Da SicilyMag del 13 ottobre 2020
Valeria Patera, l’apolide del teatro che il lockdown ha radicato a Palermo: «Grazie quarantena»
TEATRO E OPERA – Dialoga con il capoluogo siciliano da più di un anno, la regista e attrice milanese, già romana d’adozione. Poi il Covid l’ha fermata sull’Isola (esperienza raccontata nell’antologia “Aspettavamo fiduciosi la primavera” edita da Flaccovio) dove doveva portare lo spettacolo “Le parole di Rita”, sul dialogo epistolare fra Rita e Paola Levi-Montalcini. Spettacolo che torna adesso, il 18 ottobre, a Palermo, in una versione siciliana: «Un racconto teatrale di una donna straordinaria»
Valeria Patera è un’apolide che dalla movimentata Milano, dove ha vissuto gli anni della sua formazione fino al 1991 e dove negli anni ‘80 ha attraversato il mondo della sperimentazione poetica con Antonio Porta e Giancarlo Majorino, pubblicando versi e ricevendo premi letterari e menzioni, ha trovato adesso casa in Sicilia. Poliedrica e poliglotta (parla ben quattro lingue, russo, tedesco, francese e inglese, oltre la lingua madre) negli anni ’90 si era spostata nell’Urbe capitolina, sino ad approdare, in tempi di pre-Covid a Palermo, dove la quarantena l’ha incastrata. Costretta dalle misure di sicurezza causa pandemia a stare in Sicilia, dopo i diversi dpcm e l’apertura delle “frontiere interne”, non è più tornata dove era partita, scegliendo di rimanere in terra di Trinacria.
Poetessa e drammaturga, nonché attrice e regista, Valeria Patera si è diplomata in drammaturgia alla scuola del Piccolo Teatro di Milano. Prima ancora la sua formazione teatrale di base si estese con i leggendari Dario Fo e Franca Rame. Una laurea in filosofia teoretica con Carlo Sini discutendo una tesi sulla scrittura di Samuel Beckett e il rapporto tra la sua poetica e il cambio di paradigma scientifico del primo ‘900 all’Università Statale di Milano dove nello stesso ateneo, ha approfondito studi di filosofia della scienza con Giulio Giorello e Luciano Mondella per proseguire a Vienna approfondimenti con John Casti e Karl Djerassi. Alla fine degli anni ’90, a Roma, ha vinto il Primo progetto speciale per la drammaturgia dell’E.T.I. e del ministero dello spettacolo con il testo ‘Viaggio all’inizio di un ritorno’, tratto da Andrea o i ricongiunti di Hugo Von Hoffmansthal e diretto da Giancarlo Cobelli al Teatro Quirino.
Domenica 18 ottobre, alle 18.30, per la rassegna Parola a Palermo, organizzata allo Spasimo dal Teatro Biondo e dall’Assesorato comunale alle Culture, la Patera presenta una nuova versione siciliana del suo cavallo di battaglia “Le parole di Rita”, racconto teatrale per voce, video e musica tratto dalla biografia e dalle lettere di Rita Levi-Montalcini. Lo spettacolo è presentato dall’Associazione Piazza Marina e dintorni che è diventato il soggetto proponente di alcuni suoi progetti in Sicilia, dopo che rimase bloccata a causa del lockdown, per poi rimanere a Palermo e non tornare più a Roma. La pubblicazione da parte di Flaccovio di una antologia post-Covid, non può che spingerci a saperne ancora di più.
Valeria, cosa è successo? Perché è rimasta a Palermo nonostante potesse tornare a Roma?
«Sono rimasta a Palermo perché è una città che ormai amo molto e con la quale dialogo da più di un anno, attraverso diverse progettualità con le principali istituzioni culturali della città. Amo la presenza del mare che dista solo 5 minuti dalla mia casa alla Kalsa, amo le montagne che abbracciano Palermo e amo la vita nuova che per me qui ha preso il via già da tempo, con intensità e dolcezza».
Esiste una parte in lei ante-litteram che potrebbe definire aver un legame con la vulcanica gente della Sicilia?
