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Non perdiamo i giorni… (Il Venerdì di Francesco Das Atmananda)

5 Giugno 2015 - Il Venerdì

tempo passa

Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una porticina secondaria del muro di cinta, e caricava la cassa sul camion. Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all’estrema periferia della città fermandosi sul ciglio di un vallone. Kazirra scese dall’auto ed andò a vedere. Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e , fatti pochi passi, la scaraventò nel vallone, che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali. Si avvicinò all’uomo e gli chiese: “Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?”

“Quello lo guardò e sorrise: “Ne ho ancora sul camion da buttare. Sono i giorni.”

Kazirra :”Che giorni?”

L’uomo:”I tuoi giorni.”

Kazirra :”I miei giorni?”

L’uomo: “I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?”

Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso.

Scese giù per la scarpata e ne aprì uno. C’era dentro una strada d’autunno , e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se ne andava per sempre. E lui neppure la chiamava.

Ne aprì un secondo. C’era una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.

Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare. Si sentì prendere da una certa cosa quì alla bocca dello stomaco.

Lo scaricatore stava dritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.

“Signore!” gridò Kazirra, mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.

Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo di casse misteriose.

E l’ombra della notte scendeva.

Considerazioni personali:

Rimpianti, rimorsi, sensi di colpa…in molti trascorrono la vita oscillando tra questi sentimenti pervasi da basse vibrazioni.

Bisogna iniziare a stabilire quali siano le cose veramente importanti della nostra vita, quelle meno importanti e quelle inutili.

Poi, una volta stabilita una graduatoria, bisogna iniziare ad eliminare quelle inutili.

Il secondo passo sarà quello di dedicare il minor tempo possibile a quelle meno importanti.

L’ultimo passo ci vedrà dare il meglio di noi stessi nelle cose veramente importanti della nostra vita.

Ma chi può stabilire una graduatoria in merito?

Nessuno, se non noi stessi.

Ognuno di noi ha delle priorità diverse da quelle degli altri.

 Abbiamo la facoltà della libera semina, del libero arbitrio, quindi le nostre scelte determinano una graduatoria di priorità.

Resta un dato inconfutabile : il raccolto.

Se esso è sterile o molto magro o di qualità scadente, significa che la semina lo è stata altrettanto.

Quindi, in base al raccolto, dobbiamo apportare degli accorgimenti alle priorità della nostra vita.

Il raccolto, in effetti, è solo opera nostra, quindi solo noi possiamo modificarlo.

Oggi stiamo raccogliendo tutto ciò che abbiamo seminato in passato e domani raccoglieremo tutto ciò che stiamo seminando oggi.

 Un abbraccio di Luce e Pace

buon fine settimana  con Amore 

Francesco Das Atmananda (in collaborazione con Giuseppe Bufalo)

Non possiamo mai giudicare le vite degli altri, perchè ogni persona conosce solo il suo dolore e le sue rinunce. Una cosa è sentire di essere sul giusto cammino, ma un’altra è pensare che il tuo sia l’unico cammino. (P. Coelho)

Un pensiero su “Non perdiamo i giorni… (Il Venerdì di Francesco Das Atmananda)

RA

Buona sera, Francesco. La ringrazio per tutti i suoi racconti, ma in particolare per questo. Io vedo già una cassa vuota perfetta per un giorno, quando quel giorno sarà perduto. Sto lì a guardarla e spero che non giunga il momento nel quale sarà troppo tardi ogni azione. Ho provato tante volte a scavalcare quello specchio che riflette soltanto una fredda immagine disumana, eppure non ci riesco, mi respinge. E questo giorno futuro già trascina con sé giorni passati della mia infanzia, della mia adolescenza e del mio presente. Il tempo ha accorciato troppo questo spazio tra me e la cassa vuota. Ho riletto spesso questo racconto ed è giunto il momento di prendere quello specchio di petto. Di romperlo. Perché per quanto fredda possa essere l’immagine riflessa, ogni specchio è costituito di materiale fragile.

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