Da La Sicilia del 1° maggio 2023
Intrighi tra aristocratici e pezzenti
nella Sicilia del Settecento
Intrighi tra pezzenti e nobili nella Sicilia del 1768, è questa la “fiaba” nel nuovo romanzo di Vito Catalano, in libreria per Vallecchi dal 5 maggio con “La figlia dell’avvelenatrice” (pp. 111, € 16). Fiaba si, pur non risalendo alla preistoria e l’immagine del lettore si trova coinvolta in un sogno di un tempo che seppur in altri autori scorgiamo, nel Catalano con emotiva realtà s’impone, sprofonda nelle difficoltà di accettazione. Episodi che spesso non si conoscono che quando vengono svelati, spingono a una reazione d’impeto. Emanuele Rinaldi giovane rampollo di famiglia benestante palermitana si trasferisce nella residenza del conte Paruta amico stretto del padre, per un approfondimento studioso della fauna grazie alla grande tenuta del conte nel centro della Trinacria. Ad accoglierlo anche la figlia, Rosa, di quest’ultimo. Tra impegni e ricerche al giovane non sfugge il rapporto critico tra padre e figlia.
Durante la sua permanenza infatti insorgono incresciosi momenti che lo sconvolgeranno tra questi il rapimento di Rosa. Questo è il punto cruciale del romanzo: ci si aspetterebbero ingenti somme di denaro, forse in qualche modo le individuiamo, ma è nel senso dell’opposizione che Emanuele scoprirà perché la freddezza del conte verso la figlia e il perché di rivelazioni che portano al titolo del libro. In un rocambolesco contenuto, dove personaggi e ambienti si susseguono e in una linearità stilistica, Vito Catalano, afferma la propria forza di eccelso scrittore che lo ha visto primeggiare negli ultimi quindici anni con diversi titoli tra fatti reali e fiction. Con “La figlia dell’avvelenatrice” ci sentiamo di affermare che il firmamento che lo accolse anni fa, adesso ha un nuovo sperimentatore della narrativa avvincente e coinvolgente.