Da La Sicilia del 17 marzo 2022
La rivoluzionaria Vincenza e lo stupore delle “Deboli”
Atto di onorificenza che le donne meritano dove i paradossi prendono forma, basta sentire sghignazzare obnubilati uomini che hanno lo slang dell’eccesso di vanità, ‘montato’ si dice dalle nostre parti. Uno di quelli che la massoneria è uno schifo, ma di massoneria campa e vive mentre ascoltiamo infelici le loro affermazioni: «Devo ancora credere che nel 2020 ci siano donne che si fanno sottomettere? Certo mica mi sposo una troia!». Questa è una delle riflessioni che Flora Fusarelli induce a sviluppare nel suo debutto alla narrativa con “Le deboli” (4punte Edizioni, pp. 129, € 12,90). In un piccolo paesino abruzzese, negli anni ’40, gli uomini sono a far la guerra, ma c’è anche l’uomo che non la fa: il classico figlio del benestante, insopportabile viscido al tatto che sarà maschio che sceglie il marito alla figlia, ma questi magari si ribellerà senza botti e botte, realizzando il suo progetto, che nasce proprio dalla bestialità umana del borghese. La sottomissione, la resa, lo stupore storico sociale che l’autrice, ribaltando i significati, servirà in un piato platinato come risposta, ma in questa c’è anche il forte sentimento e l’orgoglio di aver ottenuto ciò che voleva: da tre generazione, la donna nel romanzo della Fusarelli, porta avanti la famiglia ma, piuttosto che essere esaltata ed onorata, viene ancora una volta sputtanata da inetti dall’asse cognitivo totalmente distorto. La risposta è attuale e la troveremo in Vincenza, indiscussa rivoluzionaria (e protagonista) che per amore architetta, coi mezzi che subisce, il più bel dono desiderato. E i ‘prosopopati’ di superbia che se la ridono, siamo certi che abbiano compreso che le troie sono loro e non le donne che li hanno traviati praticando le loro afferamazioni? Lo stupore de “Le deboli” è servito!