Da La Sicilia del 21 gennaio 2021
Nell’oltraggio, “Storia di una figlia”
Il nuovo libro di Piernicola Silvis. «Mi ha spinto a parlare di nazismo lo studio che da anni conduco sul fenomeno , sui perché e sulle cause di quella violenza cieca».
Sul carro dei vincitori del Premio Selezione Bancarella 2020 con “Gli illegali” (Sem, 2019), Piernicola Silvis è tornato con un nuovo romanzo (storico), che narra le vicende di Anna, figlia adorata di un padre buono e premuroso. La ragazza, dopo un malore che ha colto il padre, sogna, qualcosa che non le appartiene, immagini sfuocate, tormenti. Si sveglia da un incubi, ogni giorno, non si capacita di cosa le stia accadendo, solo grazie a uno storico riesce a mettere ordine a un mosaico sconosciuto fino a quelle rivelazioni anticipate durante il sonno. “Storia di una figlia” pubblicato anch’esso per Sem, è una riflessione potentissima sul periodo storico che richiama la ‘memoria’ vista dal lato dell’oltraggio che un uomo può fare al suo più stretto ‘amico’.
L’uomo fiero di galleggiare nella feccia che usa come sostantivo per ergersi a brava persona da sfumature intellettuali, il tutto discriminando, oltraggiando, colto da frustrazione e violenza, non solo fisica, e su questa sono le ricerche dello scrittore pugliese che palesa la verità nel nome che ha deciso di dare alla protagonista: «Il riferimento è ad Anna Pardini, di venti giorni, fucilata a Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto del ’44. Nelle ultime due pagine del romanzo, le due Anne entrano in una sorta di simbiosi storica». Età: 20 giorni! Fucilata da un’accozzaglia di bastardi! Gli chiedo come può l’uomo agire di violenza, dalla più leggera (leggera?) come quella del mobbing ad esempio, agli eccidi storici, svilendo la dignità di un suo pari, agendo sulle sue vulnerabilità fino a spingerlo ad atti estremi?
«Una certa parte degli esseri umani, secondo la mia esperienza, ha dentro di sé una carica di aggressività che in qualche modo deve sfogare: ultras, estremismi politici, appartenenza a clan, violenze improvvise ecc. È chiaro che non la sfogano ogni giorno, perché conducono una vita in apparenza normale, ma non appena possono cercano di aggredire gli altri, in modo leggero ma talvolta anche violento». Sibillino e luciferino, con la menzogna spopola nel branco, il manipolatore decide le regole per prendersi gioco della vittima, cambiando i connotati di una dichiarazione, così come avviene ad esempio con la diffamazione gratuita, fondata sul nulla, prodotta da fogne che in troppi chiamano bocca: può essere una violenza al pari di quel dolore che i nazisti tedeschi inflissero agli italiani, agli ALLEATI ITALIANI?
«Certo, la diffamazione, specie se gestita attraverso i social che raggiungono migliaia di persone, ferisce profondamente, anche perché spesso viene ripetuta, e dalle cose ripetute varie volte la gente comincia a credere. Ti dirò che anche altre forme permettono alla violenza di non essere mai inflazionata: basta vedere cosa è successo a Washington qualche giorno fa».
Nazismo, perché ne ha scritto?
«Mi ha spinto lo studio che da anni conduco sul fenomeno e le sue dinamiche, sui perché, sulle cause di quella violenza cieca. Capisco che se ne sia parlato molto, ma si è parlato della seconda guerra mondiale e della Shoa: dei 15.000 morti innocenti italiani, invece, si è parlato pochissimo. Per questo ho voluto affrontare il tema del nazismo non dal punto di vista dell’Olocausto, ma da quello delle 400 stragi commesse dalle SS in Italia nel ‘44».
Torniamo alla protagonista: il sogno al centro dell’incipit che la spingerà a indagare sul padre. Da dove ha attinto a queste fonti?
«È una mia creazione. L’elaborai nel mio primo romanzo e l’ho riutilizzata in “Storia di una figlia”. A dire la verità, scientificamente è plausibile, ma in concreto la trasmissione genetica di memorie non è mai stata provata. Eppure potrebbe dare una spiegazione scientifica ai casi di cosiddetta reincarnazione».
Romanzo socio-storico: può dirsi anche di formazione?
«In questo romanzo cerco di operare con le dinamiche con cui operano gli storici professionisti, cioè mettendo da parte le convinzioni personali e chiedersi invece i “perché” di certi eventi, le “cause” che li hanno prodotti. Non si può spiegare tutto dicendo che “i nazisti erano cattivi”, la Storia ha sempre delle motivazioni non apparenti. Sia chiaro, io ho delle mie convinzioni, ma affrontando un lavoro di Storia ho cercato di distaccarmene. Nel corpo del romanzo infatti il docente di Storia cerca di spiegare ad Anna i motivi per cui i tedeschi nazisti si accanirono in modo feroce contro gente inerme e innocente».
Dal sogno di Anna al suo sogno: essere finalista del maggior premio italiano esserne pre-vincitore assieme ad altri cinque colleghi, prima di scalare il gradino del podio: emozione? E ci stupirà ancora?
«È stata una soddisfazione incredibile arrivarci, cosa che qualche anno fa era relegata nel libro dei sogni, così come nel libro dei sogni c’era la possibilità di scrivere e vedere i miei libri pubblicati. Però i sogni li ho ancora, sono diversi, ulteriori, e sempre più difficili da realizzare. A giugno uscirà, sempre per SEM, un libro importante, e sto studiando un nuovo e, spero, affascinante personaggio».