Da La Sicilia del 14 agosto 2022
L’antologia dei demoni infantili
In “Calabiani” sono i rigodi di Permunian a dispiegarsi tra pagine di prosa, esternazione e racconto dove il concetto e l’idea di bene si riscontra nel suo opposto che suona da fonema
Di questa ultima opera, fino adesso, di Francesco Permunian, dal titolo “Calabiani”, pubblicato per Oligo (pp.153, € 15,00) ho titubato per un’altalenante temporalità nel proporlo alla stampa. Sarebbe stato un peccato il cipiglio della potenziale autoreferenzialità scrivendone nel blog che ho fondato, scrivendone a mia firma, scrivendone. Ho sottoposto all’attenzione del mio capo servizio il volume, ben curato e richiamante già dai colori in copertina l’opzione del lugubre e dell’oscuro (vedansi il nome dell’autore, del libro e il prezzo, che in quel verde turchese rinforzato è quasi illeggibile). Bando alle ciance, se così si può dire con la parola scritta, immergiamoci in questo oceano che come riporta nel sottotitolo è l’ “Antologia privata dei miei demoni infantili”. I ricordi di dispiegano tra le pagine, prosa, esternazione, racconto dove il concetto e l’idea di bene si riscontra nel suo opposto che suona da fonema sempre meglio rispetto all’inflazionato prima citato (bene), dunque male. L’esplosione che fa più rumore è certamente il riferimento alla nascita, anno in cui il nato Permunian si rovescia alla salvezza: poteva morire a pochi giorni ma avrebbe lasciato un segno, importante, deprimente, catastroficamente idilliaco. Sperimentale, senza alcuna volontà d’esserlo, traccia nel ‘Luogo di memorie’ (p. 116) la santificazione del tout-court: non ha bisogno di fotografare, potrebbe farlo, decide di chiudere gli occhi e tutto è lì – parafrasandolo con Gianfranco Sorge, “E’ solo nella tua mente ed è reale”, n.d.r. –, a Senigallia, dove per tempo non si mosse. Forse anticipatorio? Profetico? Intuitore? Ne abbiamo contezza, tanto da associarci a ciò che potrebbe offenderlo: c’è un mondo di bravi narratori, c’è un universo di ottimi scrittori, ma quando ‘dio’ decide di trasportare, traslitterandosi, sé stesso sulla carta, ci si metta militarmente sugli attenti, non c’è idolatria che possa competere, perché non esiste idolo: Permunian è l’insieme delle galassie che scibile divinizzato protegge, proprio con quella maestosa cura artigianale della scrittura, Permunian è artigiano della scrittura, si scansino editor o faccendieri da editing, non necessitano seppur non sappiamo se alcuno si è avvicinato.
Sembra strano che il pater di noi tutti aitanti e velleitari d’una pubblicazione in qualsivoglia giornale di una delle tante galassie, che l’indomani utilizziamo per lavare le vetrate, che la notte ci consegnano la possibilità della rivelazione ebbe a veder la luce, a nascere: accadde, ma si stava ritirando.Ma hanno provveduto piogge e nebbia a mantenere staticità dove il nascituro venne accolto, era Ca’ Labia, il luogo dove il fiume s’avvicina per rimanere intatto, stagnante, nulla scorre, nulla passa, se non l’inesorabilità del tempo. Per tutti, per gli altri, non per Lui; Qui indossando il tabarro, osservava ‘Duro teatro immobile la terra sferzata da gelido buio’ per approdare alla più bella delle omelie da brividi (p. 41): ‘È inverno. Dorme sepolto nella neve un piccolo cimitero, tremano i morti sottoterra. Ma cosa dovrei io fare amica lontana per calmare i tuoi brividi di freddo?’ C’è tutto in ‘Calabiani. Antologia privata dei miei demoni infantili’, dal devastante che in un quid annulla qualunque oggetto privo di vita già di suo, a quel 1951 che l’Apocalisse di Giovanni sembrava esser giunta. Ma nell’unicità dei fatti, quell’anno consegnò durezza e corazza a Permunian: colui che continua la vita di ciò che stava per non essere più.