Da La Sicilia dell’8 novembre 2022
Il sentimento come un “Inganno”
Nel suo nuovo romanzo Veronica Tomassini con stile unico e raffinato racconta di una donna che lascia la Sicilia per un sogno, ritrovare una persona che aveva promesso di rivederla a Milano
Una delle meno vistose contraddizioni in tutta l’Opera di Veronica Tomassini è l’elemento passionale, non generato dall’accadimento del sentimentale, nonostante lo si è trovato in diversi suoi capolavori che hanno segnato una svolta alla letteratura totu-court. L’autrice residente in Sicilia, ma apolide del pensiero trafiggente, di identità umbro-abruzzesi, motiva questa componente come ingresso verso un conflitto con quella più rigorosamente tecnica, in senso filosofico e poetico, per la quale viene concepito una miscellanea lineare del superamento doloroso della fatica, grazie all’inesauribile sagacia del proprio lavorio intellettuale. A meno di confondere di proposito il piano sentimentale e quello intellettuale, nel nuovo romanzo, “L’inganno” (La nave di Teseo, pp. 194, € 20,00), questa appare come fluida, elegante, gentile e arrendevole contraddizione che, nel suo parossismo, determina la scelta ultima del ritrovare una persona che aveva promesso di rivedersi a Milano. Chi la cerca è una donna che parte dalla Sicilia, sovrapponendo indifferentemente i due piani, e lo diciamo con Cioran, anche perché è rivelante la nuova scrittura della Tomassini che ci fa cogliere sfumature del lirismo cioraniano. Concetti di disperazione, follia, avvento verso la malattia, tristezza e distruttività, che non solo si trovano disseminati ovunque tra il ricordo della donna ma che sono anche la sostanza del pensiero della scrittrice, o almeno così lo cogliamo, costituiscono strumenti di conoscenza, in quanto affezione della lungimiranza dell’essere e del mondo, della quale la Tomassini non può che accettare il ruolo indiscutibile di partum mater.
È una persona gentile e accogliente Veronica, una donna amorevolissima proprio perché spiazza per naturalità e onesta intellettuale, e forse sapersi fondatrice di uno stile potrebbe caricarla di una responsabilità che, stando al rivoluzionario “L’inganno”, invece non può che emozionarla per ciò che ha deciso di consegnare all’umano. Che cos’è dunque questo fattore che potremmo psichico? Non cercheremo una definizione del concetto di psichico, in quanto esso presuppone la triade tradizionalmente enunciata in Platone delle tre anime, o tendenze dell’anima: razionale, irascibile e concupiscibile, le quali costituiscono quelli che persino in San Paolo sono enunciati come Spiritus psyche (anima) e corpus. Queste rubricano dunque sul piano individuale dell’esistenza umana l’intelletto – che è universale o tendente all’ universale – , quindi all’io ai suoi appetiti o passioni, alle sue tendenze e ai suoi desideri. Orbene, posto questo assunto individualistico, è evidente che la protagonista aggrovigliandosi nel sentimento del vissuto, si ritrova spettro tra spettri, ma è proprio nel topos, ultimato il viaggio fisico che l’incontro con Erminia svelerà ciò che ha sempre intuito: dunque quel sostantivo/verbo che riporta al titolo che grazie alla lungimiranza di cui sopra, la Tomassini sbaraglia il troppo inutile marciume dedicato al consumo di carta, mettendo in riga e a tacere professionisti della critica becera, imbecilli dalla risata per i quattro dell’oca selvaggia, che poi versano liquame per altezze eretiche di partiture politiche rinnegate dopo che il verso del cambiamento li ha comperati. È Matrice unica e sola la Tomassini e lo conferma il rosicare di certa paccottiglia generata da rozze spergiuratrici della stampa; è la Migliore la Tomassini ed è tornata, facendolo senza dar adito al fetore che emettono certe fogne chiamate bocche, buone per i salottini dell’apparire.