Da L’Urlo del 17 aprile 2019
Oltre la natura con “La voce delle foglie” di Liborio Erba – L’intervista
Il poeta catanese trapiantato a Regalbuto esordisce nella narrativa con BookSprintEdizioni.
«L’amore per la natura, in particolare per gli alberi. Il lavoro di rappresentante su e giù per la Sicilia, attraverso i Nebrodi e le Madonie e la storia, quasi vera, di un’amicizia tra un folle e un albero, mi hanno portato, giorno dopo giorno, ad accumulare appunti, riflessioni e poesie, per un ventennio, che hanno dato vita a La voce delle foglie», è quanto mi si è presentato davanti gli occhi, frattanto che indagavo su un libro che negli ultimi mesi è apparso da più parti. È Liborio Erba l’autore de La voce delle foglie, pubblicato per BookSprintEdizioni.
E ancora: «Frattempo, questa mia emotività, questo mio modo di essere così sensibile, attento a ogni stimolo esterno, con le orecchie del cuore sempre vigili, iniziavano a costarmi, a pesarmi in termini di stress. Mi allontanavo già da giovane, da me stesso, da quelle che erano le mie necessità primarie, a favore di un mondo di dubbi, di domande, di ricerca, ma anche, di consapevolezza. Si potrebbe così brevemente riassumere il mio essere interno, il mio sentire il Mondo».
Con questo, non più solo, poeta, affermatosi nei viaggi della memoria e dell’interesse per la natura, riesco a mettermi in contatto, grazie all’intellettuale e scrittore Cateno Tempio, altra penna rinomata che fonda le sue radici in quella terra fertile di arte e cultura che è Regalbuto.
L’ho voluto incontrate non perché, mi perdonerete l’esuberanza, conoscerlo attraverso il suo romanzo non bastasse, quanto la ricerca di incipit di risposte, che avremmo modo di leggere e che ci si aspettava, stimolassero quell’animus che, per fare un parallelismo musicale intriso di natura, potremmo accostarlo a Luke Faulkner.
Dalla poesia, che ti ha dato notorietà, al romanzo: chi è Liborio Erba?
Sorride timidamente e risponde: «Seppur sono nato a Catania, vivere a Regalbuto, mi permette di essere osservato dall’Etna Il vulcano indifferente che dà al contempo sicurezza e instabilità. l’opposto di questa [instabilità n.d.r.], però la trovo nel lago di Pozzallo. Mi dicevi del ‘poeta rinomato’, sei molto generoso. È pur vero che al mio attivo vanto la pubblicazione di una raccolta di 45 poesie, che mi diede visibilità perché si, e mi, impose vincitrice al un concorso nazionale nel lontano 2012. Forse fu quell’anno sai… a rendermi visibile. Tanto che un’altra pubblicazione di poesia e prosa venne alla luce».
La carta dall’albero. L’ispirazione…
«Devo precederti forse: oltre a ciò che potrebbero raccontare i miei viaggi, le mie soste, uno scontrino e un appunto che prendo. Ho utilizzato anche il mio telefonino, nella funzione di registratore. Quante volte a riascoltarmi e poi trascrivere ciò che ha preso vita: questo romanzo. Sono legato alla profanazione che emana un libro, l’ho più volte detto, ma la comodità, specie durante i miei viaggi, di poter registrare, non è cosa da poco».
Dunque, non solo carta e penna?
«Certamente! Anche se la bilancia pende più dalla parte del classico foglio di carta che poi diventa libro, pamphlet, fai tu insomma… Un po’ come dettoti prima, non posso negare l’importanza di un supporto tecnologico come il registratore. Lo ribadisco: è una comodità».
Hai uno stile non definibile, sarà forse il mistero della tua persona, così disponibile, così solitario per scelta, tanto da importi con la poesia che forse è espressione più recondita dell’anima?
«La natura mi ha colto sin da infante. Scrivevo di natura. L’albero comunicava. L’albero comunica ancora, come comunicano le persone, gli animali, e quella solitudine è benessere e spinta ispirata. Con la poesia sino a giungere all’omaggio che ho fatto con questo libro al concetto, forse anomalo, ma non ne sono certo, di amicizia tra due forme differenti di vita. Certo, la poesia è alla base del mio percorso. Di tutto, meglio dire. È da lei, posso tranquillamente affermarlo, che ho avuto l’ispirazione per scrivere dell’albero».
Ti rivedi nel romanzo e c’è un personaggio al quale sei più legato?
«Molto. Lo so che non è bello esordire con una autoreferenziale biografia, e infatti non l’ho fatto… ma ho voluto portare in auge il sentimento per la natura, che mi prende e sorprende ogni istante. Riguardo il personaggio, sicuramente Pino. Mio padre lo “partorì”, ero bambino. C’è tutto ciò che è il mio vissuto. pino è ancora lì».
Ci lascia così Libro, preso dalla sue faccende professionali e meditative, in quell’alcova di benessere e malinconia che non è tristezza, ma un libro di formazione pedagogica e di alimento per l’anima.
Photo credits: Franco La Bruna.