Da La Sicilia del 7 dicembre 2020
Torna al suo interesse primario la scrittrice e poetessa romana, con radici palermitane, Alessandra Iannotta. L’unica a non rimanere in terra di Trinacria. I nonni, gli amici, tutti sono rimasti nel capoluogo siculo, lei no, fin dei conti a Roma ci è nata, dove oltre ad affermarsi come avvocatessa civile ha iniziato a scrivere, affermandosi! Cinque anni fa debuttò con la silloge “Sangria al Grippiale”; quattro anni dopo passa alla narrativa con uno dei casi editoriali del 2019 “Gli occhi di Asha” (Kanaga Edizioni), romanzo che continua a cavalcare l’onda con un tour che è iniziato da librerie, terrazze, fino ad approdare nelle notti di Marzullo in Rai, libro valorizzato con voli sul “ben essere” che l’uomo destinato a vivere spesso rigetta. Uno stile unico, che interseca le forme della poesia della filosofica e della favola. «L’ho spesso detto, forse il mio romanzo è un vero e proprio letterario, infatti pur dando voce alla favola e alla poesia spinge il lettore in un mondo fantastico seppur reale, proprio perché coglie vite reali che sono tutte le vite “Asha”, espresse nel lirismo che è prerogativa della poesia». E questa poesia è il fulcro ontologico: sabato quattordici esce per L’Erudita la silloge “Panni al vento”.
Mi dica di “Asha”, filantropia pura: dare e darsi per il bene?
«”Gli occhi di Asha” è facile lettura che fornisce chiavi per vivere in gioia e consapevolezza. È un romanzo visionario: quando fu pubblicato (2019) non portavamo le mascherine, oggi si!»
Dunque?
«La mascherina permette di vedere solo gli occhi. Questi parlano più delle parole dando speranza. Asha, che è rinascita, in sanscrito significa speranza. Tutti possiamo vedere il mondo con “Gli occhi di Asha”, specie adesso che siamo messi nuovamente alla prova».
Un successo inaspettato?
«Inaspettata era solo la mia incapacità di ascoltarmi: scrivendo ho dato forza a ciò che bruciava dentro».
C’è attesa per il 14 seppur torna con la poesia. Teme una regressione dopo il trionfo con la narrativa?
«No! Scrivo poesie da quando ero bambina e mai sono state costruite a tavolino. Loro mi attraversano come fulmini. Il successo di “Asha”, è dato da un forte taglio poetico, filosofico e favolistico. Tornerò anche alla narrativa, ma è la poesia la padrona di casa: lei parla a chi vuole ascoltare, essa è sintesi come lo è la vita».
‘Panni al vento’, titolo dalle molteplici interpretazioni: potrebbe fuorviare?
«Pe nulla! Le poesie dei “Panni al vento” che ho scritto negli ultimi 5 anni, sono frame di vita, che la mia anima ha registrato. Chiavi preziose da conservare con cura per ritrovarle oltre il tempo, quest’ultimo ‘possiede’ il poeta, che nel tempo vince… il tempo stesso».
C’è un trade union tra narrativa e poesia?
«La magia. Realizzata nel romanzo continuerà nei “Panni al vento”. Ma questa magia si avvertirà solo se il lettore aprirà il suo cuore: lì capirà che “i Panni” sono il suo tesoro solo staccando “le mollette”, sennò i panni non serviranno a nulla».