Da La Sicilia del 26 marzo 2022
L’umanità del palazzo multietnico
L’intervista. Passioni e omicidi per la vicequestori Andrea De Curtis, protagonista di “Un gelido inverno in Viale Bligny”. Le inquietudini dell’animo umano sono un mistero
Intervista a Arianna Destito Maffeo
Sovente chi debutta alla narrativa non tralascia la propria città, anzi ne crea l’ambientazione, ciò non è accaduto per il debutto di Arianna Destito Maffeo, genovese che con “Un gelido inverno in Viale Bligny”, (Morellini, pp. 236, € 16,90), narra della vice questore, Andrea De Curtis trasferita a Milano che trova alloggio presso lo storico civico 42 a Viale Bligny. Perché? «Perché quel luogo è storico, misterioso e fascinoso. Un tempo conosciuto come Palazzaccio o fortino della droga, crocevia multietnico, abitato dagli immigrati del sud del mondo, nonché frequentato anche da studenti perché situato vicino alla Bocconi. Un porto di mare senza mare. È un luogo magico e nel mio romanzo ha un ruolo fondamentale, quasi da protagonista. Una sorta di sito oracolare dove i protagonisti cercano risposte, conoscono sé stessi e incontrano il proprio destino.» La protagonista si ambienta, subito, grazie anche all’accoglienza sincera della trans Marlene. Ma non è soltanto il bello del “magico” a rendere ottimo questo debutto. Appena giunta, Andrea, viene incaricata di indagare su un doppio omicidio assieme all’ispettore Torrisi: un galantuomo… tranne con la nuova poliziotta. I due riusciranno in breve a trovare il colpevole. Scheletri nell’armadio, angosce, amicizie forti, affermano il genere della Destito, ben lontano dal ‘solito’: l’esempio è il fratello di Andrea, ce ne parla? «Meglio non fare spoilering di quanto potrebbe accadere.» Attenzione: ‘potrebbe’, ci dice l’autrice e qui si apre un varco geniale particolarissimo. Il suo è un romanzo intriso di passioni:
«Le passioni possono spingerci a comportarci in maniera folle e imprevedibile. Ho cercato di dare voce alla parte nascosta, ho provato a ribaltare quello che crediamo sia scontato e non lo è. Un’amicizia simbiotica, un amore malato, un passato ingombrante che ritorna sempre. Elementi che caratterizzano la vita dei personaggi.» Cosa l’ha spinta a scrivere un romanzo, dopo anni di racconti? «La mia passione è scrivere racconti, un genere che in Italia ha una grande tradizione. Negli ultimi anni il racconto è stato rivalutato, anche dagli editori italiani, dopo un periodo in cui sembrava non avere un mercato.» Che differenza c’è tra i due generi? «Il ritmo d’impatto del racconto è come un assolo di sax che ti emoziona subito; il romanzo invece, è come una partitura d’orchestra e implica attenzione a tutti gli strumenti e agli equilibri dell’insieme: mantenere l’alto il ritmo e tenendo viva la suspense non è semplice.» La gelosia può giocare brutti scherzi e lei lo articola bene: crede che anche emozioni di gioia possano giocare brutti scherzi? «Le inquietudini dell’animo umano sono un mistero, andare a fondo, indagare nelle emozioni e nelle reazioni che gli eventi suscitano nelle persone penso faccia parte del mestiere del narratore.» Marlene: altro aspetto ontologico che nella contemporaneità finalmente non pone più pregiudizi, o si? «Marlene è la figura alla quale sono più legata. È una trans che ha trovato la libertà di essere sé stessa proprio in quel luogo unico che è il Bligny 42. Mi sono ispirata a una persona reale: ho reso omaggio alla forza e alla luce che irradia da certe persone che affrontano i cambiamenti. Sui pregiudizi temo ci sia ancora molta strada da fare.» Leggeremo ancora di Andrea & C.?«La stessa con Marlene e Torrisi potrebbero avere ancora molte da dire.» Ha giallisti preferiti? «Difficile rispondere:quanto spazio ho per elencarli tutti?»