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SMF per LRR – 40 anni fa l’omicidio di John Lennon. Marco Pitrella paga il suo debito con aneddoti, ricordi e nonsense

17 Febbraio 2021 - Articoli di S.M. Fazio, DIGRESSIONI, Interviste
SMF per LRR – 40 anni fa l’omicidio di John Lennon. Marco Pitrella paga il suo debito con aneddoti, ricordi e nonsense

Da Letto, riletto, recensito! del 17 febbraio 2021

40 anni fa l’omicidio di John Lennon.
Marco Pitrella paga il suo debito con aneddoti, ricordi e nonsense

 

 

 

È un libro veloce, velocissimo, un continuo crescendo, ora ironico, ora provocatorio, ora persino romantico, dove John Lennon, a un certo punto, sembra essere uno spunto se non un pretesto di cui si serve l’autore per rassegnarci le sue considerazioni, ora profonde, ora legate alla sua infanzia e non per questo superficiali, anzi, e ora alla sua adolescenza. La scoperta dei Beatles attraverso una musicassetta del padre, le prime ricerche, “chiedi chi erano i Beatles” per citare una vecchia canzone degli “Stadio”. Che c’entrano Il “dott. Stranamore”, programma di Alberto Castagna, e Forrest Gump ed Herbert Ballerina con John Lennon? C’entrano. Herbert Ballerina c’entra di più con Yoko Ono. Già, John Lennon, non un artista ma come viene definito “un insieme di cose”. Non mancano le tirate verso quelli che, più o meno famosi, più o meno talentuosi, a imitare i Beatles ci hanno provato, molto spesso con scarsi risultati. E non mancano le tirate verso la sua di generazione, che ancora sembra affatto uscita dall’adolescenza ed è lì che le pagine assumono il tono della polemica, né distruttiva e né costruttiva, ma semmai il pretesto, un ulteriore pretesto, per fare satira. Del resto, l’autore, Marco Pitrella, avvocato/giornalista o giornalista/avvocato al suo esordio da scrittore, è questo: chi lo segue su “Ienesicule.it” o nei social network sa di cosa si sta parlando e non si stupirà più di tanto, gli altri magari sì.

 

Dunque, John Lennon …?

«Con questo libro pago il mio debito di gratitudine che ho verso i Beatles e verso John Lennon in particolare. Capisco che a Paul McCartney e a Ringo Starr, gli unici due Beatles rimasti in vita non gliene può fregare più di tanto, così come alle mogli dei Beatles, alle vedove dei Beatles e ai figli dei Beatles, e al loro posto farei esattamente la stessa cosa, però questo è quanto».

 

Grato in che senso …?

«Nel senso che tutte le mie passioni, la scrittura ma se volgiamo anche la lettura sono figlie dei Beatles. Sì, proprio così, appassionarsi alla lettura: avevo sentito un’intervista della zia di John Lennon, Mimì, che fu quella che l’ha cresciuto, dire sin da ragazzo, John, “leggeva tantissimo”. Ecco, cominciai a leggere pure io, da James Joyce a Aldous Huxley, sino ai loro testi e tutti i nonsense che mi fanno letteralmente impazzire. Insomma, il senso è questo: quando siamo adolescenti, e l’adolescenza comincia con i il primo amore non corrisposto, e mi sa che la mia adolescenza è cominciata con l’infanzia, comincia ad appassionarti a delle cose e io che ascoltavo i Beatles ho iniziato ad appassionarmi al mondo dei Beatles. Essendo uno che suonava la chitarra molto male, ho preferito ripiegare sulla scrittura, e devo dire che questa dello scrivere, che nel frattempo è diventata una passione, se non un mestiere, è un’avventura che tutt’ora continua e non credo si fermerà, perché sennò mi sento male».

In effetti alla scrittura di John Lennon hai dedicato molto spazio… 

«Idealmente il libro si articola in tre momenti: il Lennon scrittore e autore di canzoni, il Lennon diviso (o conteso?) tra i Beatles e Yoko Ono, e il Lennon solista; certo non mancano riferimenti alla sua infanzia, a Liverpool e a Paul McCartney. Ora, a mio avviso quello della scrittura è l’aspetto di Lennon che molto spesso, se magari non si ha una forte passione musicale, è quello meno conosciuto. Insomma, John Lennon non è stato solo un musicista, anzi se proprio la dobbiamo dire tutta, Paul McCartney è stato molto più abile di lui. Chi almeno una volta nella vita non ha cantato Yesterday? Ecco, ha cantato Paul McCartney».

