Da Sicilymag del 26 novembre 2019
Barbara Giangravè: «Io truffata dal premio Augusta chiedo rispetto per gli scrittori emergenti»
LIBRI E FUMETTI La giornalista e neo scrittrice palermitana nel 2017 aveva vinto col romanzo inchiesta “Inerti” il Premio Augusta creato un anno prima dall’omonima associazione torinese ma non ha mai percepito i 10 mila euro di premio (una cifra spropositata) come da bando: «Ho visto molto sporco circolare nel mondo editoriale italiano, gli scrittori esordienti non devono essere presi in giro, come è successo a me»
Da anni indago sul fenomeno crescente degli editori e delle librerie indipendenti, e dell’eccellente ruolo che svolgono a favore di una spinta importante verso il magico mondo della conoscenza attraverso la parola scritta. Come in ogni campo ci sono fenomeni tra loro opposti ed ecco che da una parte ci sono le librerie “fondamentaliste” che trattano solo editori indipendenti che si contrappongono a quelle “più democratiche”, le quali, però, offrono il servizio completo con gli editori più grandi, detti in gergo major. Tutto ciò fa sì che un rinforzato bisogno di lettura cresca nello Stivale italico, al fine di ammirare e apprezzare la bellezza del libro, e come sempre sappiamo rendere fruibile e più numeroso il nostro dizionario interiore, scoprendo neologismi che autori coniano, o storie magari verificatesi cent’anni prima a 100 metri da dove viviamo. Ovviamente poco importa se una libreria indipendente accoglie o meno una major, l’unica cosa che dà da pensare è talvolta leggere il nome di autori dal curriculum poco noto nei cataloghi di una major e a pensar male su comode e influenti parentele ogni tanto ci si indovina.
In merito alla letteratura indipendente c’è un caso che mi incuriosisce e del quale non riesco a venirne a capo. Emerge dalle pagine del quotidiano “La Repubblica” di qualche anno fa, la pubblicità che invita a partecipare a un premio letterario messo su a Torino da una associazione del nome “Augusta” che ha dato il proprio nome allo stesso premio. Ilpremio Augusta, che godeva del patrocinio del Comune di Torino, della Regione Piemonte ed anche del Salone Internazionale del Libro di Torino, nonché della Treccani assegnava al vincitore 10.000 euro, un premio mai sentito prima. Il premio Augusta è un premio per nuove leve scrivane, che non chiedeva quota di partecipazione a nessun partecipante. Dunque il cospicuo premio sembrerebbe giungere tutto da patrocini e sponsor. Non tutto, però, fila liscio. Nelle ultime due edizioni 2016 e 2017, forse le uniche, i vincitori non hanno mai percepito il premio. Proprio così, non hanno mai percepito il premio, nonostante abbiano atteso i tempi previsti dal regolamento e dal bando che oscillava tra gli 8 e i 12 mesi.
Tra questi vincitori c’è la palermitana Barbara Giangravè, che il premio Augusta lo ha vinto nel 2017 con “Inerti”, Autodafè edizioni. La Giangravè ha atteso i tempi di consegna del premio ma non lo ha mai ricevuto. Mai un centesimo, mai una spiegazione plausibile. La domanda è: può una donna che scrive di un affare di mafia reale, sotto forma romanzata, vincere un premio da 10.000 euro e non percepirlo? La risposta è: sì, purtroppo. I dubbi s’innescano sempre più quando visitiamo il sito dell’associazione che per il bando del 2018 assegna al primo classificato 1.000 euro, e se si legge delle edizioni precedenti, andando a quella del 2016, troviamo la seguente dicitura: “Attenzione: le premiazioni dell’edizione 2016 sono attualmente congelate in vista della conferma o della riassegnazione dei premi, dovuta ad una compromissione della trasparenza nel giudizio nella fase finale del concorso. L’Associazione sta lavorando per risolvere la problematica nel più breve tempo possibile e ci tiene a sottolineare che il Premio nasce per dar voce alla trasparenza e ai lettori e non ammette nel modo più assoluto che il giudizio di questi ultimi possa essere in qualche modo invalidato per preferenza e non per qualità”. Per chi vuole approfondire questo è il link alla pagina: http://associazioneaugusta.it/edizione-2016.
Fino ad oggi l’organizzazione del premio Augusta non ha mai risposto alle mail inviate per avere chiarimenti. La responsabile dell’associazione Augusta Manuela Fusto ha parlato alla fine solo con “Il Fatto Qotidiano” dove continua a ribadire, così come aveva già fatto con “Il Post” a febbraio, che onorerà, nonostante i problemi che ha avuto, i suoi impegni con la scrittrice siciliana.
Poiché loro con noi non parlano, noi diamo voce a Barbara Giangravè, che in questa vicenda è comunque è la parte lesa. Con tanto di garbo e gentilezza Giangravè se n’è stata al suo posto per troppo tempo, ma al mio sollecito, qualche dichiarazione l’ha gentilmente rilasciata. Nata a Palermo nel 1982 da genitori di Palazzolo Acreide, laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista professionista dal 2006, ha lavorato per agenzie informative, testate giornalistiche online, uffici stampa. Nel 2011 è stata insignita del titolo di Inspiring Woman of Italy per gli anni del suo attivismo antimafia. Ha viaggiato in Europa, America e Asia. “Inerti” è il suo primo romanzo».
