Da Sicilymag del 09 settembre 2019
Mimmo Cuticchio e Simonetta Agnello Hornby: «Il nostro inno d’amore per Palermo»
Esce martedì 10 settembre per Mondadori “Siamo Palermo” scritto a quattro mani dal Maestro cuntista e puparo e dalla scrittrice di succcesso. Due universi apparentemente distanti accomunati da un vero grande amore: la loro città natale che raccontano attraverso sensazioni, memorie e ricordi emersi durante lunghe passeggiate. Mercoledì 11 la prima presentazione
Galeotto fu un invito a Roma, ricevuto dal sindaco Leoluca Orlando, per perorare la causa di Palermo Capitale della Cultura Europea 2019. Alla fine la spuntò la città dei Sassi, la bella Matera, ma in quella occasione si conobbero due illustri artisti della sicilia occidentale, e insieme svilupparono l’idea di scrivere un libro a quattro mani che potesse contenere buojna parte di quell’amore incondizionato che nutrono per la loro Palermo: il Maestro puparo e cuntista Mimmo Cuticchio e la scrittrice Simonetta Agnello Hornby.
Simonetta Agnello Hornby e Mimmo Cuticchio
Un libro «che non deve essere un romanzo», fu subito chiaro Mimmo Cuticchio quando incontrò l’editor di Mondadori Alberto Rollo, al quale entrambi riconoscono oggi più di un merito: «Ha saputo metterci su due binari paralleli, così da incontrarci ma non incrociarci».
Sensazioni, memorie, ricordi, emersi durante delle passeggiate più o meno programmate in cui la scrittrice palermitana naturalizzata a Londra, autrice di titoli di successo che ha venduto più di un milione di copie dei suoi libri, si è incontrata con il Maestro puparo, che ha sempre vissuto a Palermo. Martedì 10 settembre esce per Mondadori “Siamo Palermo” , libro firmato a quattro mani, per l’appunto, da Mimmo Cuticchio e Simonetta Agnello Hornby e che i due presenteranno insieme l’indomani, mercoledì 11 settembre alle 18:30, al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo, durante un incontro organizzato dalla libreria Flaccovio Mondadori.
Come mai due persone così fisicamente distanti (una vive a Londra e l’altra Palermo) e che si conoscono da così poco tempo, decidono di scrivere un libro a quattro mani?
Mimmo Cuticchio: «Simonetta è palermitana come me, siamo coetanei, lei vive a Londra e di tanto in tanto ci si incontra. Io faccio teatro e lei è scrittrice, la nostra città è stata punto d’incontro quando fu candidata a Capitale europea della cultura».
Simonetta Agnello Hornby: «L’abbiamo pensato Mimmo e io. Ci siamo conosciuti quando siamo andati a Roma, e subito abbiamo scoperto di aver più o meno la stessa età e di essere accomunati da questo grande amore per Palermo, la nostra città, nonostante io viva lontana da tanti anni e lui invece ci ha sempre vissuto e ci lavora ancora. Adorandola, Palermo, ci siamo detti, perché non fare delle passeggiate assieme e da lì far nascere un libro?».
Dunque galeotta fu la candidatura di Palermo Capitale europea della cultura?
Mimmo: «In quella occasione abbiamo avuto modo di confrontarci, di fare lunghe chiacchierate… La chiacchiera è bella, e passeggiando tra i vicoli e le piazzette di Palermo, ricordavamo chi una cosa chi un’altra».
Simonetta: «Galeotto fu Orlando (Sindaco di Palermo n.d.a) demandandoci per Palermo Capitale della Cultura! Purtroppo però, la spuntò Matera..»
Quali sono stati gli stimoli decisivi di questo progetto?
