Da La Sicilia del 24 giungo 2021
Manie e rituali degli scrittori
Mariano Sabatini in “Scrivere è l’infinito” ha raccolto le testimonianze di noti autori come Cunningham, Lansdale, Maraini, Camilleri, Carofiglio. “È un lavoro spaccaossa, da titani”.
Conosciamo Mariano Sabatini come narratore, autore dei romanzi “L’inganno dell’ippocastano” e “Primo venne Caino”, pubblicati da Salani e vincitori di numerosi premi, tra cui il Flaiano. Ora il giornalista romano torna nelle librerie con un volume che è un’autentica miniera di esperienze narrative di oltre cento grandi romanzieri, italiani e stranieri, i loro metodi, le manie, i rituali. Si tratta di “Scrivere è l’infinito”, per la rinata e gloriosa Vallecchi Firenze, con le testimonianze, fra gli altri, di Michael Cunningham, Jeffery Deaver, Joe R. Lansdale, Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Daria Bignardi, Andrea Vitali, Maurizio de Giovanni, Gianrico Carofiglio, Simonetta Agnello Hornby e così via. Autentici campioni della tastiera ‘qwerty’. «Quando ho iniziato a pensare di scrivere storie, avrei cercato un libro come questo, soprattutto perché come sostiene l’immenso James Ellroy si comincia soprattutto quando il desiderio prende il sopravvento o, come successe a Carofiglio, quando si sente che l’orologio narrativo sta per dire stop. E per trovare la motivazione può essere molto utile capire come gli altri ce l’hanno fatta» spiega Sabatini.
Chi è il lettore ideale di questo suo nuovo libro?
«Tutti quelli che amano leggere, e soprattutto che sono curiosi di entrare nelle officine creative degli autori affermati, amati, attesi. Mi sono fatto raccontare come affrontano le lunghe giornate attaccati al pc o, ad esempio, quante pagine producono, come scelgono i titoli, quali idiosincrasie linguistiche hanno o come superano il famigerato incubo della pagina bianca».
Ogni scrittore ha le sue manie?
«Non ce n’è uno uguale all’altro e non sai mai come la follia creativa, indispensabile a creare storie, esploderà né quale esito avrà. C’è una scrittrice che per timore di perdere i dattiloscritti dei suoi nuovi romanzi si è fatta costruire una scatola stagna e la immerge nell’acqua sporca della vasca, nella speranza che gli eventuali ladri non la prendano in considerazione. C’è chi ha bisogno del buio, chi deve avere una finestra davanti, chi scrive sempre e chi invece deve violentarsi per farlo».
Lei a quale categoria appartiene?
«Alla seconda. Ma c’è da dire che distinguo la scrittura giornalistica da quella narrativa. Faccio fatica ma oltre a questo libro uscirà in luglio “La vita invisibile” per Avagliano e in settembre “Delitti di lago 5” per Morellini, con due miei racconti, e poi in ottobre una fiaba che ho scritto per Chiaredizioni dal titolo “Una cagnolina non vola mica”. Non male, no?»
E il suo nuovo romanzo?
«Avrà sempre Leo Malinverno protagonista, conto di finirlo presto e di mandarlo a Mariagrazia Mazzitelli della Salani. Poi ho in mente un altro romanzo, non di genere».
“Scrivere è l’infinito” è un bel titolo che rimanda alle continue riscritture di un testo?
«Anche. Il titolo lo avevo scelto poi ho ritrovato una frase che mi aveva detto quel concentrato di intelligenza che è Lidia Ravera: “Scrivere è regnare sull’infinito possibile”. Il che è verissimo e rende l’idea dello sgomento che può prendere chi sia alle prese con una storia. Un lavoro da titani».
Uno dei capitoli è “Scrivere stanca”.
«È così, è un lavoro, spaccaossa tra l’altro. Dovremmo tutti sforzarci di farci pagare e di non tenerlo nella vacuità dei passatempi. Ci sono troppi editori che meriterebbero l’appellativo di stampatori e sedicenti scrittori che si rivelano loro complici. In questo mio libro però non li troverete. Tanti altri avrei voluto inserirne e se non ci sono è solo per problemi di spazio e tempi».