Da SicilyMag del 13 novembre 2020
Dentro l’universo fantastico di Enrico Scandurra, creatore di piccoli sogni
LIBRI E FUMETTI Con “Sette piccoli sogni” (Algra editore) il gionalista di Letojanni Enrico Scandurra torna al libro, abbandonando, dopo tre sillogi, la poesia per la narrazione nella forma della raccolta di racconti: «Ci sono volute tante letture di opere classiche del Novecento per partorire questo libro che ha subìto tantissime stesure prima di essere reso pubblico. Tre fra tutti: Gesualdo Bufalino, Italo Calvino e Jorge Luis Borges»
«“Sette piccoli sogni” è una raccolta che ho iniziato a scrivere nel mese di maggio del 2016. Ma che era già dentro di me da qualche anno». È di qualche settimana fa l’uscita del quarto libro, il primo in stile narrativo, del 29enne giornalista messinese Enrico Scandurra (di Letojanni per l’esattezza) che vanta già, oltre ad una discreta esperienza di scrittura come cronista con vari giornali cartacei e on line siciliani, anche tre sillogi poetiche. “Sette piccoli sogni”, pubblicato dall’etnea Algra – che aveva già pubblicato la terza silloge poetica “Le notti senza respiro” – è costituito da racconti fantastici e onirici, una raccolta di racconti tra fiction e ispirazioni d’altre letture. Un libro che può fare spiccare il grande volo in ambito letterario a Scandurra che evidenzia impegno e dedizione tanto e potenziali diverse stesure prima delle versione finale.
C’entra la tua professione con questo libro?
«Negli anni passati avevo infatti condotto esperimenti di questo tipo clicca nella cover del libro per continuare a leggere l’intervista, tutti falliti purtroppo. Ero radicato profondamente nell’universo poetico e non riuscivo per niente a sbloccarmi e a creare prosa. Era un limite imposto dalla mia coscienza a cui rispondevo senza saperlo. Ci sono volute tante letture di opere classiche del Novecento per partorire questo libro che ha subìto tantissime stesure prima di essere reso pubblico. In sintesi ho letto molti autori italiani e stranieri: tre fra tutti Gesualdo Bufalino, Italo Calvino e Jorge Luis Borges».
Innamorato della sua Letojanni, Scandurra, maturità classica ben sfruttata ed una prossima laurea in Lettere moderne all’Università di Catania, ha scritto per vari web magazine, sino ad approdare giovanissimo alla collaborazione con il “Giornale di Sicilia” con cui ha scritto per tre anni. Il debutto alla scrittura letteraria è sancito nel 2011, quando l’allora ventunenne Enrico pubblica per i tipi di Arduino Sacco la sua prima silloge poetica titolata “Tra ospedale e paradiso”. Fatica letteraria che porterà bene anche sul fronte giornalistico, tant’è che pochi mesi dopo Scandurra inizia una collaborazione professionale con il settimanale messinese “Centonove”, rimanendovi per cinque anni. Non è tipo da accontentarsi Enrico, la comunicazione in qualsivoglia modo, lo prende e rapisce, fino a cavalcarla su più fronti: lavorerà con un’agenzia di comunicazione che si occupa di uffici stampa nel settore dello Spettacolo e della Cultura e nel maggio 2013 approda a ‘La Sicilia” dove sarà corrispondente per la provincia messinese e su scala regionale curerà i servizi per le iniziativi delle cittadine riconosciute a livello mondiale come patrimonio e culle della cultura: Taormina e Giardini Naxos.
Nel 2014 il salto di categoria come autore pubblica infatti per Città del Sole, la seconda silloge poetica, “D’amore e d’altre notti insonni”. Le pubblicazioni che crescono con editori di spessore non danno alla testa allo scrittore messinese, tant’è che contemporaneamente collaborerà con il giornale on-line “Tempo Stretto”, da cui si sgancerà nell’agosto 2016 per entrare alla “Gazzetta del Sud” dove un’altra collaborazione lo blinderà per 3 anni. Utilizzare il verbo “blindare” ha un’accezione positiva, ciò che non fu tale invece è la sensazione di sdegno che Scandurra provò verso il trattamento economico riservato ai giornalisti free-lance. E’ la fine, Scandurra chiuse con il giornalismo, mantenendo ricordi e rapporti solo con alcuni colleghi, uno su tutti Giuseppe Attardi, già caposervizio dello spettacolo e della musica del quotidiano catanese “La Sicilia” che gli ha scritto la prefazione a “Sette piccoli sogni”.
