Vincenzo Fiore, giovanissimo scrittore, si racconta ai nostri lettori. Dal primo romanzo alla scoperta di Emil Cioran.
Vincenzo chi o cosa ti ha spinto e portato a scrivere di Emil Cioran?
«Avevo appena diciott’anni e stavo vivendo una forte crisi a seguito di una tragedia personale. Un giorno mi sono imbattuto casualmente in questo libro dal titolo “L’inconveniente di essere nati” e, spinto dalla curiosità, sono corso in libreria a comprarlo. Cercavo qualcosa che mi distruggesse definitivamente e invece mi riscoprii rinato».
La sua sineité, termine intraducibile coniato una notte, che definisce qualcosa come la “nientificazione del nulla stesso”, può essere il punto primario da aggiungere alla topica cioraniana (follia, malattia, disperazione e dolore) al fine di re-esistere in questa vita, oggi nel contemporaneo, con buona pace della rassegnazione?
«Certo, non occorre dimenticare però, che la negazione si rivela feconda fintantoché non ci si adoperi per conquistarla. Una volta acquisita, infatti, anche la negazione potrebbe rivelarsi una catena. Reagire o rassegnarsi forse è soltanto una falsa alternativa, la questione sta nell’aver capito o meno. Essere coscienti o rimanere relegati nella perenne infantilità dei dormienti, quest’ultimo status necessario per auspicare una parvenza di felicità».
C’è una gnosi del nulla in Emil Cioran. Potrebbe essere la goccia traboccante che ha fatto insorgere il suo disturbo di personalità come riportano diversi libri di studiosi?
«Non parlerei di un disturbo, piuttosto di estrema lucidità. Cioran era un mostro, perché soltanto i mostri – come egli stesso sosteneva – hanno la capacità di vedere realmente le cose come davvero sono. Egli viveva il dramma di ogni disinganno, ovvero nella condizione di aver visto giusto, di non essersi sbagliato».
Lo stesso disturbo/lucidità è indice di innovazione. Nasce il “lirismo letterario” presente in “Al culmine della disperazione” e in “La tentazione di esistere“. Emerge così la figura del conoscitore e divulgatore di ciò che contemporanei come Sartre ad esempio, non riuscivano e non sono riusciti a vedere?
«La scrittura fu la sua unica salvezza. La sola terapia al di là di qualsiasi teoria psicoanalitica o filosofica. Egli scrive in più occasioni che se non fosse stato un “imbrattacarte” avrebbe messo fine ai suoi giorni. C’è chi ha parlato della sua condizione come di una “depressione creativa”».
Sei giovanissimo, da tale status, temi, come temettero i genitori che ebbero a ritirare dopo soli tre mesi i loro figli dalla scuola perché Emil Cioran, unica volta che insegnò fu definito dai medesimi un “pazzo che distruggeva le menti”? Si rischia con l’innamoramento intellettuale?
«Credo che esistano soltanto due modi di leggere Cioran. Il primo consiste nel non capirlo e quindi liquidarlo a mero nichilista odiatore della vita. Il secondo è quello di considerarlo un compagno in un mondo violento e privo di senso, come il caso di una ragazza libanese che sotto i bombardamenti di Beirut leggeva Cioran perché, in quella situazione disastrosa, ne trovava tonico lo humor e ancora di una ragazza giapponese, ormai convita di volersi uccidere, che cambiò idea e diede inizio a uno scambio epistolare con il suo “salvatore”, dopo averne letto le opere».
Il tuo libro (Emil Cioran. La filosofia come de-fascinazione e la scrittura come terapia, Edizioni Nulla Die, € 17,00), è il più venduto su Emil Cioran, dell’ultimo biennio. Pubblicato e recensito nelle migliori testate nazionali e internazionali, e non dimentichiamolo, indicato da Panorama, come consiglio per l’estate 2018. Quanto ti emoziona tutto ciò, o ti lascia in quella indifferenza, che poi fu scoperta non esser vera, simile al filosofo franco romeno?
«Qualche giorno fa sono stato contatto dal Brasile, da un lettore che stava aspettando l’arrivo del mio libro. Sapere che dall’altra parte del mondo c’è qualcuno che condivide la tua stessa malinconia e che pratica la stessa scuola del dubbio è la consolazione più grande che si possa provare. Le recensioni mi gratificano, certo, ma credo che queste attenzioni da parte dei lettori siano quelle cose che più danno emozione».
Su Emil Cioran, c’è tanto ancora da scoprire, cosa hai in serbo?
«Ci sono tanti studiosi che instancabilmente lavorano sul pensatore romeno e ci regaleranno ancora sorprese. Nel mio piccolo, continuerò la ricerca e se riuscirò a scovare ancora qualche inedito, sarò pronto a condividerlo con tutti».
La foto di Vincenzo Fiore è ripresa dalla testata giornalistica erocicafenice.com.