Da La Sicilia del 6 maggio 2022
In comunicazione “sottile” con Franco
Libri. Guido Guidi Guerrera ha raccolto testimonianze di chi ha conosciuto bene l’artista scomparso un anno fa. «Man mano che scrivevo l’ho sentito vicino con la sua invisibile carezza»
Guido G. Guerrera, giornalista e collaboratore per il gruppo Quotidiano Nazionale, è uno scrittore dai molteplici interessi. La ricerca di stilemi diversi lo hanno portato a occuparsi di simbolismo e temi vicini alla mistica esoterica, ma anche di narrativa e saggistica. Per i suoi studi incentrati sulla figura di Ernest Hemingway , Guerrera è stato definito dalla stessa Fernanda Pivano “uno dei massimi esperti italiani della figura dello scrittore americano”, tanto da essere l’unico italiano ammesso a partecipare al “Coloquio Internacional Ernest Hemingway dell’Avana”. Ma ha anche dedicato in tempi recenti una biografia romanzata al regista Pupi Avati e ben quattro libri all’amico Franco Battiato. L’ultimo lavoro si intitola “Franco Battiato. L’uomo dell’isola dei giardini” (Minerva, pp. 303, € 20) ed è un testo reso prezioso da numerosi contributi e arricchito dalla copertina di Andrea Martinelli, uno dei pittori più illustri del nostro tempo. Per Guerrera è ” sempre bello tornare a casa” dal momento che Guido vive in Toscana da diversi decenni: così è stato piacevole incontrarlo proprio nella nostra terra, la Sicilia, in una atmosfera perfetta per parlare di Battiato, di chi è stato e continua ad essere. Lei tratta tematiche vicine a quelle che ricorrono nei brani di Battiato. E’ stato questo il tramite della vostra conoscenza? «Dopo ‘Antoher Link’ che ho scritto sulle ‘ceneri’ di ‘Franco Battiato un sufi e la sua musica’ ne è arrivato un altro sulla interpretazione della simbologia dei testi. Quest’ultimo intende chiudere il cerchio attraverso una serie di testimonianze di persone che lo hanno conosciuto e gli sono state vicine tra collaboratori e, cosa che riguarda anche me, amici. Ci conoscemmo nel ’91, durante un suo concerto al teatro Verdi di Firenze. Allora scrivevo anche per il ‘Giornale dei Misteri’, autorevole testata diretta da Giulio Brunner, così chiesi a Enrico Maghenzani di poterlo intervistare. Diventammo amici e fu quasi spontaneo arrivare a scrivere il mio primo libro su Franco. Ad avvicinarci, un identico percorso spirituale e la curiosità d’indagare in tutte le direzioni del simbolo e della mistica. Un’amicizia protrattasi per trenta lunghi anni, che mi ha portato a scrivere spesso su di lui dedicandogli tante interviste, soprattutto per il Quotidiano Nazionale.»
Tante testimonianze di nomi vicini a Battiato. Si coglie uno stile diverso in questo nuovo libro: è una scelta antologica? «Non trovo che il libro sia antologico, per il semplice fatto che non mi occupo di musica dal punto di vista tecnico. È piuttosto frutto di un invito nei confronti di chi lo ha amato e conosciuto bene per molte ragioni a esprimere i sentimenti di affetto e stima che hanno connotato quel loro rapporto. Ringrazio tutte le persone che hanno contribuito a rendere bello questo omaggio con testimonianze di sincera spontaneità.» Cosa risponderebbe a un lettore curioso di saperne di più? «Che i libri non vanno spiegati, ma letti. Ho fatto un lavoro difficile stavolta, perché sentivo di dover fare i conti in qualche misura con il dolore che stavo provando. Eppure a mano a mano che procedevo con la scrittura sentivo dentro di me uno stato di pace, quasi di allegra leggerezza. E così ho scoperto che Franco mi era vicino con la sua ‘invisibile carezza’ ed era più vivo che mai.» Dunque, quest’ultimo in cosa differisce dai suoi precedenti volumi? «L’ho scritto come nel caso di ogni libro per soddisfare una mia precisa esigenza, ma stavolta mi ha fatto bene entrare in comunicazione ‘sottile’ con Franco perché in questo modo ho avvertito meno il distacco. Quindi in fondo è un’esperienza che si è rivelata assai positiva per me stesso. E’ fatale: i libri si scrivono per sé e poi si dedicano al pubblico, proprio come le canzoni.»