Da L’Urlo del 19 giugno 2019
Stanzessere, la rivelazione Roberta Zanzonico
Al suo romanzo d’esordio la psichiatra di Velletri che vive e lavora a Los Angeles ci accompagna nell’ “oltre”.
Stanzessere, titolo originale “Blu stanzessere”, pubblicato per Ensemble edizioni, è l’esordio della psichiatra Roberta Zanzonico. Quando si dice che il tempo conta poco rispetto alla intensità: ci troviamo davanti ad un parallelismo letterario. Nemmeno 100 pagine per questo romanzo, che sta furoreggiando nell’intellighenzia italiana letteraria e tra i giovani che si apprestano a letture non comuni.
Non è la prima volta che colleghi di area psichiatrica scrivono dei meravigliosi libri che di primo acchito non sembrano ricalcare la mano su anni di studi, e altrettanto non è la prima volta che questi colleghi si rendono ottimi interpreti di letteratura, così definibile, “alternativa”, che con qualche strana traiettoria riportano ai meandri della mente. Mettendomi in serie difficoltà.
Le (non) difficoltà dello Stanzessere
Non tanto il libro, che ripeto è una spettacolarizzazione del nuovo nell’editoria contemporanea, quanto quello strano “avvertimento” che mi ha fatto pensare a Kafka. A Dante. Agli studi sul sogno. Per poi chiedermi cosa fosse uno stanzessere a maggior ragione “blu”. In un frame di circa 4 minuti, frattanto che mi interrogavo, in un turbinio di difficoltà (non del testo, ripeto), per quella smania di capire cosa fosse, nuovamente, lo stanzessere, con eleganza e scorrevolezza Roberta Zanzonico lo fa dire ad uno dei protagonisti. Quello il momento che mi si apre un mondo: non ho capito. Dunque? Dunque, la necessità di leggere velocemente sino a trovarne la comprensione, che d’un fiat appare a pag. 98, avendo, stavolta seriamente, tutto chiaro. Tutto meravigliosamente! Da darle subito un premio, se non addirittura invitarla a presentarlo a Catania.
(In foto, la bella quanto inquietante e arieggiante copertina del libro)
Un po’ di trama… trame… interpretazioni… viaggi… e sogno, per approdare alla realtà!
Un uomo, forse colto da un incubo, si sveglia, chiedendosi se è morto. Una sagoma, che diverrà sin da subito umana, di sesso maschile, gli risponde. Lo fa in maniera quasi scontrosa. È arida, dura, sbeffeggiante. È il Guardiano, che senza troppi ghirigori lo invita a seguirlo. E se colui che si è svegliato rifiuta? Non può. Deve seguirlo. Punto!
Gli Stanzessere
Il Guardiano, frattanto che riprende più volte il nostro, gli fa perlustrare diversi ambienti (stanzessere) tutti con una porta, alcuni simili, altri no, tanto da mettere a disagio il protagonista nel momento in cui si trova in uno stanzessere senza un elemento trovato negli altri. E la domanda che gli pone è sempre una: “Sono morto?”, e la risposta che riceve è altrettanto sempre e solo una: “Non mi giovi morto”.
Un compito, una eredità
In ognuno di questi ambienti, li defnirò così per comodità, c’è una donna. Una donna che il protagonista ad un certo punto, presa fiducia e coraggio nei confronti del burbero quanto rude Guardiano, gli chiede perché non le lascia libere, per sentirsi rispondere qualcosa del genere: “perché, hai mica visto che le porte sono chiuse”? Se non addirittura delle rivelazioni sul modus comportandi del Guardiano, che improvvisamente, cambia atteggiamento: gentile e molto propositivo nel dare spiegazioni necessarie per il compito che assegnerà al protagonista.
(In foto Roberta Zanzonico a Roma presso la Feltrinelli di Via Appia Nuova lo scorso 5 maggio)
La barca
Sarei poco onesto se vi dicessi qual è il compito al quale deve aderire il nostro. Un compito che si troverà ad affrontare frattanto che segue il Guardiano. Si capirà nel finale a sorpresa che è l’ultima dichiarazione dell’ultima pagina (98) di questo nuovo modo di intendere la letteratura.
Dimenticavo, il contesto dove la vita genera, il sole brilla e il blu domina, è una barca.
Certo che converrete con me, solo dopo averlo letto, che ho fatto bene a non scrivere altro, forse perché la difficoltà sta proprio nell’interpretazione che l’autrice ha reso libera al lettore, sino ad un certo punto, quando la rivelazione al pari dell’intimo recesso dell’animo, si ergerà a farci riprendere respiro, proprio per quel proficuo principio di cui prima ho scritto: si legge d’un fiato, per rimanere sbalorditi della bravura dell’autrice a rivelarci tutto in 4 parole racchiuse da 2 caporali. Finisce il romanzo… per poi invitarci a porci migliaia di interrogativi sulla vita.
Libro
Libro, perfetto. Non ne leggevo in questa direzione dai tempi di “Un sacchetto di biglie” di Joseph Joffo. Attenzione, non ho scritto che il genere è uguale, ma faccio riferimento alla perfezione dell’innovazione.
Le foto di Roberta Zanzonico sono attinte da Deskgram (in evidenza) e www.newsstandhub.com alla Feltrinelli di Via Appia Nuova a Roma.