Da La Sicilia del 8 giugno 2022
Beatrice Monroy e quel vizio di mandare le donne al rogo
“Il posto della cenere” (Arkadia 2022) di Beatrice Monroy, è un potente registro che esordisce con potenziali leggende, ma che fonda la propria matrice su reali episodi che nelle epoche, specie in quelle medievali, hanno trovato riscontro, dando possibilità di studi antropologici che giungono in approfondimenti fino ai giorni nostri. È proprio l’ambientazione di un ritorno alla contemporaneità, tra l’Italia e la Francia, il dipanamento di un luogo dove una scrittrice, sceglie come agorà, per indagare sulle angoscianti e terribili, quanto veritiere violenze che subirono tante donne, che giungevano al culmine con la classica delle bruciature perché accusate di stregoneria. Uno stile ben assodato quello dell’autrice palermitana, che procede come un brano gotico classico in costante crescendo, per interrompersi in altri sviluppi che altro non sono che racconti, anzi storie dentro altre storie, che ricamano la straordinaria e intersecata ensamble di narrazione che l’autrice attua nella forma della partenza. È da
questa che la Monroy esordisce raccontando di una reliquia che trovansi in un monastero, tra verità e leggenda, spostando il tiro verso l’assolutizzare il rispetto per la figura, meglio dire il genere, femminile, storicamente oltraggiata. Sembra quasi che l’autrice nutra un forte desiderio di rivalsa e di giustizia verso chi ha spesso subito, per dare il giusto ritorno del parallelismo che ha l’obbligo di essere tale tra i generi. Sorprende anche la miscellanea tra verità, magia, arricchimento estatico e la voce fuori campo che narra: donna anche quest’ultima. Un esperimento ben riuscito quello di Beatrice Monroy, che non ha da duellare con alcuna altra scrittura, altro stile, dato che l’intreccio che ha sviluppato è una novità meravigliosamente, ad oggi, unica.