Da La Sicilia del 8 settembre 2020
Premio della Critica Etnabook ’19 con ‘L’ora meridiana’, incentrato sull’accidia, Paola Musa torna con il romanzo ‘La figlia di Sheakspeare’, Eclypse di Arkadia, dove con la maestria che la contraddistingue porta in auge il vizio della superbia. Alfredo Destrè, grande attore interprete del teatro sheaksperiano, anche se ormai avanti con gli anni, viene chiamato a riportare ai fasti di un tempo il più importante teatro di Roma. Accettato l’incarico il successo di critica e pubblico non tarda ad arrivare, così come il premio alla carriera, ambito per tutta la vita. Finita la stagione teatrale, tutti gli operatori dello stesso, assieme al Destrè, si riuniscono in un ristorante della capitale per riassumere il lavoro svolto e salutarsi con l’augurio di futuri successi.
Non tutti però tributano onori al Destrè, tra questi un suo ex collega di anni giovanili, tale Enrico Parodi, il quale procede per piano di screditamento verso il successo dell’ex collega, giungendo a coinvolgere la figlia di Alfredo, Clara, la quale è vogliosa di riscatto verso il padre.
L’ormai settantenne, nonostante la sua fortissima personalità soffriva molto le critiche fino a quando in un confronto col Parodi emergerà il motivo dell’odio di quest’ultimo. Non spoilereremo certo i dettagli di quest’altro capitolo dedicato ai sette vizi capitali che la Musa narra con dovizia, anche se si può accennare il dramma della metafora di chi vive la terza età senza famiglia causa rapporti conflittuali coi congiunti sempre pronti a criticare ogni comportamento o gli amici che si rivelano all’opposto.
La storia ha una sua morale: ogni persona deve confrontarsi sempre col proprio vissuto, e quando si inizia a intravedere il traguardo, sembra che tutto si velocizzi. Della struttura del testo e dei contenuti che la Musa propone, nulla è da togliere. Lettura di libri come questo è cibo per la mente, ma specie quando lo scritto è proposto da una fuoriclasse come lei. Consigliatissimo. Incipit che riporta al destino!