Da La Sicilia del 1° novembre 2022
Andrea Costa tra Catania e Vienna
lancia la sfida all’antisociale
Cosa succede nel momento in cui ti giunge una telefonata, nel 90% dei casi arriva sempre nel cuore della notte, che ti annuncia la dipartita di un genitore? Stai male, qualunque sia la reazione che tu possa avere, ma stai male. Questo succede a Franz, protagonista con diverse sfaccettature del bel romanzo di Andrea Costa “Almost cut my hair” (Another Coffee Stories, pp. 360, € 15,99). Romanzo in pieno stile formativo con l’illusione di insert psicologici del rapporto padre/figlio, padre/mondo che il figlio non conosce se non quando il padre muore. La trama svela due città: Catania e Vienna. Svela al compagna, che non è la madre di Franz, del padre e rimanda ad uno stato allucinatorio transitorio che potremmo ritrovare nel cluster C dei disturbi di personalità alla voce “antisociale”. Ma fino a che punto la vita di Gaetano, questo il nome del padre di Franz, è antisociale? Nel luogo comune della parola, ben articolata e elaborata dall’autore per tutta a stesura del romanzo, tanto da non affaticarti mai, l’antisocialità sarebbe una chiusura tout court con relativo evitamento di ambienti e persone, ma così non è per il papà di Franz, che nonostante tutto, se ci si racchiude nella gabbia dello schematismo nosografico della non scienza del comportamento, di movimenti e disastri ne ha commessi molti, con la conseguenza che a Franz rimane da elaborare un lutto che non rilascia nemmeno il tempo di farlo: perché? Perché nella società occidentale assolvere e adempiere alla risoluzione delle minchiate dei padri, che siano più o meno coerenti con una linea adatta alle normative di provenienza, spetta sempre ai malcapitati: i nati, per un atto di egoismo di un qualunque disturbato che non viene riconosciuto tale perché agli occhi del sociale appare come persona integra e perbene.