Molto giovane esordisci con una buona casa, ma subito fai il grande salto verso La città del Sole, fino a consolidarti con Algra Edizioni. Come sono nati questi contatti?
«La mia editor, la scrittrice taorminese Lisa Bachis, che mi ha dato molti consigli in questi ultimi anni su come lavorare su un testo e che non dimenticherò mai per la sua disponibilità e per la sua grande professionalità, mi ha indicato la realtà di Algra, editore di Viagrande, dove ho trovato il mondo della grande editoria e del sentirmi in famiglia. Sta di fatto comunque che senza di lei non sarei andato da nessuna parte. Mi presentò ad Alfio Grasso».
Cosa ne è venuto fuori?
«Ci si conobbe, sempre di più e meglio, e finì per apprezzare moltissimo i miei scritti. Sono stato fortunato a trovare due persone molto colte e senza ombra di dubbio di un coraggio come pochi hanno. Io sono comunque un ragazzo che deve imparare tanto di questo mestiere e soprattutto lo devo fare confrontandomi anche con coloro a cui non piace la mia scrittura, il mio stile. Le sconfitte fanno parte del gioco. Sono indispensabili. Sia la Bachis che Grasso sono due persone che non guardano la quantità di libri pubblicati, bensì la qualità e questo mi inorgoglisce e mi mette nelle condizioni di crescere dal punto di vista scritturale e non solo».
Chi è il nuovo Enrico Scandurra scrittore di racconti?
«Il mio è un testo costituito da sette racconti fantastici e onirici che, come ha spiegato in una bellissima prefazione il giornalista Giuseppe Attardi, hanno dietro di sé “la vocazione surreale delle “Cosmicomiche” di Italo Calvino e lo slancio visionario del “Deserto dei tartari” di Dino Buzzati. Uniti dalla fede nel fantastico. Mettono insieme Samuel Beckett e Borges, Lewis Carroll e il cinema di Tim Burton, Stefano Benni e Fantozzi, la pittura di Roberto Matta e le incisioni di Grandville. Borges e Beckett incarnano la volontà di descrivere la mappa della realtà-labirinto nel modo più particolareggiato possibile e la consapevolezza che l’assenza di vie d’uscita è la vera condizione dell’uomo. La parola è strettamente legata all’immaginazione e diventa metafora di un mondo fantastico. Come Carroll, io creo neologismi, giochi di parole, paradossi, sillogismi. Svelo i meccanismi e le molteplici possibilità del linguaggio e metto a dura prova l’univocità del reale. Di Matta ho dei motivi che si direbbero fantascientifici o cosmici. Come Tim Burton, sono un creatore di sogni e di incubi e, come i personaggi dei film del regista di Alice in Wonderland, i protagonisti di questi racconti sono emblematici della fatica di integrarsi. Da Benni e da Fantozzi prendo l’iperbole, il grottesco, con cui metto talvolta sullo stesso piano alti valori, come la libertà, con giochi popolari come il calcio. E poi c’è la fiaba, che può essere quella colta e intellettuale di Calvino, come quella popolare di Jack e la pianta del fagiolo. Forse è questo, più che il mio successo, la mia diffusione e l’interesse comune per ciò che scrivo».
Sei un pasionario della comunicazione: c’è attinenza tra il tuo lavoro di giornalista e le tue opere che siano silloge o per questa prima, raccolta di racconti?
«Non credo anche se devo ammettere che fare il giornalista mi ha dato forse l’opportunità di crescere dal punto di vista della scrittura. Per fortuna ho avuto dei bravissimi maestri, sin dalle scuole elementari e medie: alle scuole medie c’è stata un’insegnante di Lettere che mi ha comunque dato l’input, cominciando a plasmare il mio universo letterario. Con lei sono cresciuto molto, anche se i passi più grandi li ho fatti da solo e con la collaborazione dei giornalisti, Sebastiano Timpanaro e Giuseppe Attardi, del quale già ho espresso la mia gratitudine e il mio grande entusiasmo, oltre anche allo scrittore Domenico Cacopardo e alle scrittrici Maria Attanasio e Lisa Bachis. Sicuramente si è trattato di un percorso molto duro, ma che mi ha consegnato le prime chiavi per il sogno della scrittura».