«Intanto ho un cognome abbastanza siciliano e poi qualcosa di forte in termini ancestrali, mi sento a casa in Sicilia, mi piace tutto, il paesaggio, la cortesia della gente, l’atmosfera,. Soffro, però. per la sporcizia che mi ferisce in continuazione, è un attentato all’equilibrio e alla serenità vedere certi cumuli negli angoli più splendidi della città. Credo anche che ci sia comunanza nel senso che io ho una natura vulcanica e nonostante la pandemia abbia cancellato i progetti già in programma a Palermo, come l’inaugurazione della stagione della sala Strehler del Teatro Biondo con lo spettacolo “Le parole di Rita” interpretato dalla grande Giulia Lazzarini, la musa di Strehler, un nuovo evento ideato e condotto da me dal titolo “Tre donne del mondo” e programmato a Palazzo Branciforte per la rassegna Palermo delle Donne curata da Stefania Morici, e ancora un primo seminario come insegnante che avrei tenuto al Dams dell’Università di Palermo e un nuovo progetto che avrebbe unito Orto Botanico, Teatro Biondo e Dams, ecco nonostante questa ingente perdita ho ricominciato daccapo con grande slancio. Ed è proprio di questi giorni la conferma della nuova versione tutta siciliana del mio cavallo di battaglia “Le parole di Rita” che ho ripensato lavorando con le attrici gemelle Maria e Ester Cucinotti che mi hanno permesso di lavorare in modo speculare sulla coincidenza tra la loro gemellanza e quella tra Rita Levi-Montalcini e la sorella Paola, ottima pittrice, alla quale fu legatissima, personaggio parte integrante dello spettacolo, comprese le lettere intercorse tra loro durante il lungo periodo americano della scienziata. Il luogo è quello magico dello Spasimo e il mio evento teatrale, che ha il patrocinio dell’Università ed è presentato dall’Associazione Piazza Marina e dintorni nonché “benedetto” dalla Presidente dell’Associazione internazionale Zonta, fa parte della rassegna Parola a Palermo, ideata dal Teatro Biondo e dall’Assessorato comunale alle Culture. Sono felice di questo altro scatto di ripresa e di poter finalmente incontrare il pubblico di Palermo offrendo una rappresentazione insolita e piena di curiosità e adatta a tutti. E’ un racconto teatrale per voci, video e musica tratto dalle lettere di Rita Levi-Montalcini e in questo intreccio di suoni, immagini pittoriche e scientifiche, le musiche di Bach, Mozart e Beethoven riportano la vitalità di quella straordinaria donna che fu il Premio Nobel per la Medicina della quale si potranno conoscere curiosità, pensieri e dettagli inediti e molto coinvolgenti. Con questa occasione la mia stagione riparte veramente e bisogna brindare».
Pensa di mettere radici a Palermo o sarà sempre l’apolide della sperimentazione della cultura tout-court che conosciamo e che ci sta deliziando di notizie?
«Io penso alla vita sempre come a degli archi temporali, non penso mai alla vita tutta insieme perché tengo conto del fatto che non vale la pena di progettare troppo perché poi la vita ci sorprende e ad esempio la pandemia da Covid-19 è stata una bella sorpresa e ha sconvolto le vite di tutti, chi più chi meno. A me è andata bene perché la quarantena, come scrivo nel libro edito da Flaccovio, mi ha inchiodata in questa meravigliosa città, in uno dei suoi punti più belli alla Kalsa a pochi minuti dal mare da Villa Giulia e dall’Orto Botanico e per il momento penso la mia vita qui, e qui ho ormai una fitta rete di relazioni sia di amicizia che istituzionali pertanto ciò mi fa immaginare perlomeno un immediato futuro poi si vedrà cosa ci riserva il destino».
La Sicilia, ha avuto modo di girarla, di conoscere luoghi e ambienti prima sconosciuti?
«Si un poco l’ho girata, ero già stata qui anni fa, ma nei tempi più recenti ad esempio da tre anni frequento Sambuca di Sicilia e il mare della costa meridionale, ma il grosso lo devo ancora fare perché in questi mesi circolare non era proprio la cosa più consigliabile a farsi. Anche questa idea di avere un territorio così meraviglioso da sondare, da gustare pezzo per pezzo e conoscere anche grazie alle tante attività culturali che penso di realizzare in varie località, è uno stimolo eccitante e nutriente per la mia immaginazione artistica».
Lei ha sperimentato nel doppio ruolo di attrice/autrice il cabaret milanese emergente degli anni ’80 e ha fatto le prime esperienze come organizzatrice culturale, dirigendo il caffè letterario “Portnoy” ma anche il palcoscenico galleggiante del famoso locale Le scimmie: impegno costante e fatica, ne valsero la pena?
«Bensì di portare delle idee nuove e la freschezza dei miei 23 anni in due locali ben noti a Milano e diretti da un brillante e arcinoto patron come Sergio Israel che mi ha dato fiducia e spazio. Alle Scimmie presentavo i concerti jazz di grandi maestri e sul Barcone facevo spettacoli di cabaret come attrice e poi organizzavo rassegne con altri artisti e fu lì che ad esempio lanciai Antonio Albanese. Per il cabaret invece facevo parte della scuderia I.R.M.A. (Istituto per la Resistenza alla Malinconia) di cui facevano parte anche Lella Costa e Angela Finocchiaro».
