Da L’Urlo del 2 luglio 2019
“Ufficio salti mortali” di Enrico Morello è il libro del mese Luglio 2019 – L’intervista
L’avvocato torinese, pubblicato da Codice Edizioni, racconta i paradossi del vivere quotidiano.
“Ufficio salti mortali” (Codice Edizioni), è il romanzo dell’avvocato Enrico Morello che, da più di un anno, sta riscuotendo un interesse di critica e lettori non indifferente, tanto che lo stesso annuncia che nel 2020 uscirà un nuovo libo con una casa editrice molto più grande. Alla domanda su come si approdi ad una indipendente di alto livello qualitativo quale Codice, così risponde: «Non pensavo che pubblicare un libro fosse così complicato, tanto da affrontare un editing che dura mesi. Alla fine però, ero stremato, ma molto soddisfatto».
È un mercato in espansione quello dell’editoria indipendente, col rischio del bluff però: concordi?
«I rischi ci sono, personalmente consiglieri Codice Edizioni a qualunque scrittore voglia trovare attenzione e professionalità».
Perché?
«Perché l’editing ad esempio, che è importante, consisteva nel rileggere insieme, ogni pagina, con inevitabili litigi con l’editor, nel mio caso Chiara Stangalino, da mettere in conto per stanchezza e frustrazione. Devo dire che alla fine per mettermi “a posto” Chiara (che adoro), diceva che l’editore stava investendo molto per far uscire questo libro. Il discorso finiva lì, e proseguivamo. Devo aggiungere ciò che mi diceva lo stesso editore, cioè che i libri ormai, come i vini aggiungo io, tendono tutti ad assomigliarsi, cercando di andare incontro ai gusti del momento e a perdere la “voce”, come dicono gli editori stessi, del singolo scrittore, che è poi il bello e a peculiarità di ogni libro, con i suoi pregi e difetti».
Dunque un impegno che andava oltre l’idea che “Ufficio salti mortali” fosse pronto.
«Avevo scritto senza pensare che sarei mai stato pubblicato e senza seguire nessuna regola o metodo, con personaggi morti nel capitolo 3 che ritornavano vivi nel capitolo 7, il che come si può immaginare ha reso l’editing particolarmente impegnativo. Del resto, devo ammettere, ho poi seguito lo stesso metodo (o non metodo), per i libri successivi. Mi accorgevo che più cercavo di disciplinarmi e più il lavoro, secondo me, perdeva di efficacia».
Questo successo, una scalata che non si arresta, come è arrivato e come continua?
«Per quanto mi riguarda, ho pensato che era meglio scrivere ad cazzum (che non è un dispregiativo, ma una connotazione del mio stile), per non perdere la spontaneità e il tono personale della scrittura. E aggiungo che unica regola è che scrivo solo e sempre quando ne ho voglia, e nel farlo mi diverto; diversamente spengo il PC e lascio stare sino alla volta successiva».
Scrivere, quasi una passione libertaria?
«Per me scrivere, come leggere, è un grande divertimento che mi accompagna da tanto tempo. Sul metodo ho già detto, ma posso aggiungere altro: il libro ogni volta che lo rileggi vorresti cambiarlo, migliorarne gli errori e correggere le imperfezioni, ma a mio parere, così facendo si perde qualcosa. Quindi preferisco rileggere solo una volta».
Sali alla ribalta con “Ufficio salti mortali”: c’è altro che hai scritto?
«Ho scritto un racconto, più altri due romanzi successivi a “Ufficio salti mortali”. Il primo, “L’esperto”, che adoro, ma che ancora non ha trovato un editore, anzi se qualcuno fosse interessato…, cupo e malinconia in risposta a “Ufficio salti mortali”, che invece è pieno di ironia e speranza. Chiara (Stangalino n.d.r) quando lo ha letto mi ha detto che “ogni scrittore che sappia scrivere con umorismo ad un certo punto decide di scrivere roba seria”. Dettomi ciò, non ne ha più voluto sapere. Poi ho scritto un terzo romanzo, di nuovo sullo stile di “Ufficio salti mortali”, che invece ha trovato in tempo reale un nuovo ed importante editore e che uscirà nel 2020».
Di questi citati, sei legato più ad uno in particolare?
«L’unico che ogni tanto mi viene voglia di rileggere è “L’esperto”…, povero orfanello in cerca di genitori che gli vogliano bene».
Altri generi, li hai affrontati?
«Non ne sarei in grado, ad esempio con la poesia: ci vuole un animo, appunto, ottico, che certamente non mi appartiene. Io sono un grezzo materiale, super pragmatico».
Tu sei un avvocato, ci sono relazioni nel tuo romanzo con la tua professione?
«Mi occupo da anni di diritto condominiale e che non c’è materia giuridica, a mio dire, che si presti maggiormente perle sue assurdità contrapposte alla serietà di chi se ne occupa ad essere ridicolizzata».
Pertanto ci sono! Perché e per chi lo hai scritto?
«Sentivo la necessità di scriverlo: l’ho scritto per mio padre, che è mancato proprio nel mentre; per i miei figli, in genere per tutte le persone che amo. So che sempre una risposta enfatica, ma è proprio così: si è trattato di dire a tutti loro delle cose che non ho avuto il coraggio (i figli piccoli) o la possibilità (mio padre, Eddi), di dirgli. Devo dirti pire che me lo ha spiegato l’editore, che il mio libro rientra nel bere auto fantasy, il che permette se non altro di sottrarsi a domande imbarazzanti, che poi tutti o quasi mi fanno su “quanto c’è di vero?”. Diciamo in ogni caso che c’è parecchio».
Continui ad avere aspettative da pubblico e critica?
«Onestamente penso e spero che il meglio debba ancora venire, grazie al passa parola magari».
Che letture preferisci?
«Fante e Simenon su tutti; poi devo ammettere che mi piacciono i libri politicamente scorretti, quindi dovessi indicare una trilogia direi American psyco, Le Benevole, Serotonina. In Italia, mi vengono in mente Carlotto, Brizzi, i classici piemontesi e tanti altri».
Infine ti chiedo di presentare al lettore “Ufficio salti mortali”.
«Con piacere. Tratta di due storie parallele che si muovono su uno sfondo generale, che (ti dico che è quello che è stato maggiormente apprezzato dai lettori), è quello dei “nuovi poveri”, di coloro cioè, tipo (casualmente…) gli avvocati, come me fingono di essere quello che non sono più da tempo, cioè ricchi. Le storie trattano l’incontro del protagonista con un suo vecchio compagno di liceo diventato ricchissimo che assisterà professionalmente per qualche tempi contro i “poteri forti”; e la vicenda semiseria di un gruppo di esperti di diritto condominiale che scrive per un noto quotidiano facilmente riconoscibile».