Barbara, di cosa parla il tuo romanzo “Inerti”, vincitore del premio Augusta 2017?
«La trentenne Gioia Lantieri lascia la sua città, Palermo, perché viene licenziata dall’azienda per cui lavora. Trasferendosi nel paese di provincia dei defunti genitori, Acremonte, vivrà appartata tra la casa e la libreria nella quale lavora come commessa. L’incontro con un suo vecchio amore, Fabio, malato di tumore, le fa prendere atto di quanto il cancro sia diffuso, in misura anomala, nel paese. Inizia così la ricerca delle prove di un traffico illecito di rifiuti di cui tutti parlano, ma solo a mezza bocca. Alla ricostruzione del passato del Borgo delle origini, si affiancano i ricordi e i traumi della vita familiare della protagonista. Con un ritmo incalzante, seguendo Gioia in presa diretta, il lettore viene coinvolto nella scoperta del lato oscuro dell’abitudinaria vita di un piccolo centro siciliano in cui il silenzio e la rassegnazione sono muri difficili da scalfire. E, nel contempo, accompagna il faticoso cammino della protagonista, chiamata a rimettere assieme i tasselli della propria esistenza».
Dunque “Inerti”, vincitore del premio Augusta 2017, è il tuo esordio assoluto nella letteratura?
«Assolutamente sì. Sono stata finalista del Premio Augusta nel 2016, cerimonia conclusiva a Mantova, ma l’ho perso. Sono stata finalista nel 2017, cerimonia conclusiva a Pistoia, e l’ho vinto. Ma, da allora, aspetto ancora l’assegno di € 10.000. Mi era sembrata un’occasione d’oro per via dei patrocini importanti di cui godeva: il Comune di Torino, la Regione Piemonte, il Salone Internazionale del Libro e l’Istituto Treccani. Io ci credevo. E ho sbagliato».
Perché dici di aver sbagliato?
«Perché sono evidentemente stata presa in giro, dato che dopo due anni attendo ancora di essere pagata. E dato che, essendo arrivata in finale sia nel 2016 che nel 2017, sono andata a Mantova prima e a Pistoia poi per partecipare a due cerimonie di premiazione che non mi hanno mai premiata».
Cosa ti ha spinto a partecipare con un’opera così impegnata a un premio novello?
«Ho partecipato perché mi è sembrata un’ottima opportunità per una scrittrice esordiente, anche se poi si è rivelata una truffa».
Come sei approdata a codesto premio?
«Ho letto del Premio su Repubblica e ho deciso di partecipare, anche contro il volere di Autodafè, la mia casa editrice».
Perché era contro l’editore?
«Perché sosteneva di non credere nei premi letterari».
Perché hai scritto “Inerti”?
«Perché ero arrabbiata e volevo che tutti sapessero che gli “intombamenti” di rifiuti sono un caso nazionale, non regionale».
E un libro inchiesta quindi?
«Esatto. Il libro nasce da una mia inchiesta su un traffico di rifiuti in Sicilia, condotta nei dieci anni in cui ho lavorato come giornalista. Ho deciso di farlo diventare un romanzo per tante ragioni. Sicuramente, così facendo, ho avuto la possibilità di parlare di questa tematica in tutta Italia, in cui ho viaggiato per un anno e mezzo per tutte le presentazioni del romanzo».
Una denuncia dunque?
«L’ho scritto per me stessa, innanzitutto. Perché quello di diventare scrittrice era il mio sogno di bambina. Ma l’ho scritto soprattutto per la mia terra, la Sicilia. “Inerti” non è solo una denuncia pubblica, è una dichiarazione d’amore. La mia dichiarazione d’amore».
Può a tuo parere un premio lanciare un autore nel nuovo firmamento letterario?
«Se vince, forse sì. Magari all’inizio. Ma poi è compito dell’autore rimanere nel firmamento. Dimostrare di avere talento, insomma. A meno che, ovviamente, non accetti di diventare una grossa operazione commerciale delle grandi case editrici».
Il premio Neri Pozza, o Cairo o DeA Planeta, sono premi indipendenti e molto onesti. Cosa consiglieresti a un esordiente?
«Certamente qualche eccezione c’è, ma io ho visto molto sporco circolare nel mondo editoriale italiano, pertanto vorrei che gli scrittori esordienti avessero non dico le stesse possibilità di quelli già affermati, ma quasi. E, d’obbligo, il rispetto: affinché nessuno di loro venga mai preso in giro, come è successo a me. Ed io sono stata preso in giro dall’Associazione Augusta perché non si può bandire un premio con una cifra così alta in palio (stiamo parlando del doppio rispetto allo Strega) senza neanche avere i soldi in cassa!».
Novità in vista?
«Più di una, a dire il vero. Ma sarò felice di raccontarle strada facendo…».