Da La Sicilia del 14 aprile 2021
Goliarda: «Caro amico ti scrivo…»
L’inedito “Lettere e biglietti” dell’autrice catanese, a cura del marito Angelo Pellegrino svela il mondo passionale, forte, e al contempo delicato, di una donna straordinaria
Leggendo questo libro ci si rende conto del mondo meraviglioso del comunicare che aveva Goliarda Sapienza, una conferma di ciò che in tanti conoscono. Confesso che dell’illustre concittadina non avevo mai letto nulla, o quasi: sprazzi di alcune autobiografie, che non sono riuscito a ultimare. ‘Lettere e biglietti‘ (La nave di Teseo pagg. 432, € 17,00), è la prima opera che riesco a portare a compimento. Lieto d’aver iniziato da questo volume di inediti, il percorso della sua letteratura, partendo dalla prefazione di Angelo Pellegrino, per proseguire con ‘L’arte della gioia’, che lo stesso attore e scrittore palermitano, nonché marito della Sapienza, pubblicò a proprie spese prim’ancora del successo planetario del romanzo. Nella prefazione di cui prima, Pellegrino racconta della promessa fatta all’allora moglie di far pubblicare l’intero corpus dei suoi scritti, detto fatto: un vero gioiello letterario. Immergendosi nella lettura scopriamo il mondo forte e al contempo delicato e passionale di una donna straordinaria che dello stile, intriso di termini molto ricercati, risulta e permette una lettura elegante, scorrevole e che apre vortici nei meandri dei sentimenti, dell’audacia e dell’impegno nel riconoscere le proprie potenzialità, senza tralasciare nell’immediatezza quella necessità di porre la parola scritta magari il giorno stesso di un incontro al fine di chiarire quanto neppure una conversazione de visu potesse farle sperare. Goliarda “Sapienza scriveva lettere lunghissime […] credeva nella forza del documento scritto, e prima di inviarlo ne faceva una copia”, e questo inedito epistolare ne è prova concreta.
Quanto valore può avere la parola? Il verso, l’estemporaneità, se prima non viene comprovata nello scritto? Ci si accorgerà, anche a detta dello stesso Pellegrino, che Goliarda Sapienza ad esempio, detestava il telefono considerandolo uno strumento che alterava la vera comunicazione. Sussurre, Marconi, Tesla, ci perdoneranno, ma è così! Rivolgendo lo sguardo ad epoche precedenti, notiamo che comunicare con lo scritto, l’input che discende dalla mente per giungere all’arto permette di orpellare un pizzino, una missiva, una lettera, che rilancia l’emotività e la propedeuticità, che seppellisce il colloquio vis-à-vis: l’intimismo consegna al destinatario proporzioni enormi di atti sensibili dell’immediato. Questi vanno a scontrarsi contro la staticità della conversazione che rischia di bloccare il detto, vuoi che ci si trovi in imbarazzo, vuoi che ci troviamo innanzi a vermi da quattro centesimi che tronfiano boriosamente per chissà quale prosopopea di filiera familiare (per destabilizzare il merito), piazzano eredi, giovani, a dominare scene altezzose con lauree acquistate al mercato del nepotismo. Goliarda Sapienza fu sempre lineare, al contrario di una ipotesi appena descritta, e nonostante l’attraversamento di momenti di povertà totalitaria, così come si evince anche dal nuovo volume, emerge una dignità da far lezione a moltitudini di snobisti dell’inutile borghesia che scandagliano il loro fittizio perbenismo, smielando e ‘slinguettando’ orifizi perché protetti dai papà protettori: la loro è sempre una diagnosi, la più giusta, la migliore. Loro scendono a compromessi col marcio, Goliarda no, non lo fece! Ecco perché l’eredità lasciataci è degna candidata a un corso di formazione itinerante che sradicherebbe il bigottismo ‘marmagliante’ di certa feccia inquinata dalle patrie protettrici. Libro rivoluzionario e necessario per abbattere la codardia dei ‘puri'(?).