Da La Sicilia del 28 marzo 2023

Non smette di stupire il ricercatore della parola, connessa all’escavazione del mistico in ogni essere umano Giorgio “Masaru” De Luca. “Masaru”, colui che eccelle nella discepolanza e nella disciplina, al fine di raggiungere l’obiettivo. Dopo ”La vera storia di Dubliner Lurk”, e, coraggioso come pochi, in piena pandemia, l’uscita de “Lo smembratore di cadaveri e altri racconti”, ambedue per Algra Editore, maestro federale di Kendo nonché insegnante di materie umanistiche è tornato con un romanzo che di primo acchito sembrerebbe differenziarsi dai precedenti, ma da attenta analisi, si scopre con le parole dell’autore che: «Cambia l’abito, ma il dinamismo interiore è un fil rouge coi precedenti». Dunque una continuità è palese con un atto filantropico che induce a chiedere chi è quest’uomo che ha modificato la propria vita a partire dalla stazza del proprio fisico in prodromicità con le aspettative del pensiero, delle ideologie, della lungimiranza. “Sulfur. Siamo tutti blu” (Algra, pp. 204, € 15) potrebbe avvicinarsi alle tesi di Bion e Lewin che più di ogni altro svilupparono il collettivismo e l’individualismo come parametri non distanti? «Forse, ma è nell’archetipo hillmaniano che raggiungiamo certa conoscenza: individuare la mia estrema ‘sostanza’, l’anima che differisce dall’animu, la libertà del cuore. Essere al servizio di…». Del protagonista di Sulfur, il nome non è casuale, Massimo, ma ancor di più quella percezione che l’ha indotta a chiamarlo così, ci racconterebbe? «Massè, in arabo (al)Masih, che in italiano significa il Messia, dunque Massimo. Chi me lo rivelò mi scosse dentro. Il mio cammino aveva preso la strada da sé». Perché “Siamo tutti blu”? «È il colore dello zolfo che in alchimia processa la trasformazione dalla Nigreso, dunque la materia oscura, al Bianco.» Così muove il protagonista: verso la trasformazione nel riconoscere il Sé fisico e quello orato, ne conviene? «Assolutamente, la parola evoca e si impone, trasforma, non da sola, verso e assieme una cura della disciplina che rende ciò a cui dovremmo punta: le Altezze».

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Non ha temuto che il titolo e relativa lettura della quarta di copertina potessero far intendere un genere occulto? «Nulla da temere quando la ricerca ci porta allo svelamento di Ciò che è, ma che facciamo fatica a farlo apparire. Torno al titolo: Sulfur è la traslitterazione, mi passi il termine, del viaggio mistico e spirituale, inteso archetipicamente.» Dunque non si sente responsabile di fraintendimenti? «Come ogni uomo non posso che essere responsabile, in un momento di gravissima discesa verso gl’inferi dell’ignoranza, di far sbocciare coloro che sono finiti nello stagno dell’insufficienza, del parere facile che aggrega masse di sconoscitori. Persone che spulciano nel sentito dire, ripetendo la propria e così facendo superando al solitudine con un esito drammatico: essere vittima dello sberleffo di un’accozzaglia di suonatori di gas retro luminanti prodotti dalla masticazione di legumi.» Non gradisce il populismo… «Mi piace ascoltare e dire la mia, ma se si presenta il fittizio sotto forma di grande maestro, sa lui di cosa, mi annoio e mi distanzio. Se la cosa peggiora, sarei pronto al confronto, ma come se non si hanno argomenti?» Cosa accadrà a Massimo, il protagonista del suo romanzo? «Svelerei con piacere, ma toglierei la possibilità di far conoscere a molti le proprie seppellite potenzialità: risalendo dal baratro per vivere in sintonia con la meraviglia che siamo».