Menu

SMF per Sicilymag – Alberto Milazzo: «E’ un privilegio pubblicare “La morale del centrino” nel 50° di Stonewall»

23 Agosto 2019 - Articoli di S.M. Fazio, DIGRESSIONI, EVENTI
SMF per Sicilymag – Alberto Milazzo: «E’ un privilegio pubblicare “La morale del centrino” nel 50° di Stonewall»

Da Sicilymag del 23 agosto 2019

 

Alberto Milazzo: «E’ un privilegio pubblicare “La morale del centrino” nel 50° di Stonewall»

LIBRI E FUMETTI

Come si affronta il coming out? Lo scrittore palermitano lo dirà con l’amico Fabio Canino nel tour siciliano (Noto, Catania, Marzamemi, Scicli, Lercara Friddi e Palermo) di presentazione dei loro rispettivi libri “La morale del centrino. Ovvero come sopravvivere ad una mamma siciliana” e “Le parole che mancano al cuore”, entrambi editi dalla milanese Sem

di Salvatore Massimo Fazio

Tour siculo di coppia e senza relatori annunciati per due tra i migliori autori della scuderia Sem (Società Editrice Milanese): Alberto Milazzo e Fabio Canino. Ambedue poliedrici artisti ad ampio raggio, dalla precisione del teatro alla possibile ripetizione dei ciak prima dell’uscita di un film, nei loro rispettivi libri trattano contenuti diversi con un’unica tematica: come si affronta il coming-out?

Il fiorentino Fabio Canino, noto anche per i suoi programmi televisivi e radiofonici, ne Le parole che mancano al cuore, racconta una storia che prevediamo possa essere reale, ambientata nel ricco e lussuoso mondo del calcio, dove dichiarare il proprio orientamento sessuale, almeno in Italia, è quasi un reato. Il palermitano Alberto Milazzo, attivista impegnato in prima linea (ricordiamo i toni più crudi del suo Uomini e insetti, Mondadori, 2015), ha descritto con ironia e divertimento, ne La morale del centrino. Ovvero come sopravvivere a una mamma siciliana, l’impegno e la fatica quasi da impresa titanica, nel fare coming out, resistendo ad una mamma sicilianissima. Canino e Milazzo saranno in tour siciliano dal 24 al 28 agosto: saranno il 24 agosto, alle 19, a Noto al Cortile del Convitto delle Arti; il 25 agosto, alle 19, a Catania alla Feltrinelli di Via Etnea; il 26 agosto, alle 19, a Marzamemi alla Libreria Sanfasò, il 27 agosto, alle 21, a Scicli al Cortile del Museo del costume, e il 28 agosto doppio incontro, alle 17.30 a Lercara Friddi nell’Atrio di Palazzo Sartorio e la sera alle 21 a Palermo da Prospero Enoteca Letteraria.

Fabio Canino e Alberto MilazzoFabio Canino e Alberto Milazzo

Milazzo, questo libro rappresenta l’esordio con l’editrice milanese capeggiata da Teresa Martini e Riccardo Cavallero.
« La morale del centrino. Ovvero come sopravvivere a una mamma siciliana è il mio primo romanzo per Sem, dato che per loro, solo un anno fa, ho tradotto “Queer City” di Peter Ackroyd. Due scritture diversissime eppure con molti punti di contatto. Avevo già collaborato con la direzione di Sem, prima che la stessa casa editrice esistesse. Il mio esordio letterario è stato il romanzo “Uomini e insetti”, uscito per Mondadori nel 2015, grazie al quale ho avuto modo di conoscere persone straordinarie, per umanità e per competenza, alcune delle quali ho ritrovato nella nuova avventura con Sem. Penso a Sem non come alla mia casa editrice, ma come alla mia casa, un luogo di affetti e di stima sincera».