Lei ha attraversato anche il teatro di ricerca con Santagata-Morganti e ha vissuto anche l’approdo in televisione. Che differenze ha notato?
«Da un lato era teatro di ricerca e dall’altra tv per ragazzi, talk show e pubblicità, è ovvio che non vi era alcun rapporto… si lavorava sia con un spirito diverso che con una tecnica recitativa con altri ritmi e sfumature. Due mondi agli antipodi».
Ci racconta come nasce la pubblicazione del libro “Aspettavamo fiduciosi la primavera” pubblicato da Flaccovio e quali altre figure dell’arte italiana sono state coinvolte?
«La pubblicazione nasce come un’idea della brillante Costanza Amodeo che dirige anche la programmazione del Teatro l’Idea di Sambuca, luogo d’origine della sua famiglia cha ha avuto un segno importante nell’imprenditoria italiana, la quale insieme con una donna sensibile e colta come Licia Cardillo Di Prima hanno pensato di lanciare un libro fresco dell’esperienza di quarantena nel quale vari autori, registi e attori che negli ultimi hanno collaborato con il Teatro l’Idea. Hanno potuto raccogliere la loro esperienza e comunicarla attraverso questo libro. Sono autori/autrici sia siciliani che non: Luana Rondinelli, Santi Cicardo, Filippo Luna, Tindaro Granata, Paolo Mannina, Melania Giglio, Giuseppe Miale di Mauro etc. Sono stata felice di partecipare a questa avventura perché il prodotto editoriale è raffinato, curato nei minimi dettagli e di piacevole lettura e abbiamo già fatto alcune presentazioni e altre ne verranno e di certo a breve anche a Palermo».
Facciamo un passo indietro, dal sodalizio con il grande regista Giancarlo Cobelli ha maturato la passione per la regia, sperimentando, ancora una volta, come autrice e regista un ‘Teatro-Multicodice’. In cosa consisteva?
«Dal sodalizio con il grande regista Giancarlo Cobelli ho maturato la passione per la regia e successivamente ho iniziato il mio percorso come autrice/regista sperimentando un’idea di teatro multicodice, (intreccio di parola, musica dal vivo, danza) prima con una tetralogia sul mitointeso come mito classico, mito biblico, mito filosofico (Salomè, Pigmalione, Socrate, la Pizia) lavorando per la Regione Campania che mi metteva a disposizione meravigliosi siti archeologici o di rilievo artistico dove installavo i miei spettacoli lavorando sulle specificità del luogo».
Quali sono le sue produzioni alla regia e quelle da attrice che hanno riscontrato maggior successo di critica e pubblico, e perché a suo parere?
«Di certo gli spettacoli di teatro-scienza “La mela di Alan” e ”La fata matematica” e “Le parole di Rita” dedicati rispettivamente alla figura del grande Alan Turing e di Ada Byron Lovelace, (i due pionieri dell’èra informatica e progenitori del primo computer) nonché quello dedicato alla figura di Rita Levi-Montalcini, sono stati quelli che hanno visto maggiore affluenza di pubblico, che sono stati anche all’estero e di cui i giornali, la Rai, radio e televisione hanno parlato maggiormente. Anzi tre di questi spettacoli sono stati rappresentati anche nella storica sede Rai di Via Asiago e trasmessi in diretta nazionale su Radio3».
Lei vanta diverse pubblicazioni: quale differenze con l’antologia dove appare anche il suo nome, elaborata in tempi di lockdown?
«Differenze significative visto che il testo pubblicato nel collettaneo di Flaccovio è uno scritto che attraversa tre codici ovvero si apre con un racconto breve, segue con una riflessione filosofica e chiude con una poesia, mentre le altre pubblicazioni hanno riguardato testi teatrali e saggi. Attualmente però sto lavorando ad una raccolta di racconti brevi e ad una raccolta di poesie scritte nel corso di tanti anni e pubblicate sparsamente che spero di pubblicare presto, magari con editore palermitano».
Quali differenze potrebbe narrarci in area artistico culturale sperimentale tra le tre città dove ha vissuto?
«E’ difficile dirlo perché nel frattempo sono passati anche gli anni e la vita stessa è cambiata ma certo tra Milano, Roma e Palermo e anche Londra dove ho vissuto, ci sono differenze a cominciare dalle latitudini e dal clima e da tutto ciò che da questo deriva. Ognuna di queste città ha un suo modo di porsi rispetto alle cose, alla comunicazione, ai tempi di lavoro, alla puntualità, al rapporto con le istituzioni. Poi devo anche dire che nel mentre io ho vissuto queste diverse città ci sono stati anche cambiamenti epocali, come l’avvento della tecnologia e non solo, che hanno provocato cambiamenti trasversali».