Da La Sicilia del 25 settembre 2021

«Abbiate idee e difendetele»

Il messaggio. Marco Iacona, etneo emigrato per scelta, parla del suo libro appena pubblicato “Contro i giusnaturalismo moderno. Evola, lo Stato, gli uomini, le rovine”

È tornato alle soglie del premio che ritirerà l’editore Algra, che in tempi non sospetti avevano stretto un patto affidandogli una collana di grande valore dal nome ‘Interim’. Lui è Marco Iacona etneo che da anni per scelta ha deciso di vivere lontano dalla città che forse ricalca il classico ‘nemo propheta acceptus est in patria sua’. Sembra che la storia la farebbero i vincitori e a questa affermazione durante una gradevole chiacchierata l’autore dell’appena pubblicato ‘Contro il giusnaturalismo moderno. Evola, Lo Stato, gli uomini, le rovine‘ (Algra, pp. 83, € 7) ha incalzato così: «A parte quattro cattedre universitarie e due smorfiette moraliste che provocherebbero la nausea allo stesso Pasolini, cosa avrebbero vinto? Di cosa si sarebbero resi protagonisti? Il capitale è ancora lì, direi per fortuna a questo punto». Quanto a Catania? «Non amo il sud. Catania, oggi peraltro mal amministrata. La destra fa quel che può, promette ma non può mantenere, eppure ha un patrimonio culturale immenso, incredibile». Nel tuo nuovo studio, riprendi Evola, del quale sei il maggior studioso italiano come mai? «Evola ha sbagliato poche mosse, o lo si accetta per quel che è, o si cade nell’isteria. Quell’aspetto che mi affascina, anche indirettamente, è appunto l’isteria di chi pensa che, il barone o falso barone, ma tant’è, sia stato un pericolosissimo estremista. La politica è ossimoricamente relativismo assoluto: sei estremista se nella tua epoca hai ragione di credere che quel dato “epistemico” lo sia, estremista. Altrimenti i punti di riferimento ideali cambiano.

A volte Evola sembra un vecchio signore, conservatore che ama sbraitare contro le donne, il governo e il cattivo tempo. Perfino leghisti, sardine, pentastellati e fascistelli “in calore” possono apparire più estremisti. Dipende». Cioè, quasi una negata distinzione tra le ideologie? «Certo, quante ne vuoi: anche quella della Tradizione lo è, per Hobsbawm. Oggi poi si è immersi, tutti in più acquitrini ideologici. Ne indicherò due, e sempre Evola mi ha aiutato a capire. Il cancro femminista che ha distrutto la donna, l’uomo si è distrutto completamente da sé, nel Novecento. Il cancro comunista, imbattibile e che oggi – se si interpreta al di là di una visione ciclica – è solo un “potere”, fastidioso e sciocco».Femminismo, comunismo, fascismo: Iacona contro tutto. Ma non riconosce le battaglie femministe per l’egualità?«Certamente sì. Purtuttavia la questione fondamentale dei diritti (del particolare), si scontra con quella della civiltà in senso lato. Chi si è occupato di morfologia della storia sa bene a cosa mi riferisco. Anche chi accusa la società di essere “dirittista” può capire. Un regime è esso stesso ciò che è. Se prescindiamo dalla visione illuminista accostando la libertà, le libertà, al gioco del dare e avere, qui e subito (e non in altre epoche o civiltà), ci rendiamo conto che qualcosa non funziona. Sarà senz’altro l’intervallo di tempo che intercorre tra la civiltà moderna e il suo superamento in senso progressista. Progresso secondo le direttive Sette-Ottocentesche, naturalmente». Quale messaggio si può lasciare per invogliare a questo tuo nuovo gioiello?«Abbiate idee, difendetele abbattendo barriere. Non arrendetevi al male, prima però sappiatelo riconoscere. Missione quasi impossibile, oramai». Una provocazione? Un approfondimento? Non lo sappiamo, ma certo è che Marco Iacona è schietto e onesto. Non le manda a dire qualunque sia il colore culturale, politico e sociale.