Per chi non lo ha letto, come introdurresti La morale del centrino?
« La morale del centrino ha per protagonista Manon, una mamma siciliana. In qualche modo questo piccolo dato è già sufficiente a dispiegare trama e coprotagonisti. Sono figlio di una mamma siciliana, sono nato a Palermo, e ho raccolto per anni racconti straordinari, divertentissimi e perfino surreali di madri di amici che, come me, sono figli di una certa sicilianità. Manon, quindi, rappresenta tutte le mamme e nessuna, ha caratteri esclusivi ma è anche l’incarnazione di un modo insulare di affrontare la vita. Lei ha una sua morale che è quella che chiamo “del centrino”, l’abilità cioè di coprire ogni superficie con un laghetto di cotone. Ma questa abilità è anche metaforica, e viene applicata come regola di comportamento, per cui si evitano gli scontri e si copre tutto con un decoro, anzi con decoro. La fatica, a tratti comica e a tratti drammatica dei figli, è quella di provare a liberarsi da questo dedalo di nodi per riuscire ad esistere al di là del “centrino” e della sua morale».

Cosa ti ha spinto a scrivere di questo argomento?
«Ci sono due pregiudizi in questo libro che ricadono sulla coppia protagonista, la madre e il figlio. E in qualche modo i pregiudizi stanno proprio nella definizione di “madre” e in quella di “figlio”. Il figlio, in “La morale del centrino”, decide di fare coming out, e come spesso accade in questi casi, deve smontare il pregiudizio sull’essere figli. Uscire dall’orbita della filialità per diventare un essere umano, questo, con i suoi caratteri specifici. D’altronde la madre, credo ogni madre, vive su di sé il pregiudizio della maternità. La fatica è quella di essere madre ma anche di restare una donna, una persona specifica, con le sue ruvidezze, le sue asprezze, la sua unicità. In questo libro si procede dal generale al particolare, dall’umorismo dei grandi sistemi, via via verso un sorriso sfumato che nasce dalla consapevolezza di sé e dell’altro. Ho vissuto molti coming out, è una materia molto delicata. Ci sono storie finite bene e altre finite anche molto male ma quello che le accumuna tutte è l’intensità del racconto. Ho visto omosessuali adulti, fieri, con le lacrime agli occhi nell’evocare alla memoria il momento del loro coming out in famiglia. La radice della genitorialità è in parte anche la radice della nostra identità. Un tema che mi ha sempre affascinato e che ho cercato di trattare con onestà, ma anche con pacatezza. Spero che sia un libro “di servizio”, che possa essere letto da genitori e figli, che agevoli il dialogo intergenerazionale, che aiuti i figli che fanno fatica a dirlo in famiglia, ma anche i genitori che hanno pochi strumenti con cui gestire il tema».

 

 

 

Alberto MilazzoAlberto Milazzo

Come mai la scelta di un tour in doppio?
«Siamo amici con Fabio. Nei nostri due romanzi raccontiamo mondi diversi eppure con molti punti di contatto: entrambi i nostri protagonisti hanno fame di verità, hanno bisogno di amare e di essere amati per quello che sono, senza filtri, senza sotterfugi; senza dribblaggi direbbe lui, senza centrini direi io».

50 anni fa Stonewall. Com’è cambiato il mondo dei diritti LGBTQ+ e com’è cambiata la Sicilia, secondo te?
«La Sicilia cambia insieme al mondo, e come nel resto del mondo anche in Sicilia ci sono luoghi in cui è più facile e altri in cui è più difficile non solo scegliere, ma vivere la propria differenza. Siamo una terra di continue rivoluzioni culturali, di perenne rimescolamento di popoli, di culture, di gusti eppure sappiamo anche essere custodi di una discontinuità che in Sicilia si fa tradizione. A livello nazionale si sono fatti passi avanti, ci sono leggi dove prima c’era il vuoto assoluto. Non bastano, ma sono un inizio. Ma la vera differenza mi pare passi dalla consapevolezza che non si possono più delegare i diritti civili alla tolleranza o al buon cuore di qualcuno. Non basta più che il panettiere o il vicino ci conoscano e ci sorridano se ci teniamo per mano. Qui si tratta di una civile parità, di una società intera che ti riconosce e in cui riconoscerti. Questo cambiamento è tanto più in atto quanto più emergono fenomeni di resistenza, di violenza, di opposizione, che sono segnali disgraziati di come il tema però si sia diffuso capillarmente nelle pieghe della società. Abbiamo lottato per guadagnare una voce, poi abbiamo lottato per ottenere delle parole. Adesso lottiamo per avere una grammatica. In questo senso Stonewall era un urlo, non poteva che esserlo, ma un urlo che come nel caso di Ginsberg conteneva già tutti le parole possibili».

