È L’attimo prima di Francesco Musolino il libro del mese di novembre 2019
Nella costellazione dell’aiuto all’altro la sofferenza è il margine migliore per rompere le catene del dolore
L’attimo prima (Rizzoli, 2019), romanzo d’esordio di Francesco Musolino, che lo scorso 11 ottobre ho intervistato per “Vivere” inserto di cultura del quotidiano La Sicilia, ha nel suo incipit una sfumatura degna della miglior poesia ermetica… che lentamente si dissolve (tra le righe del romanzo coglierete di Sveva delle carpe koi, del kintsugi n.d.a). La voce narrante, quella del protagonista Lorenzo, descrive momenti di relax in luoghi paradisiaci, che i comuni mortali possono permettersi forse ogni sei, sette anni per le classiche ferie agostane.
Di colpo però il gelo s’innesca. Alle immagini che subito l’autore ci consegna, dalle campagne toscane alle Alpi, alloggiati in un resort da sogno, improvviso l’attimo prima che stai per firmare metaforicamente l’assegno per pagarti il tuo desiderio più grande, tutto crolla e torni alla angosciante tragicità di ciò che può realizzarsi con un avallo di distruzione che te lo preannuncia: «alle mie spalle […] un quadrato di vetro bordato di rosso. Sopra c’è scritto IN CASO DI INCENDIO».
L’incendio che ti brucia e mostruosamente ingloba con le sue fiamme a non farti trovare via d’uscita, col rischio che muori, se in tempo non usi ciò che è contenuto dentro (l’anima) quel quadrato.
Accade tutto L’attimo prima
Innanzi a questa, per me, difficoltosa disamina delle prime tre pagine de L’attimo prima, Francesco Musolino del quale non sappiamo se volontariamente ha voluto lanciare un messaggio subliminale che ci prepari al gelo di cui prima, ci inoltra nel turbamento del peggio. Da bellezza, sogno, desiderio, confidenzialità, sino a spingersi oltre quando non fa appellare a Lorenzo i propri genitori coi sostantivi di mamma e papà, quanto coi loro nomi propri di persona. Quasi a rendere la normalità di prendersi licenze che in molti, pedagogicamente, leggono come eresia, non considerandola validamente formativa. È questo che accade ne L’attimo prima.
Sapori e odori della cucina
Lorenzo è cresciuto nel locale di famiglia. Giocava sotto un tavolo. Godeva di profumi e sapori delle ricette cucinate e inventate dai suoi. Che poi siano classiche ricette siciliane, il romanzo è ambientato a Messina, nulla importa, perché ogni cuoca ha sempre la sua magia che fa tornare i propri clienti. Lorenzo cresce, in un rapporto normale di amore familiare, e sempre più si crea quel fenomeno di panismo dannunziano dove le atmosfere ristorative, nel dettaglio quelle della cucina, cuore pulsante di un locale, si fondono in un tutt’uno con la sua aspettativa più alta: diventare un bravissimo e innovativo cuoco.
L’Accademia della cucina di Milano
Lorenzo compra libri di cucina, studia ricette di ogni parte del pianeta, ma ciò che si evince è quell’intersecarle con i sapori e gli odori che produce nel ristorante. Leandro e Sara (padre e madre), sanno di questo interesse, lo crede Lorenzo, che non sa però che gli stanno prospettando, per lui che in venticinque anni di vita non è mai partito e mai ha varcato i confini isolani, un sogno ancora più grande che gli dicono senza troppi fronzoli: perché non avviarsi a frequentare l’Accademia italiana della cucina di Milano? Il ragazzo sorpreso e felice, brinda coi suoi e il suo rinforzo è sempre quello in area culinaria. Ad un momento di gioia corrisponde un odore e un sapore delle ricette materne; ad un altro momento molto più elevato della medesima gioia, sceglie altri gusti, altri sapori.
L’attimo prima di una domenica di settembre
Certo non posso spoilerare un romanzo che nel breve giro di pochi giorni è andato in ristampa, ma è d’obbligo farvi sapere ciò che già emerge dal lancio di questa prima negli scaffali libreschi: L’attimo prima che Lorenzo è pronto per partire alla volta di Milano, il padre muore. In una domenica di settembre.
La depressione
Quell’allegro e felice, anche ambizioso ragazzo, sfiora prima la depressione; ci entra poco dopo, e arrovellato e disperato dalla mancanza del papà, non reagisce. Molti saranno i tentativi anche da parte della sorella, o di pensieri, ma niente da fare. Anche in questo caso i sapori e gli odori che sceglie sono insipidi, che trascinano verso un limbo che spinge e sprofonda sempre più l’essere umano sino ad inchiodarlo, senza respiro, anche se magari se lo augurava di smettere di respirare, perché non ha altre soluzioni. Forse, perché tra quella teoresi della cucina e lo star in agenzia di viaggio, Lorenzo incontra una donna, della quale si svela un mistero dei più semplici, ma che non starò qui a dirvi.
Il romanzo per resuscitare
L’attimo prima diventa, pertanto, non solo il momento della tragedia umana e ontologica, la sofferenza dell’abbandono, che è una cosa naturale (ma vallo a dire a chi non l’ha mai provato, e tutti o quasi ci troviamo ad affrontarla) attraverso la morte di un proprio caro, un lutto, dei più grandi e peggiori, ma attraverso uno scandaglio di espiazioni nella sfera del dolore, Francesco Musolino, fa rialzare prima e risalire dopo, Lorenzo, che è tutti noi, in quello che sembrerebbe una nuova fonte terapica che si impone accanto alle più importanti esistenti teorie sul benessere.
Oltre le discipline psicoterapiche
Psicoanalisi, psicoterapie, consulenze filosofiche, supporto alle persona, psico-pedagogie, e quant’altro l’uomo ha studiato e inventato per venire in soccorso dell’altro. Può essere questo libro un testo di psicologia, che sconfessa, ma non negativamente, tutte le forme psicologiche di aiuto? O di psichiatria, che supporti piano piano col farmaco una risalita perché la sertralina ti toglie le ossessioni della depressione, e spinge a rialzarti, che poi non ti rialza se non inserisci la tua linfa vitale che era e continua ad essere l’amore forte con, nello specifico, il padre del quale non ti aspettavi che assieme all’altro genitore auspicava per te la realizzazione del sogno più grande?
Da L’attimo prima all’ameba
La consapevolezza non sempre è lineare e legata dal pensiero speculativo a quello attuato che si verifica: è il cerchio della vita, si nasce e si muore, ci si addolora, ma la vita continua e ti riprendi anche se le ferite non si rimarginano facilmente e allora se le nascondi, rimani debilitato e il cambiamento c’è. Vero! Ma verso lo sprofondamento senza fine: diventi un’ameba che non vive.
La semina
Poi ti ricordi che tuo padre ti ha insegnato tanto, che tua madre e tua sorella alla stregua pure, fino a quando capisci che quello che ti dicevano e ti dicono è la tua teoria che abbraccia e rilancia un essere umano nel momento più caotico: sei un eroe e un guerriero e “I guerrieri non nascondo le cicatrici”, proprio perché da queste partorisci ciò che è rimasto in gestazione per tutto il tempo che chi è venuto a mancare, seminava: la vita, l’uomo, la reazione.