Catania: chiude dopo 25 anni Multikulti. Dove sono gli artisti, i libri, la cucina, la musica, la cultura dell’integrazione?
In partnership con Federica Duello, prima per le traduzioni, a seguire come cronista, abbiamo realizzare il servizio sulla chiusura di MultiKulti a Catania
Il servizio di seguito è stato possibile grazie alla collaborazione di Federica Duello. Già in altra occasione nel nostro web magazine, la stessa è intervenuta a supporto per intervistare Claire Cameron autrice de L’Orso.
Siamo qui dopo 25 anni di servizio alla comunità: un fortino dell’aggregazione sociale, culturale e generazionale, cade oggi per mano di qualcuno che, avallato dall’emergenza sanitaria del periodo, crede di potersi arrogare il diritto alla vita e alla morte di qualcun altro. Il che va bene, ma solo se entro determinati limiti.
Ingrediente segreto dell’identità multicolore della ridente città di Catania, dal 1995 l’associazione Ashram Multikulti si presta ad attività e progetti europei votati all’integrazione e all’accoglienza, con sede nel cuore della cultura cittadina, la rinomata piazza Teatro Massimo Bellini.
Sono stato sempre affascinato da piccole realtà del genere: piccole oasi nel deserto che regalano speranza a chi, già da sé, si proclama forestiero, per cui ho voluto chiacchierare con alcuni tra i numerosi volontari dell’organizzazione e provenienti da vari contesti culturali (nel nostro caso, tedeschi e turchi): Onur Ahmet Göktaᶊ, Muhammet Arif Birlik, Greta Kohneh, sorprendentemente legati all’associazione e ai suoi membri da un affetto simil-familiare e che, insieme ai rispettivi compagni di avventura del tempo (derivano da esperienze di volontariato diverse negli anni), hanno trasmesso la propria realtà giù fino in Sicilia, e per questo possiamo esclusivamente ringraziare Ashram. Durante il loro soggiorno qua hanno avuto la possibilità di seguire un corso di lingua italiana come richiesto dal programma, ma per essere sicuri che queste storie di vita vissuta arrivino in pieno ai nostri lettori, Federica Duello ha curato linguisticamente l’intervista anche in qualità di socia Ashram dal 2012 e in cui ha iniziato a contribuire alla struttura come insegnante di lingua italiana per gli aderenti dei progetti Erasmus+, e fino a poco tempo fa mediatrice linguistica e coordinatrice dei progetti europei che vedevano coinvolta l’associazione.
Di Multikulti se ne parla fin dal 1995, anno della sua nascita, e da allora in poi si è descritta qualsiasi sua particolarità, evento, attività e progetto che la coinvolgesse. Cosa era l’Ashram per una persona giovane e forestiera che viene in Sicilia per la prima volta?
Arif: «Quando sono arrivato per la prima volta davanti al portone dell’associazione, ho letto il nome “Multikulti” stampato con quel font che sapeva di mediorientale e tutti quei colori tra una lettera e l’altra… e lì è cominciata la mia sensazione di benessere, che ho potuto confermare giorno dopo giorno. È come vivere in un puzzle dove tu sei un pezzetto, piccolo o grande non importa: è una figura composta di tante culture e quindi di tanti componenti».
Onur: «All’inizio, ho pensato che fosse una normalissima associazione; con il passare del tempo ho imparato a conoscere sia gli altri volontari che erano con me (e Arif era uno di quelli) che i soci Ashram: ho capito che niente era come sembrava. Non si trattava solamente di un posto dove avrei dovuto svolgere un classico progetto europeo. Divenne la mia seconda casa: un’intera parte della mia vita è completamente cambiata durante il mio soggiorno. Ho trovato una seconda famiglia e dei cari amici. La Sicilia trasmette delle vibrazioni tali che a volte ti fanno credere di essere in paradiso. È come scoprire un mondo totalmente nuovo e il Multikulti ti accompagna nel tuo viaggio: ti fa scoprire nuove emozioni, nuove visioni, odori e sapori… e anche degli ottimi caffè!».
