Da La Sicilia del 27 dicembre 2019
Vita e amori di Diego, in giro per il mondo e a Palermo, dov’è tornato
È tutti noi Diego il protagonista del romanzo d’esordio di Alessio Provenzani “A volte le parole non bastano” (Scatole Parlanti, 2019), originale opera di autofiction, impreziosita da una vena siciliana che le dà ritmo e colore e che accompagnerà il lettore tra le pagine di una vita nella quale è impossibile non potersi rispecchiare. Cosa ‘muove’ in Diego è «La sua formazione, dall’adolescenza ai lunghi periodi trascorsi all’estero, ripercorrendo così una strada costellata di errori e pietre d’inciampo, come accade in ogni vita.
Ad accompagnarlo in questo viaggio vi è l’amore in tutte le sue forme, per la famiglia, per le proprie passioni, ma anche quello che si può provare per un’altra persona nelle varie fasi della vita: l’amore spontaneo e acerbo fatto di bigliettini e passeggiate in spiaggia; quello vero e puro, troppo perfetto per durare; quello che confonde i pensieri e lascia tracce impossibili da cancellare, e infine l’amore per gli altri, per coloro che soffrono e hanno bisogno di aiuto». L’amore è tuttavia solo un espediente per spiegare l’evoluzione di un uomo in un determinato contesto, mostrando così il gioco alterno della vita e le sue mille sfaccettature e contraddizioni, come la vita, appunto, per dirla calcisticamente, in rosanero, quella dell’autore nato nel 1976 a Palermo. Dove come dichiara lo stesso: «Sono cresciuto, ho studiato, fatto il primo bagno, baciato la prima ragazza, letto il primo libro, bevuto la prima birra, perso i primi capelli, tutto a Palermo. Ho anche imparato, sempre a Palermo che non avrei dovuto dire sempre “a Palermo”. Quindi me ne sono andato. A Lione». E nel sud della Francia scoprirà la passione per l’arte, per il bello, e per la crème alle castagne e tante altre cose. È partito di nuovo, scoprendo e facendo altro. È ripartito, ancora una volta, tornando a Palermo, dove tuttora vive e lavora e dove ha scritto questo suo micidiale esordio letterario, che oltre ad essere il titolo del suo libro sembra il titolo del film della sua vita, dove la locuzione “a Palermo”, come ci ha raccontato è sempre tornata, fin quando vi è tornato a vivere nel capoluogo della Sicilia: «Proprio così. Ho 42 anni e vivo lavoro a Palermo presso un Centro di Ricerca d’eccellenza specializzato nei trapianti d’organo».
Oltre alla simpatica ossessività per Palermo, che diventa aggettivo, nome proprio di città, sostantivo e quante altre figure del linguaggio, c’è un altro interesse che ridonda in te? «Sono nato e cresciuto a Palermo ma ho trascorso periodi medio-lunghi della mia vita all’estero. Al di fuori del lavoro, il mio principale interesse è la lettura, principalmente i classici, ma anche autori contemporanei. Amo la natura sotto ogni sua forma, fare lunghe passeggiate con la mia bicicletta e seguire il teatro dei pupi siciliani. Da appassionato d’arte mi piace andare in giro per le case d’asta d’Italia e d’Europa alla ricerca di un nuovo dipinto da scoprire. Da buon italiano del sud non posso fare a meno della buona cucina». E scrivere? «Mi diverte. Praticamente in poche righe puoi raccontare la mia vita». Cosa c’è di Alessio nel romanzo, tra l’altro pubblicato con una delle più audaci editrici indipendenti? «Ho cercato di riportare nero su bianco ciò che l’esperienza mi ha insegnato negli anni, facendovi confluire non solo la mia anima siciliana – che sicuramente risulta evidente dalla voce del narratore Diego – ma anche i colori, i profumi e i sapori dei viaggi e dei Paesi stranieri che hanno scandito gli anni della mia formazione».
Intersecazioni consce e inconsce, dunque. «Nella vita c’è sempre un tempo per la nostalgia, per il rimorso o semplicemente per la vivida ricostruzione di azioni o fatti collocati in un recesso dell’anima che non sempre vengono fuori».
Escavazione e profondità personalissime? «Quando mi sono accinto a scrivere questo romanzo mi trovavo in un periodo molto particolare della mia vita, pieno di cambiamenti, purtroppo non sempre belli, scrivere in un certo senso è stato terapeutico, non potevo farne a meno. Diciamo che questa esperienza è stata la mia personalissima forma di auto-analisi».
A chi è rivolta la storia del protagonista Diego? «All’inizio lo avevo scritto solo per me. Poi, a lavoro finito, ho pensato che la storia di Diego in fondo non era altro che la storia di tutti, perché certe emozioni prima o poi le provano tutti; il bello dei libri è potersi ritrovare nelle storie che leggiamo».
“A volte le parole non bastano” è un crescendo costante di visibilità, anche in premi non da poco: che riscontro hai avuto? «Nei mesi scorsi ho partecipato ad un paio di premi, ma non ho vinto. Resta però il piacere e l’adrenalina dell’attesa. Sono un sognatore indefesso. Ho ricevuto tanti pareri positivi e sinceri».
Interesse positivo e meritato? «Può darsi, dato che ho riscontato anche diversi silenzi».
Silenzi, anche questi, che ci lasciano tutti spesso senza una risposta chiara, ma che Alessio trasforma nel suo romanzo come messaggio filantropico: «godete di tutto».