Da La Sicilia del 19 settembre 2021
Permunian in lotta con i paradossi
Di lui i siciliani Salvatore Silvano Nigro e Andrea Camilleri hanno detto in passato che la scrittura è elegante e che lo stesso va alla ricerca di incubi come altri non riescono
Nell’immaginario collettivo dopo averlo completato ed esserne rimasti trafitti, la copertina, dove compare l’autori- tratto di Otto Dix del 1912, richiamerebbe all’idea di Francesco Permunian. Si parla di “Giorni di collera e di annientamento” (pp. 176, € 15,90) uscito il 16 settembre per Ponte alle grazie. Di Permunian i siciliani Salvatore Silvano Nigro e Andrea Camilleri hanno detto che la scrittura è elegante e che lo stesso va alla ricer- ca di incubi come altri non riescono. Non sbagliano! Nel nuovo romanzo il protagonista Don Fifì (al secolo il dott. Lunfardo) si incrocia forse con lo stesso Permunian, ma non ne siamo certi. Ha vinto il maggiore premio italiano in materia di letteratura: lo Strega. Dovrebbe aver dato notorietà, e l’ha data, ma gli ha anche distrutto la vita. Ecco i paradossi e le ‘linee’ di farsa che rappresentano con veemenza la catastrofe ontologica attuale, con radici solide almeno dell’ultimo cinquantennio. Permunian incontra, perché decide di crearli, spettri di passione per oggetti (bambole di gomma) che in molti dei personaggi narrati decidono di avere come compagna o come collaboratrice. Si evince la decadenza del possesso: domino se l’altro tace, non obietta, non parla, siamo nella dittatura pura. E quanto a dittatura non può mancare la simpatica camerata Patrizia, che il Lunfardo accompagna per far veglia alla tomba di Mussolini. I tempi sono gli attuali tanto che tra molti miliziani a Predappio si scorgono ex punkettoni oggi fascisti devoti al duce con la passione per Giovanni Lindo Ferretti! Ma non sono pochi i camei, c’è lo stesso Nigro, prima citato e altri ancora. Forse un omaggio che il Permuian ha voluto rendere ad alcuni personaggi? Certo è che piuttosto che omaggio, la storia ruota attorno ad un colpo di machete: l’editoria come fallimento assoluto, come errore di ogni umano. Guccini cantava che la madre aveva ragione nel dirgli di non far il cantautore; Permunian descrive invece il Lunfardo come aitante cantante da serate che per errore vince il Premio Strega che lo condurrà alla disperazione e fine assoluta di tutto quanto gira attorno allo scorrere della vita dell’uomo.
Metafora sul fallimento? Forse, tanto che, tornando al romanzo, il protagonista lavorerà nel mondo editoriale, accorgendosi che la feccia è ormai padrona, che non esi- ste più alcuno che riesce a scrivere dignitosamente. Addirittura si scorgono palesemente i non luoghi comuni: pubblicate e rese note in tutte le testate donne che si concedono a grossi magnati della carta e dell’e- book. L’attacco all’editoria è estremo, si legga pag. 21 “[…] a voler essere sinceri, è una questione terribilmente incresciosa. Perché lo Strega non l’ho propriamente vinto io grazie ai miei meriti, bensì l’ha vinto il mio grosso editore grazie al suo grosso pacchetto di voti dei giurati allo Strega. Chi afferma il contrario, o è un illuso o un imbecille”. Si può dare torto? No. Quanto alla seconda parte del romanzo potentissimo il concetto di morte, ma non possiamo dir altro, il volume è un testamento. Va letto e ripreso per necessità e per ridere anche di gusto. Permunian non ha bisogno di prove di maturità, scrive ed eccelle: è perfetto, pulito, meticoloso e oculato. Non lo si deve leggere d’un fiato, sarebbe un reato enorme, si deve approfondire lo stile e la tecnica, l’uso del linguaggio e il messaggio velato e quello palese. A proposito di premio Strega. L’ultimo vincitore, Emanuele Trevi, nella fascetta che accompagna il volume dichiara che «In Permunian sembra ancora intatto il potere della scrittura letteraria come era inteso dai grandi maestri moderni, da Kafka a Céline a Beckett». Non si obietti!