Nell’anno del Signore 2004 con il collega psichiatra Giovanni Sollima, affrontiamo un progetto, da bravi profani, di scrittura. Il mattino/pomeriggio siamo in clinica a lavorare, alla sera ci si vede costantemente (scoprendo tra l’altro che si abita a meno di 130 metri l’un dall’altro). Gli incontri iniziano sempre parlando di calcio, “il Catania ce la farà ad andare in serie A?”, il Milan o la Roma che si battagliano le prime posizioni di quegl’anni. La juve, che va scritta rigorosamente in minuscolo, mai citata. Non merita. Una squadra che rappresenta la scempiaggine del crollo economico e comportamentale italiano nello sport. Parliamo tanto di psichiatria e pedagogia. Come intervenire, con nuove attività per creare progetti nuovi per le persone con disagi psichici. “L’arte li può aiutare e salvare”, “Assolutamente!”. Così improvvisamente Giovanni scrive su un bigliettino da visita di un nostro collega e me lo passa: “continualo Massimo”.
Giorni dopo ci scambiamo le mail su mia richiesta e invio una decina di pagine in formato digitale. Giovanni risponderà. Pochi mesi e il libello è pronto. Cerchiamo editori che lo pubblichino. Diverse le risposte negative. Troviamo nella c.u.e.c.m. rappresentata per decenni dallo scomparso Nicola Torre,
poi rappresentata da Carmelo Poratti (a tutt’oggi), una timido accoglienza. Il 6 aprile del 2005 “L’abero di Farafi o della sofferenza – I dialoghi di Liotrela” è ufficialmente uscito. A meno di due settimane il libro viene ritirato. Ci viene comunicata la censura. Discuto con Giovanni: “ma la censura non esiste più”… e ci raccordiamo per fare un giro nelle librerie catanesi. Da alcune parti ancora il libro è presente. Nel giorno del ricordo delle foibe, il 25 aprile 2005, passeggiando per Via san Giuliano vedo che il caffè letterario Tertulia è aperto. Entro. Scrollo con lo sguardo le varie librerie a scorrimento, cercando il libro. Si avvicina un giovane, coetaneo. “Posso aiutarla?”. Quando mi propongono aiuto, mi infastidisco. Mi sento pressato. Stavolta però mi giova l’aiuto. “Starei cercando un libro di due autori locali edito da cuecm…”, lui irrompe: “Farafi…? Sollima e Fazio”. Replico: “Esatto”. Il giovane libraio mi invita a seguirlo, non più di 1 metro, fa scivolare una libreria e mi si consegna agli occhi una piccola piletta con 6 copie. Chiedo di che trattasi. Lui espone (lo conosce a memoria) e insorgo: “insomma, una cagata”. Il libraio mi guarda qualche secondo e replica: “Posso permettermi di dirle che si sta sbagliando? Guardi, non ho interesse alcuno, né di pensiero né di costi… appena 5 €, ma una scoperta e un forte coraggio di questi autori che non conosco”. Prendo una copia e pago. Saluto. Salgo il gradino d’uscita, torno indietro cerco lo sguardo del libraio, mi avvicino. “Come si chiama lei?”, “Enzo. Cannizzo. Ne ho vendute tante copie di questo libro. Torni e poi mi dirà”. “Non mancherò”. La dialettica e l’educazione letteraria di Enzo Cannizzo sono immense. Mi chiedo che cazzo scrivo a fare io che errori ne faccio a tempesta anche quando parlo. Rasento quasi la confusione tra congiuntivo e condizionale.
