parte del racconto, a volte, più importante del racconto stesso (vedi “Il giovane Holden” di Salinger). È fascino, malìa».
Il romanzo, pubblicato dall’editore milanese Mauro Morellini nella collana Varianti, che lo stesso cura assieme alla scrittrice Sara Rattaro, è accostabile al genere del noir di marca hard boiled, seppur scritto in chiave di commedia. Quanto può essere vero?
«Tanto! L’hard boiled, generato negli Stati Uniti negli Anni ’20 dello scorso secolo, con attinenze e legami col cinema, non dimentichiamo apripista quali Raymond Chandler e Dashiell Hammett, scrive sceneggiature per Hollywood. L’hard boiled è la svolta del giallo, il momento di rottura col vecchio schema alla Conan Doyle o Agatha Cristie. Le storie si trasferiscono dai palazzi nobiliari alla strada, la vera vita scorre nelle sue pagine, i personaggi hanno storie dure e i protagonisti, quasi sempre detective della polizia o privati, sono degli antieroi o degli eroi loro malgrado, per caso».
Questo giallo, dunque, si allinea alla tensione narrativa del noir, sostituendo alle atmosfere sature, grevi, plumbee (nei noir spesso piove) specifiche del genere, un tono da commedia e un clima tropicale.
«È vero, trasportato dai colori della Sicilia, dal baccanale dei mercati rionali, ho scelto il tono della commedia, che più mi si addice, condendola di ironia, cinismo, cattiveria e sarcasmo, alla maniera di Monicelli, che è il mio regista preferito, azzardo a dire anzi, il mio “narratore” preferito, e di Andrea Pazienza, una cui epigrafe apre il mio libro».
Un umorismo macabro, diremmo, saper ridere del male, col male. Perché?
«Data l’ineluttabilità del male, che altro ci resta da fare? Proviamo almeno a esorcizzarlo con un ghigno, se non una risata e ad allontanarlo dalla nostra sfera personale, che poi è ciò a cui propendiamo, dunque il massimo che ci possa riuscire».
È sì un noir hard boiled, ma non tralascia la passione dell’autore Sal Costa per la storia.
«È anche un romanzo storico nella misura in cui ricostruisce un dato periodo storico e ne dà una visione probabile».
Il romanziere, però, non è uno storico, tant’è che ha libertà di movimento. Come sciogliere questo nodo di Gordio?
«Il romanziere può farti sentire l’impressione del momento storico su dati personaggi. Tratta la storia come cronaca, senza curarsi, come fa lo storico, della prospettiva temporale. Riporta con precisione gli eventi e li sistema secondo logica affinché la sua ricostruzione appaia credibile, e, come afferma Heinrich Graetz, da me citato ne Il Mercante di Dio: “Ciò che è plausibile può fare a meno di prove”».
Quindi lo scrittore può anche aggirare gli “omissis” della ragion di Stato, e ricostruire in libertà, svelare misteri, che poi misteri non sono quasi mai, e soprattutto “togliere” la storia dai libri di storia e cucirla addosso a personaggi, al vissuto, alla quotidianità?
«Credo che questo sia proprio la grande forza del romanzo storico. Poter anticipare, quando si parla di storia contemporanea, ciò che la storia potrà raccontarci in maniera documentata e scientifica solo dopo diversi secoli dagli avvenimenti. Di più, poter raccontare l’effetto che fanno quegli avvenimenti sulle persone che li hanno vissuti. E parlo di emozioni, sentimenti che rendono la storia, materia viva. La ricostruzione dell’attentato a John Kennedy fatta da James Ellroy in American Tabloid o quella della strage di Bologna fatta da Loriano Macchiavelli in Strage – ambedue, guarda caso, autori di noir -, sono realistiche se non reali, e se non centrano il bersaglio storico, lo mancano di poco, anzi pochissimo per meglio dire. E in ogni caso, avranno dato testimonianza di un dato modo di gestire il potere, di una mentalità corrente. Insomma, la storia ci metterà un paio di secoli per raccontartela come è veramente accaduta, e non è detto che succeda, un romanziere onesto e attento, può raccontartela in diretta con un margine d’errore risibile invece. È vero, interpreta e torniamo all’ermeneutica, ma in fondo, anche gli storici, a ben guardare, lo fanno».
Paolo Roversi, giallista, thrillerista, noirista ha definito questo libro “un sapiente mix di tensione e ironia” e “Un hard boiled in salsa catanese”, un bell’attestato di stima. Verrebbe voglia di spoilerarlo solo un po’ questo giallo. So che a breve la presentazione del libro sarà ospitata dalla pagina facebook dell’editore Morellini, e possiamo pure aspettare. Qalche indizio, però, lo vorremmo anche subito…
«Il “mio” protagonista oggi ha 44 anni, o giù di lì, è un detective, sposato ma senza figli. Ti basta?».
No!
«Ok. Vive a Catania, segue un caso di routine, per la sua professione, tra scatti, appostamenti e indagini varie. A commissionargli il lavoro è un residuato della Prima Repubblica, un politico, forse…»
Mi piace, vai avanti…
«No lo dico io stavolta. Qui mi fermo, perché è un noir e ho già detto troppo».
Parlaci almeno di come hai trattato Catania.
«Sulla città diciamo che non ci sviolino su più di tanto, ma la catanesità c’è tutta, nei personaggi, nei loro umori, nel loro macabro gusto per la tragedia, nel modo di parlare e di tacere, la catanesità come fardello e come benedizione, come fulcro dell’intero racconto. Sì, insomma, senza voler spoilerare nulla, il finale del romanzo è senz’altro il trionfo della catanesità. “Aggiustamula alla catanisa, ppi ddiri”».
Mi arrendo, ma voglio sapere come è nato l’incontro con Morellini, un gran salto nell’editoria indipendente.
«E’ stato un incontro del tutto casuale. Un amico, Gianluca Vittorio, aveva appena letto l’ultimo mio romanzo, Il mercante di Dio. Una sua amica, mi disse, stava preparando per Morellini un’antologia di racconti di scrittori siciliani, per la collana “Città d’autore”. Mi chiese se per caso non avessi un racconto ambientato a Catania da proporle. Io, il racconto, lo avevo. La curatrice Gabriella Kuruvilla, che è anche la curatrice della copertina del mio nuovo romanzo, lo volle a tutti i costi. Il libro, Sicilia d’autore, uscì nel giugno del 2019. Quando fu presentato a Catania, conobbi personalmente Gabriella Kuruvilla e Mauro Morellini. Nacque subito un bel rapporto di stima reciproca e amicizia, ed eccomi qua, nella collana Varianti, curata dalla bravissima scrittrice Sara Rattaro».
E Sal Costa come lo ammazza il tempo?
«Quannu moru, tu cuntu, Profé!”».