Da La Sicilia del 26 agosto 2023
Il pessimismo cosmico di Landolfi
L’intervista. Arcangelo Mazzoleni ne “L’ala ferita ancola vola” compie un’immersione nella produzione poetica dello scrittore. «Il mondo minato da un Male originario»
Una vita sulla scia della poliedricità può definirsi quella di Arcangelo Mazzoleni, catanese trapiantato nella Urbe, che ha anche ricevuto l’onorificenza dal Ministero dei Beni Culturali con la Mostra dal titolo “Arcangelo Mazzoleni: Il mondo al fuoco dello sguardo. Film, Video, Foto, Disegni & Mixed Media su carta”, che rappresenta la sua ricerca artistica multidisciplinare, da lui ritenuta una “Opera” unica con diverse espressioni fra loro corrispondenti: fra poesia, saggistica, teatro, cinema e arte visiva. La sua ‘penna’ è di ricerca e ne “L’ala ferita ancora vola. L’opera poetica di Tommaso Landolfi” (Le Lettere 2023, pp. 237, € 19), studia e omaggia il più solitario, appartato, eccentrico dandy con la passione divorante per il gioco, virtuosistico prosatore italiano del ‘900 che nel 1975 con “A caso” vinse il Premio Strega. Dal primo Landolfi al successivo, Mazzoleni spiega che: «Il primo Landolfi – quello dei racconti del Dialogo dei massimi sistemi, 1937, de Il mar delle blatte, del romanzo La pietra lunare etc. – si esprime in una chiave fra il fantastico, il grottesco e un surrealismo personalmente rivisitato in chiave di magismo mediterraneo. Seguirà una fase in cui prevale il diarismo (“La Biere du Pecheur”, “Rien va”, “Des mois”), con la ricerca intima, introspettiva, una sorta di registrazione quotidiana delle oscillazioni del pensiero e delle intermittenze del cuore.
Dal diarismo alla poesia il passo fu breve, anche se occorre dire che la sua poesia riesce mirabilmente a coniugare il personale dato biografico con la trasfigurazione fantastica.» In questa sua opera su cosa punta? «Ho voluto valorizzare la terza fase della sua attività creativa, quasi interamente occupata dalla produzione poetica, finora poco considerata dalla critica e giudicarla non tanto una fase di estenuazione della creatività quanto un suo culmine e potenziamento, dove i temi e le forme espressive della narrativa sono ripresi ed esaltati nelle raccolte poetiche “Viola di morte” e “Il tradimento”.» Scrittura progressista e visione conservatrice… «E’ una contraddizione solo apparente: un vero artista si esprime compiutamente solo nell’opera. Non credo per questo molto nelle ricostruzioni biografiche degli scrittori che oggi vanno di moda, né nel parallelismo fra vita e opera: un autore vive interamente nella sua opera. Il suo animo era orientato su un Tempo infinitamente più lungo ed immanente di quello meramente cronologico.» Si ritrova nella gnosi intellettuale del nulla di Landolfi? «Il dio maligno e vendicativo ritratto da Landolfi in Viola di morte, la natura matrigna di Leopardi, la concezione del Mondo come intimamente minato, ab origine, dalla presenza di un Male originario: sono sicuramente tratti che riconducono i due succitati alla gnosi. Per quanto mi riguarda, posso dire che una gnosi non nichilista intesa come incessante ricerca interiore, praticata attraverso la conoscenza, l’introspezione e la creazione artistica e letteraria, caratterizza il mio atteggiamento intellettuale.» Landolfi fu emulato? «Landolfi non è emulabile. Tematiche riconducibili al mondo landolfiano le troviamo ne “La morte del sole” di Sgalambro, ma trovo più un’affinità con la ricerca filosofica di Cioran: culto del frammento, orientamento gnostico, visione apocalittica, cura estrema nella ricerca verbale. In realtà l’unico autore a cui possiamo accostare Landolfi è Leopardi a cui l’accomuna il pessimismo cosmico, la concezione del Male che intride e mina la radice della natura umana.»