Greta: «Multikulti è stata la mia scatola dei preziosi! Non importa per quanto tempo io sia stata lontana dall’associazione: anche se sono tornata varie volte e per motivi diversi, non sapevo cosa dovermi aspettare ogni volta. Era un luogo in cui poter crescere e prendere responsabilità; allo stesso tempo, se Catania fosse una casa, Multikulti sarebbe stata la stanza dei bambini: il luogo in cui giocare, sognare, provare cose nuove e anche la stanza più colorata di tutte!».
Cosa ne pensi del suo contesto, Catania?
Arif:«É la città multiculturale per definizione. Ogni storia qui trova il suo posto; l’ho trovata piacevole da vivere, con i suoi cittadini calorosi e amichevoli: la tipica gente mediterranea, per questo mi sento molto simile a loro».
Onur: «Per me, Catania ha significato una seconda possibilità: lo stile di vita, i gruppi multi etnici e l’energia della bellissima gente italiana hanno reindirizzato la mia vita. Sono impressionato di quanto, soprattutto al Sud, le persone siano così tanto amichevoli tra di loro e con chi viene da fuori, per questo penso di essere nato una seconda volta, qui. A volte scopri un posto, e anche se i tuoi occhi ti dicono che non ci sei mai stato prima, la tua anima si comporta come se avessi sempre vissuto lì: perché puoi ridere, piangere, essere onesto, divertirti e impegnarti, ed è quello che ho fatto io a Catania. Ecco perché dico che, anche se non sono italiano, mi sento mezzo siciliano».
Greta: «Può sembrare una frase fatta, ma è vera: mi sono innamorata di Catania fin dal mio arrivo. Dall’altra parte, è strano, per me, essere felice in un posto che al suo interno è triste: ogni volta che torno mi sembra di stare nel backstage e vedere gente che nonostante quello che fa vedere all’esterno, pare avere nessuna prospettiva futura».
Secondo voi, il Multikulti è ciò che questa città e i suoi abitanti hanno bisogno?
Onur: «Multikulti è un bene per la città, per la presenza variegata di gente e di attività, corsi e iniziative, ed è un bene averla perché è una dimostrazione di come la città sia e possa diventare sociale, sviluppata e moderna».
Arif: «Credo che non solo Catania, ma ovunque si debba imparare a vivere una realtà multiculturale, perché si impari a vivere senza confini e in unione, per una nuova sintesi culturale e mentale. E l’associazione rappresentava tutto questo».
Greta: «Io andrei ancora più in là per dire che in tutta Europa ci sarebbe bisogno di un posto come Multikulti, perché ovunque vi è un urgente bisogno di luoghi e mentalità volte alla solidarietà, tolleranza, creatività e allo scambio disinteressato».
Come ti senti, adesso che l’Ashram ha chiuso? Come hai elaborato la notizia?
Onur: «La notizia della chiusura mi ha ferito: chi vorrebbe essere estromesso dalla propria casa?! L’Ashram è nato con Pina e Yilmaz e ha toccato in modo trascendentale la vita di tantissime persone… e anche se hanno conosciuto periodi tremendi, sono sempre rimasti in piedi e adesso loro due hanno tantissimi figli spirituali che hanno trattato come dei fiori, come delle rose. Come si potrebbe essere felici o indifferenti alla notizia della chiusura di un posto del genere?! In realtà, Multikulti non chiuderà mai: sarà sempre possibile percepire un po’ di quel posto in chiunque ci sia stato».
Arif: «Immagina che sei studente universitario fuori sede e che vivi in una casa con gente che ti fa sentire in famiglia; poi finisci l’università e vai via da quella casa. Tutti tornano nella propria città d’origine. Riesci a immaginare come ci si sente? Io sì. Vorresti tornare all’inizio di quei momenti, ci torni con la fantasia e vorresti rimanere lì per sempre».