Simonetta: «Passeggiare con Mimmo è una meraviglia Lui è un cuntista, un narratore, racconta la sua Palermo, quella di ieri e quella di oggi, in un modo che non ha eguali, perché ci vive da sempre e ci lavora. D’altro canto io gli raccontavo ciò che ricordavo, le mie osservazioni, le mie passeggiate… perché ogni volta che torno a Palermo, io faccio delle passeggiate lunghe da sola, per ritrovarmi io e la mia città. Io e Palermo così abbiamo mantenuto il nostro rapporto. Passeggiare con Mimmo e con alcuni studiosi, come ad esempio Pietro Longo, è stato davvero bello, è un altro modo di passeggiare. Io non conoscevo Mimmo, e lui non sapeva di me, la nostra è una amicizia recentissima».
Mimmo: «Durante le nostre passeggiate ci scambiavamo i ricordi della nostra città: lei sapeva cose che io non conoscevo e viceversa. Così abbiamo realizzato l’itinerario di questo viaggio e, come si dice, “cieco di occhio destro, cerca cieco di occhio sinistro per scambio vedute” – aggiunge con una sonora risata -, finì che Simonetta a mia insaputa parlò con Alberto Rollo, editor della Mondadori, che poco dopo mi telefonò dicendomi che sarebbe stato felice se io Simonetta avessimo sviluppato un racconto sulla nostra Palermo. Così io e Simonetta ci siamo dati appuntamento per incontrarci ancora a Palermo, e iniziammo nuovamente a chiacchierare e passeggiare».
Queste chiacchierate vertevano su temi specifici?
Mimmo: «No, parlavamo liberamente delle immagini che rivivevamo. Però in primis io la portai in una caffetteria a mangiare la iris con la ricotta, e da lì la chiacchiera divenne più “gustosa”».
Simonetta: «Il legame fortissimo, in lui e in me, con Palermo, è il tema centrale del libro. Altrimenti non lo avremmo scritto».
Perché proprio la iris (al forno?)? E che ne pensate della diatriba tra maschile femminile, annosa disputa tra Catania e Palermo anche sull’iris?
Mimmo: «Tutti parlano di pani ca meusa, arancine, cazzilli e rascatura… ma qui fanno la iris fritta e al forno come si faceva una volta. Certo, al forno, per chi vuole evitare le fritture… che magari il danno lo fa ugualmente, ma di meno. Ma comunque se una cosa si mangia con piacere, non è mai dannosa».
Simonetta: «Non ne voglio sapere, né sentir parlare! Arancine, arancino… sono buonissimi entrambi, altro che storie!»
Mimmo Cuticchio con i suoi pupi
Sa che io ho vissuto a Palermo, esattamente nella zona di viale Lazio, per alcuni anni?
Mimmo: «Deve sapere che quando io ero ragazzo quella era una zona di campagna, mentre adesso è una zona residenziale, dove vivono per lo più benestanti. Io da ragazzo vivevo nei pressi di piazza Rivoluzione, al centro storico, che oggi è uno dei centri della movida. Da ragazzo per andare a mangiare una pizza al Baby Luna (storico locale di Palermo, nda), vicino alla Circonvallazione, facevo chilometri di strada a piedi. Stessa cosa per andare nelle prime arene che aprirono in periferia: Pallavicino, piazza Guadagna, Mondello…».
Simonetta: «Zona chic, oggi. Dentro le mura c’era la povertà e quelle zone dove ha vissuto lei un tempo erano di case popolari, o ci viveva chi lavorava per le grosse aziende. Oggi è la vera zona chic di Palermo».
Torniamo al libro, stiamo spoilerando?
Mimmo: «Per nulla, ho adottato la tecnica di Simonetta. La mia è una memoria… nemmeno restaurata, ma pensata. Ecco una memoria pensata! Durante le passeggiate con Simonetta raccontavo e parlavo di continuo, e mentre parlavo rivedevo le immagini della mia infanzia, della mia adolescenza…»
Ma avete adottato questa tecnica?
Mimmo: «Non è una tecnica voluta, parlare e chiacchierare è come scambiarsi delle vedute mentre si sta attraversando lo stesso sentiero».
