Da Letto, riletto, recensito! del 7 giugno 2023
Coraggio e determinazione in “Una famiglia geneticamente modificata” di Solange Cimino
Nel 2003 conosce l’uomo che diverrà suo marito e sembra che il destino si accanisca sulla scia della malattia: l’uomo è un narcisista, non sempre facile da convivere, ma Solange lo ama e questa sarà una svolta per la ripresa dello stesso marito. Frattanto nascono i primi due figli, si occupa del padre costantemente. Sempre sulle distanze, ma stavolta di anni nasce il terzo figlio. La vita si accanisce? Forse, è del 2015, che un ictus colpisce lo zio che si occupava fisicamente del proprio padre. Anche lo zio diventa un ‘paziente’ dell’autrice. Nel 2019, Ivan, il primogenito, comincia a stare male. C’è familiarità. Il libro si apre, oltre alla bellissima introduzione prefazione dello scrittore di Mirko Ferrua, che è anche cugino di Solange, proprio col capitolo dal titolo “Ivan”. Un pugno allo stomaco. Una donna così curata nella dialettica e con un’ottima scrittura ma che per mantenersi fa dei lavori dignitosi ma non poco pesanti (carrozzerie, stalle et alii), non cede alle intemperie che la vita le consegna. Covid, l’autrice decide di scrivere il libro sul quale l’abbiamo intervistata per il nostro blog. Quest’anno l’apice dell’accanimento della vita contro questa sorprendente debuttante: il marito maturato e tornato a dar manforte alla donna, muore per un tumore al pancreas. Il riscatto arriva: Solange è un’attendibile segretaria, è in contatto col papà e il libro che vi consigliamo per diversificati motivi (come reagire, non lamentarsi, e tanti altri motivi), è la testimonianza che, si creda o meno, gli angeli in terra esistono. Noi ne abbiamo incontrata una, che continua la sua vita crescendo con rigore e amore i suoi tre figli.
È il suo esordio letterario, quando scelse di contattare il suo “consulente” che è anche suo cugino, per diffondere la sua opera? «Decisi di contattare mio cugino dopo aver scritto circa metà libro. Gli chiesi cosa ne pensasse sinceramente. Lui mi rispose che lo trovava assolutamente coraggioso e meritevole di condivisione. Io gli chiesi di correggerlo dal punto di vista ortografico ma di non intaccare in alcun modo il contenuto. Sapevo, che non essendo una scrittrice, forse non era scritto correttamente ma lui disse che non aveva alcuna importanza, perché ciò che contava era raccontare.» Quando capì, dopo essersi confrontata col cugino, che era giunto il momento di lanciarsi nel mercato editoriale? «Non lo capii. Decisi che l’avrei pubblicato prima di iniziare a scriverlo.» Come mai ha scelto di autopubblicarsi piuttosto che ambire ad un editore?«Ho scelto di auto pubblicarmi perchè mi sono detta: ” se il mio libro è valido arriverà dove deve da solo”.» Perché è per chi ha scritto questo libro? «Ho scritto il libro per me, per mia madre e per mia sorella. Ero stanca di rivivere ogni sera la storia della mia vita nella mia testa. Scriverla mi ha liberata da un macigno enorme che mi impediva di vivere veramente. Ero stanca delle persone della mia famiglia che negavano di conoscere la realtà della mia vita e la banalizzavano o tentavano di scusarsi per non aver capito. Ho raccontato la pura e dura verità per metterli a tacere. Inoltre è stata una forma di riscatto per mia madre. Era arrivato il momento di gridare a tutti, lei compresa, che non eravamo noi a doverci vergognare delle nostre vite. Ho inchiodato ogni protagonista alle proprie responsabilità. In ultimo, era utile, a mio parere, aiutare le famiglie come la mia, che hanno figli o genitori psichiatrici, raccontando vissuti reali e concreti, senza privarli delle parti più crude e dolorose. Di testi scientifici ve ne sono a bizzeffe. Alla gente comune serve la vita reale. Il mio libro tratta due argomenti fondamentali, la violenza sulle donne e le malattie psichiatriche. Spero sia d’aiuto a tutte quelle donne che sono vittime di