 

Marco Pitrella

Marco Pitrella

Ma i testi di Lennon sono un’altra cosa…
«Esatto. Il nonsense è una cosa che mi piace e infatti, anche se solo per questione di cuore, un pensiero di un attimo all’immenso Rino Gaetano lo dedico nel libro. Ora, la questione è solo una: non basta mettere quattro frasi a casaccio per farne un linguaggio, uno stile o per essere più tecnici la cifra stilistica di un autore o di uno scrittore. Li vedo circolare nei social, ma pure in giro per Catania, a questi che si credono dei poeti, attori, artisti maledetti “piccoli Bukowski che crescono” … in realtà si tratta di quattro sfigati in cerca d’autore, appunto. Ho un grande problema: soffro di idiosincrasia, vedi che parolone, verso chi, a una certa età, alla mia per esempio, non ha ancora un posto nel mondo perché si crede un talentuoso e la colpa è del resto del mondo che ancora non se n’è accorto … mi sa tutto di sottoproletariato, e Carl Marx sappiamo che fine auspicasse per il sottoproletariato. Ma di che stavamo parlando … ?»

 

Di John Lennon…

«Ecco, John Lennon in tutto questo c’entra. Sì, che di nonsense ci pubblicò tre libri e col nonsense ci scrisse una valanga di canzoni, ma non erano certo versi sciatti o improvvisati. Poi se sei in grado di scrivere Imagine puoi scrivere I’m the Walrus.

 

Quella sì che è una messa di nonsense, fu scritta quando John Lennon venne a sapere che nella sua vecchia scuola, la “Quarry Grammar School”, dove tutto ebbe inizio, un’insegnante faceva studiare i testi dei Beatles. È evidente come si era di fronte alla degenerazione della “Beatlesmania”». Lasciamo che si scervellino su questo … sembra non dire nulla quella canzone, tra pinguini che ballano “l’Hare Krishna” o piuttosto “Semolina Pilcher” ma invece … invece di perdere tempo, c’è tutto scritto nel libro».

 

Non risparmi nemmeno gli Oasis…

«Il chewingum di Liam Gallagher è una mia ossessione, come l’occhio della storia di Edgar Allan Poe o come l’occhio della madre della corazzata Potemkin».

 

John Lennon e i Beatles…?

«I Beatles erano John Lennon e John Lennon era i Beatles. Questione di fascino e, come dicevo, non certo per questione di talento musicale. John Lennon e Strawberry Fields Forever e Paul McCartney era Penny Lane. Di George Harrison non se ne ricorda mai nessuno e Ringo Starr era il batterista. Ora, se i Beatles sono stati i Beatles e se ancora a distanza di più di cinquant’anni ne stiamo a parlare non è solo per la musica ma in gran parte per tutt’altro e questo tutt’altro altri non era che John Lennon, a volte per il suo estro e a volte anche per cose maldestre tipo certe cagate, pardon merda d’artista che gli fece fare Yoko Ono. 

 

John Lennon aveva un grande talento ma soprattutto ebbe una grande intuizione: “stare sul pezzo”. Stare sul pezzo ora con Imagine, ora con Power to the People, ora con Give Peace a Change e persino con Happy Christmas che non è solo una canzone natalizia, ma divenne un manifesto, “War is over”, con cui John e Yoko tappezzarono dodici capitali del mondo. Mi sembra sia stata un’idea carina, quella».

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A proposito di Yoko Ono…
«“Quando sei triste pensa alle natiche di Yoko Ono”, era un tweet di qualche anno fa. Da questo assunto sono partito per raccontare della coppia Lennon e Ono. Il nudo di Two Virgin, il “Bed-in” e, soprattutto Imagine e gli album solisti di Lennon, soprattutto “Plastic Ono Band”, Yoko Ono è stata sicuramente una fonte di ispirazione se non addirittura di influenza. Un esempio su tutti è Woman is the Nigger of the Word. Tradotto: La Donna è il Negro del Mondo. Chi avrebbe il coraggio al giorno d’oggi di pronunciare una frase simile. Che poi sia una canzone dichiaratamente femminista mi sa che poco importa, visti i tempi».

 

E di maldestro…?
«“Self Portrait”, per esempio. Masturbarsi davanti ai giornalisti non credo sia stato il massimo. Poi a che pro sia stato fatto tutto questo, a noi umani troppo umani non c’è dato da sapere. Rimane il fatto che Yoko Ono è un personaggio per certi versi straordinario. John Lennon non era certo un cretino e per rimanere praticamente soggiogato da una donna del genere, ce ne vuole. Yoko Ono non era una passante di passaggio: la storia è stata bella anche per questo».

 

A un certo punto tendi comunque a dissacrare John Lennon… 

«Più che altro mi sono divertito a immaginare, mi verrebbe da dire quasi per tweet, cosa sarebbe stato John Lennon se fosse stato vivo… come avrebbe vissuto in questi quarant’anni, specie in un mondo così veloce. Mi sono divertito a immaginare lui a parlare di Trump, piuttosto che di Obama; di Greta Tumberg piuttosto che di Al Gore. O, ancora, Papa Francesco. E mi sono chiesto: John Lennon sarebbe stato all’altezza della sua storia? Sarebbe andato a Sanremo? Come, del resto, fecero sia George Harrison che Paul McCartney nel 1988? Non lo sapremo mai, però è stato divertente averci pensato».

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