Simonetta:«Mentre passeggiavamo e chiacchieravamo non mi apparivano immagini, perché il ricordo, la memoria, è sempre in me. Per esempio: se guardo il Politeama oggi, è come lo guardai quando avevo 4 anni. Io sono sempre io, è il tempo che è cambiato. Non so come dirglielo, non ci sono ricordi di immagini, il ricordo è sempre lì, fisso e fermo ! Vedo piazza Politeama di tanti anni fa e la rivedo oggi: è sempre lei, e io sono sempre io!»
La scrittrice palermitana Simonetta Agnello Hornby
Ma allora questo libro è frutto di sole chiacchierate?
Simonetta: «Si. Chiacchiere in cui ognuno ha raccontato il suo vissuto. Ci siamo ispirati a vicenda».
Maestro Cuticchio, la emoziona di più sapere che è l’unico erede del cambiamento dei cuntisti, o l’aver lavorato con le star del cinema come John Turturro piuttosto che Francis Ford Coppola?
«Riguardo all’essere cuntista, i professori hanno confermato che è in atto un passaggio generazionale. E ci tengo a dirlo, perché ci sono circa 20 attori che mi seguono, e sono quelli che appartengono ormai al terzo millennio. Quanto al cinema lei sa bene che mi occupo di teatro, e anche se mi piace il cinema ciò che più mi piaceva era l’avanspettacolo. Ho visto in scena artisti del calibro di Nino Taranto o il cantante Giacomo Rondinella. A Palermo c’erano tanti teatri di questo genere: quello di piazza Bellini, in cui entravo con qualche escamotage, perché ero alto ma non avevo ancora16 anni (l’età minima per poter entrare), il Teatro Finocchiaro. A proposito del Bellini, ricordo che a causa di una lampada a contatto con il sipario si bruciò tutto il teatro, e solo da pochi mesi è stato riaperto».
Ditemi della struttura del romanzo: vi alternate per capitoli, o incrociate le storie che ricordate, scrivendole senza far capire chi è che le racconta?
Mimmo: «All’inizio l’editor Alberto Rollo aveva pensato a racconti che si dovevano intrecciare. Poi man mano che entrambi mandavamo i nostro capitoli, io da Palermo e Simonetta da Londra, ci disse di lasciarli separati».
Simonetta: «Il gruppo Mondadori ha accolto subito la nostra idea. Nello specifico Alberto Rollo, che segue da sempre tutte le mie opere, ha suggerito di non farlo incrociato a quattro mani, ma di comporre il libro nella forma di capitoli individuali, uno lui e uno io…»
Mimmo Cuticchio alla 68° edizone del Festival del Cinema di Venezia
Quindi il libro segue una schema per capitoli o una narrazione domanda – risposta?
Mimmo: «I nostri racconti sono come due treni che camminano su binari paralleli. Io per esempio ho raccontato che con altri bambini del mio quartiere andavamo a fare il bagno alla Marina, in una caletta vicino la Missione di padre Messina, mentre Simonetta entrava nella cappella dei Principi di Cutò, in seno allo stesso centro, in occasione di un matrimonio di una sua zia».
Simonetta: «Le dico la verità, io non l’ho visto ancora. Ho visto si le bozze, ma non il libro, e credo che ci sarà una prima e seconda parte, una mia e una sua».
Consegnate una grande eredità a chi leggerà questo libro…
Simonetta: «Questo libro raccoglie il pensiero mio e di Mimmo oggi, il pensiero su una Palermo che amiamo, una città importantissima per le nostre vite. Il libro è frutto di chiacchiere spontanee, quindi non lo sappiamo, magari ci sarà qualche ripetizione perché le chiacchierate erano su argomenti che probabilmente ci hanno influenzato. Io spero che questo libro diventi un inno d’amore a Palermo, perché è anche un libro di denuncia e deve esserlo dato che i palermitani, i siciliani, i politici siciliani, hanno distrutto la città. Il Sacco di Palermo (lo stravolgimento topografico e naturale della città per favorire l’edilizia nda) lo conosciamo tutti ad esempio, ma nonostante ciò, Palermo vive ed è sempre bella. Con Mimmo abbiamo notato che abbiamo a cuore le stesse cose, che magari uno ha fatto notare all’altra, e viceversa».
