“Vengono vanno un giorno dopo un giorno […]”, così cantava G.L. Ferretti alla prima della presentazione del film ‘Tutti giù per terra’ di Davide Ferrario. L’inadeguatezza di un giovane, interpretato da un palingenesico Valerio Mastandrea, spostatosi con la famiglia dalla Urbe alla periferia torinese, dove il grigio non è quello che si pensa e si è sempre detto del cielo (Torino è tutt’altro che grigia) intriso di smog di fabbriche, ma quello che si porta dentro. Da qualche parte qualcuno ha scritto che non è il cielo sopra la nostra testa che dobbiamo cambiare bensì quello dentro la nostra testa. I tentativi di adeguarsi ad ogni speranzoso cambio sortiscono momenti sideralalmente distanti al godimento dell’eeser-ci. Ne “il concetto di tempo” M. Heidegeer asseriva che la “scansione” di due termini poteva creare il raggiungimento alto di una sola conditio sine qua non per il vivere in quello scorrere naturale, ma anche aberrante, che è il tempo. Il tempo vissuto nel ronzio di un russare di una semplice e simpatica cagnolina che a differenza del patologico insonne qui scrivente si accontenta di quella vita cadenzata rappresentazione di corsa, divano, cibo e allegria. Perchè il cane nonostante dorma è sempre vigile? Perchè il suo non è una patologia di disturbo del sonno? Perchè nonostante il suo fegato ingrassi a dismisura per tutte le vivande che mangia disordinatamente, la sua forma estetica rimane straordinariamente meravigliosa? Vita da cani, si dice. Eppure la vita da cani i cani la fanno. Desolati nelle aiuole di una qualunque catanese rotonda topografica, li vedi soffrire per la sete, o stanchi dopo corse e disperate ricerche di cibo. Un tempo non molto lontano, una vigliaccata fu fatta da un essere, dicesi, più intelligente. Ignorante e volgare. Non trattavasi di un cane, ma sempre di un animale domestico. Gatta, che partorisce gatti che spariscono alla vista. In fattezza ignorante la sciatta mano, preleva i mici per depositarli in bidone della mondezza. La madre gatta, piange, non dorme, muore. Non mangia e quando altri le si avvicinano, lei piange. Giorni dopo la si trova morta. In un angolo del terrazzo. La troia che le ha tolto i figli oggi è gratificata da una intensa attività di squilibrio dove non dorme, non vive bene e delira costantemente. L’opera ha da concludersi… forte crisi e perdita del proprio lavoro. Fine del godimento per i figli, umani bastardi, che non usufruiscano più del mal giadagnato. E la buona sorte del disconnesso che prende i sofferenti. Presto andrò via, Dio consegna ad ognuno un ruolo… Magari mi tocca pentirmi per l’anatema lanciato, magari. Poi mi avvio a tener testa ai prepotenti e agli ignoranti con l’accettazione del timbrato badge che mi riconsegni alla vita. Mi scuserà chi crede o meno, ma il percorso è quello di Dio.
Salvatore Massimo Fazio