Da La Sicilia del 1° agosto 2022
Asti, i repubblichini e il Messico
Il romanzo di Gian Marco Griffi. Le storie parallele di Cesco Magetti, il protagonista versante padano, e di Gustavo Baz, che vive una situazione similare, ma non uguale
Quando tra le mani ho avuto la nuova fatica letteraria di Gian Marco Griffi, mi sono commosso. Ho una predilezione per i romanzi (perché lo è, ed è il primo) voluminosi, non che io ami descrizioni inutili di pettegolezzi o di drappeggi, mi va di chiamarli così, vari, piuttosto godo nel non finire mai. Un caso, una parola di troppo! Questo “Ferrovie del Messico” (Laurana, pp. 826, € 22) è panacea per antonomasia. Non so dire se me lo aspettavo, perché il Griffi lo intervistai anni fa sulla raccolta pubblicata per Arkadia dal titolo “Inciampi” e lo scegliemmo anche per una diretta on line nel gruppo facebook del blog etneo, “Quelli che… letto, riletto, recensito!”. Ci divertimmo tantissimo e lui fece divertire noi già dalla data scelta: il 2 novembre (2020, n.d.a.). Eravamo in piena pandemia e tutto veniva proposto, certo una piccina cernita era il minimo produrla. Ma torniamo a oggi: Griffi è nel firmamento, più della prima e della seconda opera. “Ferrovie del Messico” è un libro scorrevolissimo anche quando, parafrasando titoli che richiamano Marco Pantani e le sue leggendarie salite, ci si trova in ‘zone’ tortuose e in salita: scorre! L’autore piemontese non ha perso lo smalto della creatività della fiction e del divertimento sarcastico, emozione che scatena, quest’ultimo, in ogni lettore: chi lo nega sta dileggiando. Astigiano del ’76 Griffi apre il romanzo, e orbita in alta percentuale, proprio ad Asti in un anno storico per antonomasia: il 1943, e subito Cesco Magetti, il protagonista versante padano, appare nelle vesti di guardia nazionale della Repubblica: ma quale? La RSI! Frattanto dall’altra parte del mondo, in Messico, altro personaggio vive la medesima condizione. Cosa cambia? Che per Cesco non c’è Ferrovia, in Messico invece c’è. Ma non si dimentichi il focus centrale di tutto il romanzo, tale Bardolf Graf, amministrativo di Orpo. La liaison è sempre la ferrovia, tant’è che il Magetti riceve istanza dai tedeschi di elaborare su carta le linee ferroviarie del Messico. Subentrano personaggi reali, Hitler e compagna, per approdare allo stile (che è sempre tutto!) del bravissimo scrittore che con molta ironia, riesce a farsi beffa di tutto ciò che era (continua, almeno dalle nostre parti) l’impostazione e la scelta di regimi totalitaristicamente dittatoriali dove per via di errori e ignoranza, si è arrivati ai giorni nostri. Torniamo allo stile.
Linguaggio, esperimenti della parola usata e osata, il dialetto di pertinenza delle terre dove è nato l’autore, che reagisce all’imbonitura di certi sistemi che hanno fatto la Storia e che ad oggi riportiamo nei nostri meandri di malessere dell’essere governati o ancora, salti che permettono di non perdere la linearità della narrazione (può pure accadere che ci si stanchi innanzi ad un volume che sembra un Vangelo), voli pindarici, estro della terminologia e contenuti che rappresentano una sola assoluta chiusura: preferiamo il Griffi narratore e romanziere che quello narratore di racconti, perché è nel primo caso che ho letto un libro potentissimo come non accadeva da troppi anni. Congratulazioni a Gian Marco Griffi, autore tout-court, meritevole del successo che questo romanzo sta riscontrando. Pubblicato a fine maggio nella collana ‘fremen’, curata da ‘quello’ che a ragion veduta è considerato il miglior talent scout letterario italiano ancora vivente, Giulio Mozzi è stato presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino e vanta la postfazione di Marco Drago.