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SMF per La Sicilia – «Racconto i vizi del genere umano» – Intervista a Vladimir Di Prima su “Il buio delle tre” Arkadia

1 Dicembre 2023 - Articoli di S.M. Fazio, DIGRESSIONI, ESCLUSIVA!, Interviste
SMF per La Sicilia – «Racconto i vizi del genere umano» – Intervista a Vladimir Di Prima su “Il buio delle tre” Arkadia

Da La Sicilia del 01 dicembre 2023

«Racconto i vizi del genere umano»

L’anteprima. Il nuovo romanzo di Vladimir Di Prima, “Il buio delle tre”, è una forte denuncia in chiave ironica del mondo editoriale. «Si guarda al profitto e non alla qualità letteraria»

L’atteso ritorno di Vladimir Di Prima al romanzo spacca la forma ponendosi, di diritto, fra i protagonisti della stagione letteraria del 2024. Coraggioso e irriverente, denuncia, in chiave ironica, le meschinità editoriali e la decadenza culturale del Paese nell’ultimo trentennio. Da oggi in poi ogni aspirante scrittore tenga sul comodino “Il buio delle tre” (Arkadia, pp. 228, € 16) come monito alle proprie aspirazioni e testimonianza di quanto sia complesso e aberrante il mondo delle patrie lettere. Raggiunto nella sua Zafferana Etnea, l’autore e regista si è reso disponibile per indagare questa scelta. Potente romanzo di denuncia: cosa l’ha indotta? «L’idea nasce dal fatto di voler essere portavoce di un disagio diffuso, quello di molti aspiranti scrittori che si trovano ad affrontare inenarrabili peripezie pur di intercettare un editore disposto a pubblicarli. L’industria editoriale, nel tempo, è radicalmente cambiata. Si guarda alla logica del profitto più che alla qualità letteraria del testo. Lo scrittore vale molto meno del personaggio che interpreta; così, rispetto a un talento appartato, è molto più semplice per un calciatore, una velina o uno Youtuber pubblicare un libro. Il romanzo l’ho scritto durante la pandemia; avendo molto tempo a disposizione per ragioni di forza maggiore, non mi sono posto limiti.»

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A cosa rimanda il titolo? «Rimanda, com’è facilmente intuibile, a una precisa ora della notte e ha una doppia valenza: la prima basata sul ritmo circadiano – le tre infatti rappresentano l’orario in cui la temperatura corporea comincia a scendere al minimo e dunque è più facile morire – la seconda su un aspetto metaforico e, se vogliamo, romantico: le tre infatti rappresentano quel momento nel quale l’ultima luce del tramonto è ormai lontana e il buio è così intenso da far temere che non ci sarà mai più un’alba.» Nel suo romanzo ci sono parecchi riferimenti storici: dalla strage di Bologna a Gorbaciov al crollo delle torri gemelle: perché li ha raccontati associandoli al protagonista? «Perché penso che la nostra esistenza proceda su due rette parallele che, a volte, finiscono per incontrarsi contravvenendo al postulato di Euclide. Così succede per il padre di Pinuccio, il protagonista, coinvolto nella strage di Bologna del 2 agosto 1980. Anche in questo romanzo presenti una qualità di scrittura di altissimo livello con uno stile oramai riconoscibilissimo e consolidato. I personaggi sono tutti tracciati in maniera molto raffinata, sembra quasi che tu li conosca personalmente.» Da dove nascono? «Certamente dall’osservazione costante e giornaliera di tutti i vizi e i difetti del genere umano. Sono particolarmente affascinato dalla diversità, dalle asimmetrie e soprattutto, dalle vite dei più deboli, dei perdenti, di quelli che non ce l’hanno fatta. C’è molta più umanità in loro che nelle tavole imbandite di buoni propositi (e basta) della cosiddetta “bella gente”.» Recentemente ha girato un documentario scegliendo come protagonisti volti noti quali Marino Bartoletti e Giuseppe Lo Piccolo: cosa le dà la scrittura rispetto al Cinema e cosa quest’ultimo restituisce? «La scrittura mi dà quel senso di libertà, non fosse altro perché nella costruzione di una storia non ci sono limiti cosa invece di cui il Cinema è pieno, basti pensare agli enormi ostacoli che si hanno con le piccole produzioni; ecco, però, sono proprio quelle restrizioni, quel non poter fare come si vorrebbe – quei limiti, appunto – che sviluppano la creatività.»

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