Il vostro nei confronti di Palermo è un forte innamoramento…
Simonetta: «L’innamoramento passa! Noi per Palermo nutriamo amore puro. Personalmente il più mio grande dolore è che a Palermo abbiamo spostato il mare, con cui ogni isolano ha un rapporto strettissmo, perché dopo la guerra le rovine furono buttate in mare. Poi ci fu il quello che viene comunemente ricordato come il Sacco di Palermo, con tutti quei palazzinari che hanno colato la città di cemento… un obbrobrio e un dolore. Dolore puro.»
Simonetta, tornerebbe a vivere a Palermo?
«Ho due figli che vivono a Londra. Quando nacque il mio primogenito mia madre mi disse: vivi dove vivono i tuoi figli. Pertanto io vivo e vivrò a Londra – e incalza sorridendo -. Dica la verità, questo non se lo aspettava! Sinceramente non posso, ma non ci ho mai nemmeno,pensato di tornare a vivere a Palermo. Non sarebbe giusto per i miei figli, e me ne sono resa conto ancor di più quando è morta mia madre: aveva ragione quando mi diceva che la maternità implica tante cose».
Ancora un ritratto di Simonetta Agnello Hornby
Quindi il libro è un racconto a due voci che procede per binari separati, ma davvero non ne sapevate nulla?
Mimmo: «Davvero nulla! Quando ho letto per la prima volta le bozze sono rimasto sorpreso, neanche ci fossimo raccordati. Ognuno di noi ha fatto il suo percorso scrivendo a fiume: ne è venuta fuori una raccolta di esperienze diverse, ma parallele. E’ comunque possibile che ognuno di noi si sia ispirato all’altro durante quegli incontri in cui raccontavamo liberamente».
Il libro è anche un excursus tangibile, oltre che cognitivo?
Mimmo: «Anche, però non è una guida turistica con riferimenti storici. Già ce ne sono altre. Per ciò che mi riguarda sento di essermi liberato definitivamente di alcune memorie, senza citare esattamente l’anno, il mese o il giorno, come giustamente si trova nelle guide. Tuttavia in questo libro alcuni dati vengono riportati e approfonditi: per alcuni luoghi non si può essere superficiali, soprattutto se si racconta di culture ed epoche diverse. Per il resto sono io che parlo e racconto. Sono la voce narrante dei miei racconti, come l’arbitro di una partita, che racconta minuto per minuto quello che succede sul campo da gioco…. Anche adesso che le parlo rivivo le immagini, le parole e i dialoghi, e spontaneamente il personaggio esce fuori e racconta di ciò che vide, come quando da ragazzo nelle arene leggevo ad alta voce ciò che si dicevano i personaggi dei film muti, per favorire chi non sapeva leggere. E’ il mio lavoro di sempre quello di fare il cuntista, io racconto, come nel film Baaria di Peppuccio Tornatore. In questo libro ho voluto raccontare solo quello che vedono gli occhi della mia mente, e come diceva Michelangelo, basta togliere il superfluo che l’opera emerge».
Simonetta: «Mi preme far sapere che l’ultimo capitolo è sulla Fontana delle Vergogne (la fontana Pretoria realizzata nel 1554, e trasferita nel 1581 in piazza Pretoria, nda), argomento per cui divento livida.E’ una fontana orribile, posizionata in una piazza cinquecentesca che deturpa, un’opera scarsa e scadente realizzata da un toscano (Francesco Camilliani da Firenze), uno scultore di fuori – perché deve sapere che noi palermitani abbiamo il culto del “di fuori”, come se non fossimo abbastanza bravi – su commissione un vice re che era indebitat, e che per salvarla disse “la faccio comperare a Palermo”. Trovo sia osceno che su tutte le pubblicità di Palermo, nel mondo, con tutte le bellezze che abbiamo deve apparire sempre questo obbrobrio che io personalmente getterei a mare, in quel mare del pre Sacco di Palermo. Ecco, lì starebbe bene, la si potrebbe godere bene alla Marina!».
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Pubblicato il 09 settembre 2019