Greta: «Sono molto triste. Mi sento un po’ come se i miei genitori avessero deciso di vendere la casa in cui sono cresciuta; è strano, perché ho vissuto lì solo per meno di dodici mesi, e ho comunque cercato qualsiasi mezzo pur di ritornare, da quando l’ho lasciata. Quel posto mi ha insegnato così tanto che mi ci sono affezionata come se fosse il mio luogo di nascita, o comunque un posto in cui ho potuto crescere».
Quali erano i tuoi compiti durante il servizio europeo qui a Catania?
Onur: «Ho presentato la mia cultura, quella turca: ho insegnato l’arte pittorica tradizionale chiamata Ebru, ho insegnato la lingua e cucinato i piatti con Yilmaz, ho assistito rifugiati adulti e bambini nelle loro vite quotidiane all’interno dei centri d’accoglienza e ho anche potuto organizzare feste e attività insieme agli altri volontari, ai soci, e a chi ho avuto l’occasione di conoscere durante le lezioni di Italiano».
Arif: «Mi sento di poter dire di aver fatto di tutto: mi è stato insegnato quel che non sapevo fare o che mi incuriosiva, e insegnavo ciò che la gente non sapeva o aveva curiosità di apprendere o migliorare».
Greta: «Volevo dire lo stesso ma Arif mi ha anticipato con le parole! Pina e Yilmaz non ci dicevano cosa fare.
Hanno sempre detto che l’iniziativa doveva partire da te e che loro avrebbero aiutato dove tu non arrivavi. Così, ho avuto la possibilità di capire che avevo l’urgenza di creare un evento, che poi chiamammo “Viaggio al buio”, oltre ai vari workshop teatrali con altri volontari e i rifugiati. Siamo pure andati in una scuola elementare a lavorare su un musical con i bambini: fu incasinato ma divertentissimo!».
Incoraggeresti chi ti dice di voler mettere su un’iniziativa come l’Ashram o chi vorrebbe partecipare a progetti di SVE?
Onur: «Certo che sì! Perché è possibile coltivare il coraggio di mettersi alla prova e di scommettere su ciò di cui si è capaci; è stato così per me, e consiglierei a chiunque di prendere al volo la possibilità di fare l’esperienza del volontariato all’estero: si cresce, tantissimo».
Arif: «Ovvio che sì. È stata la migliore esperienza della mia vita: ho incontrato esseri umani, come dice Yilmaz, così diversi, e ognuno con le proprie idee e bagagli di vita. Adesso posso anche io dire di avere una famiglia in Italia, e mi sento bene quando lo penso».
Greta: «Certo, entrambe! È stato un privilegio e un dono, essere stata sponsorizzata dall’Unione Europea per intraprendere questo viaggio emozionale e di vita. Inoltre, per far parte di un’organizzazione come l’Ashram, si deve essere flessibili e curiosi, ma anche organizzati e compatti».
Cosa pensi che sia necessario, per mettere in piedi un’associazione? A chi dicesse: “Il Multikulti mi piace, voglio crearne uno anche io!”, cosa diresti?
Onur: «Prima di tutto, devi avere un team di persone di cui ti puoi fidare, con cui hai obiettivi e desideri futuri in comune! Più importante di qualsiasi altra cosa: devi amare ciò che fai, devi trovare lo spazio per pensare che sia divertente e che sia la cosa giusta. E che sarà la tua vita».
Arif: «Questa è semplice: gli unici ingredienti che servono sono l’unione e la comprensione. Il resto viene da sé».
Greta: «La mia prima reazione sarebbe di dire: “Ok, facciamolo insieme!”…. Poi però in me si innesterebbe la voce realista: quanto denaro bisognerebbe investire? Hai delle buone connessioni, attorno a te? A chi è diretto il tuo impegno? Su quante persone puoi fare affidamento? Quante ore lavoreresti? … Tante domande da mettersi in testa a cui rispondere in modo ponderato ma passionale, prima di creare un posto come l’Ashram Multikulti!».