 

Le proteste di Stonewall nel 1969Le proteste di Stonewall nel 1969

L’urlo di Stonewall è ancora necessario?
«E’ un privilegio assoluto per me poter pubblicare un libro come “La morale del centrino” nell’anno delle celebrazioni dei 50 anni di Stonewall.
Poter contribuire alla dialettica in atto, aiutare ad avvicinare le distanze, lavorare sulle zone di prossimità, sul semplice ma non banale assunto che siamo tutti umani, capaci di gesti di inclusività e di rispetto mi riempie di orgoglio. Alcuni mi dicono, ma ce n’è ancora bisogno? Sì. Basta guardare cosa accade in Russia, in Polonia, solo per fare due esempi. Constato che c’è molta più violenza in giro, molto più odio, un odio che cerca visibilità, che pretende la condivisione, purtroppo anche attraverso i social media. Dall’altra parte però c’è anche una consapevolezza dei propri diritti che non arretra e non può arretrare. Ci sarà sempre qualcuno che punta il dito e tira su muri e addita la differenza, ma possiamo tutti insieme lottare perché l’odio sia sempre meno condivisibile e sempre più isolato e inaccettabile. Credo che sia un percorso di civiltà cui siamo chiamati davvero tutti, ognuno contribuendo come può per informare e informarsi. L’odio vive di ignoranza, ma l’ignoranza si impara e tutto ciò che si impara si può disimparare, si può scegliere di non trasmettere odio, non insegnarlo, non legittimarlo. D’altronde l’odio è illogico, non c’è odio che possa cambiare il colore della pelle, o modificare il modo in cui amiamo. Per quanto uno possa odiare, l’altro non può fare a meno di essere quello che è. In questo senso Stonewall non era il grido di una parte, era ed è il grido dell’umanità, perché i diritti civili non riguardano qualcuno, ci riguardano tutti».

Alberto MilazzoAlberto Milazzo

Come si coniuga la tua ventennale esperienza di drammaturgo con quella della scrittura di romanzi?
«Scrivo per il teatro dagli anni del liceo, e i generi letterari ormai cominciano a scivolare l’uno nell’altro senza quasi che me ne accorga. Per fortuna se ne accorgono altri: sono felice di poter annunciare che “La morale del centrino” debutterà al Teatro Libero di Palermo la prossima stagione con la regia di Luca Mazzone. In “La morale del centrino” in particolare risuona il mio ultimo lavoro teatrale, una indagine sul mondo ebraico che porto avanti da diversi anni. L’umorismo ebraico è una risorsa per l’umanità, una delle più grandi eredità e forse la meno riconosciuta che la millenaria cultura ebraica consegna alla storia. Le madri del Mediterraneo però devono avere qualcosa in comune se nei racconti dei loro figli si somigliano un po’ tutte. Manon la mia protagonista è un incrocio fra le mamme siciliane che ho conosciuto e la leggendaria yiddishe mame che troneggia nel barzellettario ebraico. Una sintesi che mi appartiene, perché in modi diversi da tanto cerco in me un equilibrio impossibile (ma per questo ancora più necessario) fra mondi diversi ma che sento familiari e affini».

Come stanno reagendo i lettori al tuo libro?
«Ho riso tantissimo e alla fine ho anche pianto. Questo è il commento che mi arriva di continuo. Persone diverse, distanti, anche geograficamente, dal Veneto alla Sicilia, mi dicono la stessa cosa. “Un libro pieno di umanità in cui si ride tanto e alla fine ci si commuove”. Non avrei saputo immaginare, sperare in commenti più belli. Sono felice della reazione dei lettori».

 

© Riproduzione riservata
Pubblicato il 23 agosto 2019

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *