C’era una volta un maestro di lotta che conosceva 360 finte e mosse.
Il maestro aveva particolarmente preso a benvolere uno dei suoi allievi al quale, nel corso del tempo, ne insegnò 359. Tuttavia, nonostante le insistenze del discepolo, rifiutò sempre di insegnargli la trecentosessantesima mossa. I mesi e gli anni passarono e il giovane divenne tanto bravo nell’arte della lotta da superare chiunque osasse sfidarlo. Un giorno si vantò pubblicamente di essere così bravo da poter battere persino il suo maestro, se non fosse stato per il rispetto dell’età e per la gratitudine che provava per quello che gli aveva insegnato.
Il Sultano, venuto a conoscenza della cosa, si indignò tanto che ordinò fosse organizzato un incontro al cospetto dell’intera corte. Al suono del gong il giovane, urlando, si buttò con foga contro il maestro…
per trovarsi di fronte alla trecentosessantesima mossa, quella che non conosceva.
Fu scagliato a terra dal vecchio maestro e tutti applaudirono fragorosamente. Quando il Sultano chiese al maestro come era riuscito a battere un avversario così forte, il maestro confessò che aveva tenuto per sé una tecnica segreta, giusto per i casi di emergenza, facendo tesoro di quanto gli aveva detto, anni addietro, il suo maestro di tiro con l’arco, che aveva la brutta abitudine di insegnare tutto quello che sapeva:
“Non c’è nessuno di quelli a cui ho insegnato a tirare con l’arco,” si lamentava il povero diavolo “che non abbia, prima o poi, tentato di usarmi come bersaglio.”
Considerazioni personali:
Gran brutta cosa l’ingratitudine…
L’ho conosciuta diverse volte nel corso della mia vita;
personalmente ho sempre donato da ogni punto di vista e sempre in maniera incondizionata.
Non mi sono mai aspettato nulla in cambio…ma non mi sono mai aspettato neppure l’ingratitudine.
E qui ho sbagliato, perché essa, puntuale, ha bussato alla porta della mia vita vestendo sembianze umane…proprio come nella vita dei due Maestri della storiella.
Il dizionario della lingua italiana recita così:
“Ingratitudine: L’essere ingrato, irriconoscente di un beneficio ricevuto”
“Ingrato: Che è privo di gratitudine, irriconoscente dei benefici ricevuti”
“Gratitudine: Sentimento di riconoscenza verso la persona da cui si è ricevuto un bene”
Eh…il dizionario italiano è molto chiaro.
Il Maestro D. K. disse un giorno:
“Lavoriamo non per la gioia, ma verso di essa; non per ottenere una ricompensa, ma per una necessità interiore di aiutare; non per ricevere gratitudine, ma sotto l’impulso suscitato dall’aver percepito la Visione e realizzato quale sia la parte che ci spetta per portare quella Visione sulla Terra.”
Amici, mai parole furono più vere.
Essendo io un essere umano che, oltre a manifestare un Anima, devo far i conti anche con la personalità, in un primo momento ci sono rimasto male.
Non mi è mai interessato ricevere gratitudine, ma non desideravo altresì ricevere ingratitudine.
Ma tant’è!
“Ad ognuno il suo” mi diceva sempre un mio vecchio Maestro.
Mi rende sereno però una certezza/consapevolezza:
da qualche parte esiste un Oste che alla fine traccia il “conto”. Egli possiede due enormi Libri: quello dei debitori e quello dei creditori. Entrambi vanno pareggiati, in un modo o in un altro.
Ed io, in confidenza, preferisco sempre trovare il mio nome nel Libro dei creditori.
Per quanto riguarda gli ingrati…beh è un problema loro, alla fine nella vita tutto torna ed i conti si pareggiano sempre.
Un abbraccio di Luce e Pace
buon fine settimana per tutti
con Amore Francesco
das Atmananda (G.B.)