violenza domestica e non sanno come uscirne. Soprattutto spero che il mio coraggio nel denunciare pubblicamente, possa essere di esempio e aiuto a chi non lo trova diversamente.» Cosa si aspetta dalla diffusione del suo libro? «Come detto prima mi aspetto che serva alle famiglie che hanno ragazzi adolescenti psichiatrici. Nessuno parla di loro, sembra che questo mondo non esista, invece sono tantissimi i ragazzi che soffrono di tali patologie che vedono il loro esordio verso i 14 anni. Faccia caso, ad esempio, alle pubblicità in televisione. Si parla di ragazzi down, paraplegici, malattie genetiche etc.ma nessuna parla di ragazzi psichiatrici. Anche per quanto riguarda gli adulti. Non sono forse termini piacevoli, depressione, bipolarismo, schizofrenia, disturbo della personalità e chi più ne ha più ne metta, ma esistono e colpiscono una fetta di popolazione sempre più alta. Meglio non sapere…»
Che riscontri ha avuto? «Direi ottimi finora. Chi ha letto il libro ha recensito pubblicamente su Amazon o privatamente. Ho avuto centinaia di messaggi su entrambi i fronti. Donne vittime di violenza che si sono sentite capite e hanno trovato forse uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. Madri, figli, parenti o amici di persone psichiatriche che mi hanno scritto di sentirsi meno sole e che leggendo le mie semplici parole, hanno capito meglio paroloni tecnici, fondamentalmente vuoti o incomprensibili. Ho avuto messaggi di sostegno, di coraggio, di input positivi a crederci ancora e andare avanti a parlarne pur essendo una perfetta sconosciuta nel mondo editoriale.» Non ha temuto di toccare argomenti molto duri pur non essendo una addetta ai lavori (anche se è vero che chi vive certe dinamiche di condizioni dolorose su più fronti potenzialmente è all’altezza di chi ha letto per diventare una specialista)? «No, mai. Tutto ciò che racconto non è frutto di fantasia, ma argomenti trattati insieme al team psichiatrico e non solo, che si è occupato prima di mio padre e poi di mio figlio. Non mi è stato chiesto a caso di fare l’albero genealogico della mia famiglia, ma anzi, per meglio comprendere la familiarità della malattia psichiatrica che nella stessa è molto ben rappresentata da più soggetti nelle varie generazioni. Alcune teorie sono frutto di interviste a psichiatri facilmente reperibili anche su internet. Poi ci sono, in questo mondo, come in tutti, le varie scuole di pensiero, ma asserire che siano solo coincidenze, le tre generazioni consecutive colpite nella mia stirpe la trovo un’offesa alla mia intelligenza e a quelli di tutti i miei simili. Per farle un esempio stupido ma reale, se le si rivolge ad un medico perché soffre di diabete o pressione alta, la prima domanda che le faranno sarà chi c’è nella sua famiglia che ne soffre. La stessa domanda è stata fatta a me. Non vedo perché questa teoria dovrebbe essere valida solo per le malattie organiche e non per le altre mentali. Il fatto che non abbiano prove non vuol dire che non sia così, non crede?» Non ha temuto critiche dal mondo scientifico che indaga sulla scienza del comportamento? «No. E’ stato proprio il primario ( psichiatra) del centro che ha ospitato mio figlio per quasi due anni, a spronarmi a raccontare la mia storia. Ricordo che mi disse testuali parole: ” in quasi 40 anni di carriera non ho mai conosciuto una famiglia come la sua. Racconti la sua storia, sarà sicuramente più di aiuto di qualunque testo medico”.» Come vive oggi Solange Cimino? «Vivo con una consapevolezza che prima non avevo. Scrivere il libro mi ha dato risposte che prima non riuscivo a trovare. Ho come composto finalmente un puzzle. La prematura morte di mio marito, poi, mi ha fatto capire che ogni giorno è prezioso e non sprecherò più energie per ciò che non posso cambiare. Amo , amo e amo, tutto ciò che mi si presenta davanti, bella o brutto. E sogno, tanto.» Ha qualcosa in riserbo per il futuro? «Si. VIVERE.»