Lavoro e studio mi portano fuori Catania. nel 2009 esco in libreria con altro libro. Mi chiedo se tornando a Catania di volta in volta, riesco a incontrare Enzo Cannizzo. Frattanto il caffè letterario Tertulia chiude, lo saprò solo dopo la sua chiusura. Frattanto giunge il 17 dicembre 2011 e con un libro che ricorda un lungo periodo di una mia patologia, l’insonnia, esce a distribuzione nazionale e con la benedizione di Manlio Sgalambro “Insonnie. Filosofiche, poetiche, aforistiche”. Un boom e sette edizioni, ci tengo a sottolinearlo, non ristampe ma edizioni. Penso e ricordo sempre le parole del libraio Enzo Cannizzo. Ma non so dove trovarlo. Il vivere da apolide mi ha incastrato in una situazione di chiusura quando rientro a Catania. Me ne sto a casa per poi ripartire, oppure quando non voglio essere cercato da quei pochi amici che non mi telefonano ma sono di passaggio dalle parti di casa mia e citofonano, mi eclisso in casa dei miei genitori, che nessuno sa dove trovasi. Un giorno di aprile del 2013, sentito Andrea Pennisi mi propone una presentazione/scontro/incontro nel suo locale con un altro autore autoctono che come me vive da viandante. Si può fare. Il 18 aprile 2013 con la moderazione del tuttologo Emiliano Cinquerrui e un buon pubblico presso il Pulp di Andrea Pennisi battaglio a colpi luciferini di cinico vetriolo con Francesco Cusa che si presentava in veste di autore con Novelle Crudeli (il libello uscito nel 2011). L’incontro avrà come titolo “Cusa vs Fazio. Il cinismo tra crudeltà e insonnie”. Ho la peggio che invertita diventa la meglio per ambedue. Chi è più cinico? Nessuno o ambedue. Nel palchetto si crea una sorta di complicità tra me e Cusa. A fine incontro si potrebbe dire che è stato un Cusa e Fazio vs tutti. Andrea Pennisi ci ringrazia. Si è divertito tantissimo. Ci invita a cenara. Emiliano, che è stato superlativo nel moderare non rimane ed esclama: “Devo raggiungere mia moglie a Città Vecchia dal buon Cannizzo”. Torna finalmente il cognome. Gli chiedo il nome di questo Cannizzo. E’ lui: Enzo Cannizzo.
Giorni dopo, martello Emiliano di telefonate, chiedendogli di andare assieme a Città Vecchia. Ho i brividi. Non voglio andare da solo. Mi imbarazzo. “Se non mi riconosce? Mi prende per il culo?”. Nuovamente ricade il 25 aprile, ma non è data possibile di incontro. Il 27 aprile del 2013 con Emiliano ci si da appuntamento in via Umberto per recarci a Città Vecchia. Ci sono diversi clienti seduti ai tavoli che sorseggiano bevande e parlano, sento per lo più di politica. Me ne fotto della politica. A me, dopo anni di militanza in giro per lo stivale e tante tessere di rifondazione comunista, è venuta la passione per J. Evola. Mi scoraggia parlare di politica. In Italia due sono gli argomenti da giullari, la politica e il calcio. Godo di più a parlare di calcio. Esce dal bar verso il dehor per servire dei clienti un più tondo Enzo Cannizzo che saluta Emiliano. Ha due calici di vino in mano, prosegue verso il tavolo dove i clienti hanno richiesto. Si ferma un attimo, mi guarda, guarda Emiliano, accenna un sorriso. “Un attimo e sono da voi”. Emiliano mi invita a sederci. Enzo viene, io mi alzo imbarazzato, con tremolio della voce e mi (ri)presento. Enzo è divertente subito, dopo un attimo a capire chi sono: “Ma poi l’autostrada sotto l’albero dove Farafi strimpellava la sua chitarra è stata ultimata?”. “Minchia! Mi ha riconosciuto”. Si siede con noi. E’ l’incontro ufficiale dopo 8 anni. L’ho cercato disperatamente. Ad ogni mio piccolo successo letterario, mi chiedevo sempre dove poterlo trovare. Certo io a Catania, ogni volta che rientro non esco. Alla prima uscita vi è stato quid di incontro quel 18 aprile. Parliamo tanto quella sera. Enzo racconta di quel libro ad Emiliano. Concludiamo la notte promettendoci di rivederci e anche di fare qualcosa di ludico nel suo locale. Enzo è il libraio più noto della Sicilia. Adesso è il barista più noto di Catania. Ci vedremo quasi ogni giorno, tranne i mesi che sono fuori Catania. E’ il mio ufficio Città Vecchia, come l’era il Cafè de la paix per Guenon. Nel 2014 Emiliano, Enzo ed io esordiamo con una rassegna che vuole essere goliardica, nonostante gli astanti siano serissimi. Invitiamo 15 scrittori, 9 guest che definiremo oracoli, 9 pittori, 1 musicista e partoriamo la rassegna “Livori in corso”. Ci divertiremo tantissimo. Oggi è il 25 aprile 2015 e festeggio i 10 anni di amicizia con Enzo, col quale non ci si è più lasciati. Ogni cosa, che non debba riguardare necessariamente la letteratura, diventa una telefonata o una confidenza o ancor meglio una confessione che io faccio ad Enzo. Comunichiamo di tutto. Molte volte Enzo fa battute che io (e Bruno Sirianni) non comprendiamo e rimaniamo un incapaci alla risposta di risata, quando tutti intorno ridono e commentano. Per me è sicuramente lacuna di ciò che dice Enzo. E ancora si va avanti. Tra amori, liquori e prossimi Livori…. a Città Vecchia.
Salvatore Massimo Fazio