Da L’Urlo del 2 giugno 2020
“Le macchinazioni” di Baret Magarian – Recensione
Un intreccio di fantasia e risate che ci necessitano: è vero! Ma è vero? È reale?
Le macchinazioni pubblicato per le Edizioni Ensemble, di Baret Magarian è un romanzo particolare. Già i suoi tantissimi personaggi dicono tanto sulla scelta ossimorica dell’autore di raccontarli: divertente l’ambientazione e la narrazione. Proprio si ride a crepapelle come si suol dire. E si ride anche dei drammaticissimi vissuti e delle scelte di questi. L’apice del camaleontico autore d’oltralpe, è anche giornalista, musicista, poeta, ispiratore di sensazioni e di stati di crisi non necessariamente negativi, almeno questo è accaduto a me.
Le macchinazioni nella propria vita
È un romanzo che proietta il lettore nella propria vita. Un romanzo che merita certamente (non so se questo farà piacere all’autore) il suffisso delle scienze del comportamento e dell’adattamento ‘psi’. Non soltanto: il taglio è fortemente filosofico, di quell’esistenzialismo del quale ci siamo o ci hanno nutrito. La peculiarità però sta nella metafora dell’incrocio tra l’onirico e il reale. Il musicista Baret Magarian è straordinariamente magico, come il suo romanzo, come i personaggi descritti. Succede che una lagrima non di commozione ma nemmeno di rabbia rischia di scenderti giù: come valanga, come tempesta, perché ridi, ridi tantissimo di te stesso. Ti fermi, rifletti e piangi: «ma è questa la mia vita!» rischi di esclamare. Ti fermi. Nuovamente rifletti e piangi: «ma è questa la mia vita?». Ti interroghi però stavolta. Ti interroghi perché non sei riuscito a vederla, a parlare con te stesso, a conoscerti. E allora il pianto è sempre di bellezza, nell’un e nell’altro caso.
Pianti come risate
Certo perché piangi e ridi, ridi e piangi e leggi e scopri e vuoi tornare indietro per immortalarti al posto di Daniel o Oscar o di quella pandemia ontologica che presenta l’autore?
Perché c’è un momento nella vita a tutto. E ce n’è un altro del quale non si sa mai, dopo aver letto Le macchinazioni, se lo hai scoperto o se lo scoprirai, nemmeno con quell’uso idiomatico che è una via di fuga che spesso sentiamo e diciamo: «chissà cosa poteva essere la mia vita se avessi imboccato l’altra strada!». Ma ancora: di quale strada parliamo? Non lo sapremo mai. So però che quando ebbi questo libro tra le mani, la copertina diceva tutto e tanto. Lo spessore e le pagine mi scoraggiarono, siamo sulle 400 e oltre, ma lo iniziai, per scoprire quel tutto e tanto solo dopo averlo letto. Copertina e titolo incipit per avviarti alla domanda tra le più profonde che in troppi definiscono come inizio di un processo psichiatrico che lateva nella mente: siamo reali?
Risposte e plausi
Baret Magarian
Plauso al musico scrittore che più di ogni altro quest’anno, in tempi di metamorfosi, mi ha stroncato, in un limbo di risate, per poi zittirmi e farmi interrogare. Le risposte? Le trovate tutte, tutte, tutte e non son certo che faranno preda breccia o quel che si voglia nella nostra anima. Ma una cosa la posso affermare, anzi due: l’amore che narra Baret Magarian è unico e il suo stile ancora non può essere catalogato in nessuno degli esistenti.