Da La Sicilia del 22 febbraio 2023
«La perfezione, pericolo mortale»
L’intervista. Elena Mearini anticipa i temi del suo romanzo “Corpo a corpo” in uscita il 24. «Non c’è nulla di autobiografico, è la mia visione sul continuo bisogno di piacere all’altro»
Fa centro anche stavolta Elena Mearini, sul ring dove “se tralasci anche un solo istante a non fare qualcosa, hai perso una occasione, ti costi il KO”. All’autrice meneghina, due volte candidata allo Strega, che il 24 febbraio esce per Arkadia con “Corpo a corpo” (pp. 112, € 14), chiediamo se trovandosi lei agirebbe prima di riflettere: «Cerco di riflettere e prendermi le necessarie soste, ma spesso mi è impossibile non rispondere all’istinto, quando questo diventa grido.» La storia: Stefano e Marta, amore complesso con bugs intersecati in famiglie: di latte con Ada, sorella di Marta, morta misteriosamente; Di sangue, col maestro di boxe Mario; D’assenza, ricorrendo alla prostituta: «E’ un atto», dice la Mearini, «di libertà disperata e disperante, oblio purissimo che accade nella caduta fuori dal tempo, quando il reale pare frantumarsi e la perdita irrimediabile diventa unico punto d’orientamento, stella fissa e feroce che trafigge lo sguardo.» Muore Marta, con dinamica identica, si scoprirà, alla morte di Ada. Marta era additata come pazza: perché si sentenzia sovente senza conoscere la vita altrui? «Perché persone come Marta appartengono agli imprevedibili, coloro che escono dalla messa a fuoco e sfuggono da ogni dominio del pensiero. Sono individualità spiazzanti, impossibili da controllare e inserire in un “orizzonte rassicurante” proprio in quanto calcolabile. Marta ci costringe alla resa del potere sull’altro, condizione insostenibile dai più.» Giudizi che come boomerang tornano ai sentenziatori: perché si diffama con estrema noncuranza? «Perché l’altro ci spaventa da sempre e continua a farlo, in chi ci sta davanti vediamo il dispiegamento delle possibilità d’essere che noi nascondiamo dentro. Vediamo il nostro probabile meglio e il nostro probabile peggio, viviamo il disvelarsi di ciò che vorremmo vivere ma anche di ciò che vorremmo sopprimere. L’altro è al contempo vita a cui tendere e morte da cui sfuggire.»
Stefano rivede Ada in Marta o è una paranoia di quest’ultima? «Marta è la propria ossessione e il proprio spavento, lei si vede e si espande negli altri e crede di poterli governare con la paura, unico sentimento che la fa sentire “sovrapposta a sé”». Forse fratricidio tra Marta e Ada: perché questo reato si compie ancora? «Può esistere come atto che “sottrae l’assassino alla morte” nel momento in cui questo vede nell’altro, chiunque sia, la possibilità della propria fine. Se tu, per qualche ragione, puoi distruggere una parte di me che io considero vitale, allora cerco di eliminarti. Così funziona il pensiero di chi, in modo distorto e fallimentare, vuole assumere il dominio sulla morte illudendosi così di avere un potere assoluto e inattaccabile. Dietro a questo ritroviamo sempre il terrore e l’incapacità di vivere.» Quanto c’è di Lei? «Tutto e niente, nel senso che non c’è nulla di autobiografico ma ho inserito la mia visione riguardo la pericolosità della perfezione, il nostro continuo bisogno di piacere all’altro ad ogni costo, aderire all’ideale fino a perdere il tratto dell’umano. Divento un mostro per piacerti. Questo è il folle paradosso.» I pugni che Mario fa ridare a Stefano sono svelamento di verità: quanto vale un maestro costi la libertà? «E’ fondamentale trovare chi ti costringe a guardare il dritto e il rovescio di te, il dentro e il fuori del mondo senza risparmiarti nulla. Chi ti consegna la vista totale ti mette di fronte alla reale e piena responsabilità dell’essere e dell’esserci.»