Da La Sicilia del 21 marzo 2021
Alla ricerca di un centro di gravità
Il romanzo. ‘Disordini’ di Michele Ainis, candidato allo Strega è una sperimentazione psicosociale, che nel quotidiano è presente, negando così la medesima sperimentazione
Immergersi nella lettura del candidato al Premio Strega 2021, “Disordini” (La Nave di Teseo 2021, pp. 158, € 17) di Michele Ainis, la sensazione di primo impatto è quella di una narrazione irreale e distopica. Frattanto che scorrono le righe ci si interroga, però, dove ci sta portando l’autore se non in una sperimentazione psicosociale che nel quotidiano è presente, negando così la medesima sperimentazione. Oscar, il protagonista, è professore di Giurisprudenza. Una mattina come tante, al risveglio, si specchia, scoprendo di avere un altro volto. Facendo mente locale pensa di essere ancora a letto dormiente e sognante. Ma il trillo alla porta del campanello, lo riporta alla verità di qualche ora prima: la realtà è lì, palesata, quel volto che non riconosce è la sua maschera. Avviatosi al lavoro, scopre che colleghi e studenti non lo riconoscono. Rientrato a casa si rispecchia chiedendosi se la malattia che cambia i connotati corporei, l’asomatognosia, l’abbia colpito. Certo lo sgomento insorge, ma anche l’idea di reinventarsi una vita lo sfiora, prima però decide di raggiungere la località dove da ragazzo andava in vacanza. Apoteosi della stilistica e certezza distopica! Recatosi in un albergo che conosceva, scopre che i gestori di un tempo, avevano un altro aspetto, ma anche un’ex fidanzata e persone varie erano affette dallo stesso problema. Il volto di tantissimi non era quello di sempre. Nuove realtà insorgono dove tutti non riescono più a poter affermare la propria identità e chi furono. Facendo riflettere e dando voce a Oscar, Michele Ainis, si chiede se ciò che è accaduto a molti, metamorfosi in viso, sia la causa di aver portato un po’ tutti a non sapere quale fosse la propria reale identità.
Questo romanzo tanto immaginario quanto reale, non vuole significar altro che dirci quanto siamo vulnerabili nel tempo e nella società in cui viviamo, tracciando quotidianamente i nostri cambiamenti a seconda delle condizioni di vita in cui versiamo, con regole che condizionano la nostra esistenza dando modo anche a cambiamenti caratteriali, che però non sprofondano nell’intimo recesso dell’animo: quasi un’asetticità dell’accettazione di quel vuoto del quale siamo incapaci di colmare. L’autore indica così quanto è strana la realtà che ci sollecita ai vari cambiamenti, pur d’adattarci, e lo fa con una profondità di domande tipiche del filosofo: chi siamo, chi potremmo essere? Chi crediamo di essere ogni giorno del nostro cammino che ci spinge a mutazioni assurde? È sicuro che in questa bella opera, l’uomo può rivivere le proprie debolezze attraverso crisi di identità che lo spingono a riconoscersi in altri, che a seconda del momento, dell’immediato, si sporge oltre sino a giungere ad una crisi anche dell’individualità. L’opera è forte e potentissima, e per i contenuti e per lo spaccato psicosociale; ma non allertiamoci: il lettore rimane appagato perché stimolato dal ricevere risposte esistenziali, tant’è che Michele Ainis non trascura di raccontarci una gradevole storia con personaggi che rivelano attraverso il paradossale annullamento dell’individualità l’esaltazione del collettivo, ma quest’ultimo, in un’ottica del tutto nuova e originale, dispiegando in cambiamenti e trasformazioni collettive, che avvengono soltanto in alcune zone, topografiche e del pensiero, dove consapevolmente ci mostriamo in veste d’altri: che siano persone, che siano ideali all’occorrenza, senza mantenere un’etica della ricerca ma adeguandoci come fossimo robot.